Robert Crumb messo a nudo, l’intervista Parte 13

di Gary Groth
traduzione di Graziano Pedrocchi

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LA POLITICA SECONDO CRUMB

GG Una volta stavo parlando con Tina Robbins. Sembrava davvero sorpresa nel sentirmi dire che tu fossi un cartoonist politicizzato. Credeva che tu non fossi per nulla interessato alla politica, ma alla fine fu d’accordo nel considerare “politici” alcuni dei tuoi lavori. A me invece sembra che ogni cosa che fai sia impregnato, anche poco, della tua visione politica.

RC Si, sono d’accordo che, a prescindere dalle mie idee politiche, talvolta le ficco nei miei disegni. Ma tutte le volte che non ho seguito la tentazione di partire con il mio cavallo di battaglia è stato un grosso errore. Far propaganda politica è molto difficile e io non sono mai riuscito a farlo bene. Ho sempre pensato che non fosse una buona idea, anche se qualche volta vi ho ceduto. Di solito cercavo di far uscire dall’inferno la gente troppo schierata a sinistra, quelli che dicevano di avere la responsabilità, come persone, di predicare quegli ideali al mondo. Chi non lo faceva, diventava “parte del problema”. C’era sempre una forte pressione in questo senso, ma non mi son mai sentito “a casa” nel pensarla così. Sono viziato. Sono cresciuto in un’America in cui avrei potuto essere un individuo ben definito. Non avrei potuto continuare a fare lavori creativi, se non quelli decisi da un gruppetto di cupi politicanti, anche se avessi pensato che potevano aver ragione. Quando ogni decisione viene presa da un comitato o consesso, diventa difficile fare qualcosa di interessante o eccitante, perché c’è sempre qualcuno che obietta per un motivo, qualcuno per un altro e quando alla fine si mettono d’accordo, quello che rimane è la parte più insipida del puré. Era così quando lavoravo a Winds of Change (un giornale politico locale). Il magazine voleva sempre presentare alternative positive alla realtà delle cose. Aveva sempre quest’aura noiosa, troppo buona tipo stiamo-mangiando-tofu-seduti-insieme-a-cantare-canzoni-folk. Politicamente ero d’accordo con loro, ma a lavorarci insieme mi annoiavo a morte. Senza contare che non avevano il minimo senso dell’umorismo. “Oh Crumb, non possiamo usare questo fumetto, potrebbe far arrabbiare gli agricoltori. Non possiamo pubblicare questo, potrebbe offendere le donne.” Non possiamo usare questo, non possiamo usare quello. Per una ragione o per un’altra. Una volta avevo disegnato una vignetta e una donna mi disse, “Non possiamo pubblicarla. Farà venire gli incubi ai miei figli.” Ho cercato di fare fumetti politicamente forti, come Thomas Nast: criticavo il lavoro agricolo, e tutti mi dicevano che ero troppo negativo. Su questo erano d’accordo quasi tutti. (Ride) L’ho fatto per anni, era un lavoro veramente ingrato. Figuriamoci se me lo pagavano. Nessuno parlava mai di denaro. Quando arrivò il momento di andare avanti col giornale, hanno venduto le mie opere per un sacco di soldi, ma ancora, “Crumb, non possiamo usare questo cartoon, devi rifarlo, è troppo negativo.” Se vivessi in un paese socialista, dove tutto è rigoroso, tutto è controllato da burocrazia e comitati governativi –un socialismo di tipo russo- questa sarebbe la mia vita come artista.

GG Non saresti durato molto sotto un regime comunista.

RC Mi avrebbero epurato in fretta.

GG Liberiamoci di Crumb!

RC Speditelo in rieducazione! Forse sarei stato più felice con un badile fra le mani, in certe circostanze. Avrei magari realizzato delle sculture in legno e le avrei tenute nascoste nello sgabuzzino.

GG Come ti definisci, politicamente? Non mi sembri un sostenitore del comunismo.

RC Diavolo, si. Lo sono eccome. Comunismo. Si, facciamolo!

GG Perché? Non ci sono esempi particolarmente positivi di comunismo, nel mondo.

RC Per qualche anno la Cina comunista ha operato bene.

GG Di certo non l’Unione Sovietica.

RC No. Troppo centralizzato. Non lo so. Credo più di essere un comunista anarchico.

GG E’ un ossimoro.

RC No che non lo è. Si potrebbe riuscire a vivere in una comune all’interno di una società che di base sia anarchica.

GG Ma il collettivista di solito non permette l’anarchia. O sbaglio?

RC Cos’è l’anarchia? Come la definisci?

GG L’assenza di leggi o regole che valgano per tutti.

RC Io la considero come un’assenza di potere centrale. In pratica l’anarchia viene considerata negativamente da chi ha paura degli anarchici organizzati. Anarchia adesso significa caos, è un’idea di società che non ha alcun consenso sociale. Ma non è questo il suo reale significato. Anarchia in origine significava società senza potere centrale, che non comporta necessariamente un’assenza di consenso sociale o di regole. Non significa questo.

GG Sembra che, una volta ottenute leggi o regole che governino i comportamenti e la condotta sociale, non ci possa più essere anarchia.

RC Beh vedi, questo è perché anche tu pensi all’anarchia in termini di totale caos, di assenza di consenso e di incapacità della gente su come fare le cose. Non è questo. Significa solo non avere un governo centralizzato. E’ l’unico significato. Niente potere centrale.

GG Ma governo locale.

RC Qualcosa tipo una regolamentazione o un insieme di leggi circoscritte.

GG Mi suona come avere la botte piena e la moglie ubriaca.

RC Beh, è proprio il motivo per cui dico sempre che per me la razza umana non si è ancora evoluta abbastanza per gestire una situazione del genere. Qualcuno vorrà sempre approfittarne per erigersi ad Imperatore (Ride) e armare un grosso esercito per rinforzare il suo potere. Quindi… Non lo so. Mi piacerebbe vivere in una situazione collettiva. Non lo disdegnerei. Devo solo trovarne una in cui potrei sopportare di vivere. Ma mi piace il concetto, l’idea, di avere un gruppo intorno che ti supporta. Tutti in America tendono a essere così isolati che ognuno è da solo. Anche se hai degli amici, loro fanno sempre qualcosa di diverso da te e quindi non c’è dipendenza l’uno dall’altro, di nessun genere. D’altro canto, i collettivi sono organismi che ti soffocano, sono asfissianti, perché le leggi sono talmente rigide che non c’è più spazio per l’individuo. Ci deve essere un modo per riuscire a vivere insieme senza venire soffocati dalle regole. Potrebbe non durare molto, se anche fosse. A me sembra che debba succedere, alla fine, perché credo che sia l’unico modo per sopravvivere –il trovare un modo per vivere insieme, giusto? Non possiamo continuare con questo atteggiamento ognuno-per-conto-proprio e nemmeno continuare a seguire regole dettate da altri.

GG Si, è quel forte individualismo di cui si sente molto parlare.

RC Quello funziona solo quando si è in due persone per milione di chilometri quadrati. (Risata) E’ ciò che l’ha tenuto in vita per troppo tempo, in America.

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GG Quali sono secondo te i peggiori effetti del capitalismo?

RC Capitalismo. (Con accento da immigrato) “Con noi ci faranno dei tacchi”…

GG Tacchi, hai detto?

RC Era una vecchia canzone. I peggiori effetti del capitalismo? Ogni cosa è diventata un oggetto da vendere e comprare. Ogni cosa! Per questo la musica è diventata una merda. Troppe volte è stata comprata e venduta. E’ irriconoscibile. Se sei seduto nell’auto di qualcuno e accendi la radio per pochi secondi, ti esplode addosso. E’ orribile da quanto è aggressiva e da quanto bisogno ha di afferrarti e uncinarti. Non posso sopportarlo. Devo spegnere la radio.

GG Quanto sei d’accordo sulla teoria secondo la quale, in un libero mercato, la gente può avere quello che desidera ed è libera di rifiutare ciò che non vuole e cercare qualcos’altro?

RC Si certo. Roba che funziona per circa tre giorni. (Risata) Dopodiché il tipo che ha avuto più successo inizia a comprare gli altri ragazzi e non è più un mercato libero. Ti fa ingoiare qualunque cosa, anche se non vuoi, perché è l’unico che ce l’ha. Poi capisce come risparmiare per costruirla e quindi guadagnare più denaro, vivere nel lusso, investire su qualunque boiata su cui mette le mani, rilevando tutti i piccoli. Ho letto un grande libro, la storia di Nabisco [National Biscuit Company]. E’ il libro sul capitalismo per antonomasia. Racconta di uno scaltro avvocato di Chicago che ha cominciato ad acquistare tutti i piccoli panifici di Chicago e dei paesi vicini. Per prima cosa ha comprato un grande panificio che aveva una ricetta di successo per biscotti e merende. Coi profitti di quel negozio ha comprato gli altri e ha imposto a tutti la stessa ricetta per i biscotti. La normale produzione fu quindi accantonata e questo ha causato dei malumori. L’avvocato dovette licenziare parecchie persone che lavoravano in questi negozi, perché non avevano gradito sentirsi dire che le loro ricette tradizionali non andavano più bene e dovevano essere quindi messe da parte a vantaggio della ricetta di Nabisco.

GG E’ stato il signor Nabisco quindi, a fare questo?

RC No, fu un certo avvocato Greenberg o qualcosa del genere. (Ride) Che aveva la National Biscuit Company. Fu grande. Ha costruito il suo fottuto impero nazionale su quella ricetta. Parte del successo stava nel fatto che quei biscotti avevano una data di scadenza più lunga rispetto agli altri prodotti. Introdusse anche un packaging moderno per le confezioni. Diceva che bisognava disfarsi di recipienti e mensole su cui i prodotti marcivano e venivano infestati dagli insetti. La pubblicità della Nabisco diceva pressappoco questo: “Casalinghe, basta passare i giorni davanti al forno, basta sprecare le giornate a far pane o biscotti per la famiglia e gli amici, ora potete acquistarli in confezione sterilizzata”. Funzionò.

GG E qual è la tua obiezione sul liberarsi dei contenitori infestati dagli insetti?

RC Gradualmente il prodotto divenne sempre meno genuino e più artificiale. La gente man mano si abituò perché era più semplice da gestire, più tranquillo, più affidabile. E’ come gli hamburger di McDonald’s. Tu sai cosa stai comprando. Il fattore imprevisto è eliminato. Non correrai mai il rischio di venire avvelenato dal cibo. Non sarà una cosa eccelsa, ma è pur sempre commestibile. Uguale dappertutto: conveniente, comodo, economico. Tra non molto tutti gli aspetti della vita diventeranno così. Tutto si sta trasformando in un hamburger di McDonald’s: commestibile, ma senza molta sostanza. Greenberg diventò incredibilmente ricco, un vecchio irritabile ragazzo odioso.

GG Pensi che ci sia della scorrettezza morale in questo processo?

RC Si, certamente. Credo che sia una cosa malvagia ed egoista fare questo al mondo solo perché tu solo possa ammassare ricchezze. Sapeva bene quello che stava facendo, era brillante, funzionava. John D. Rockefeller aveva fatto la stessa cosa.

GG Col petrolio.

RC Già, l’industria del petrolio. Era intelligente e infido, sapeva far bene i suoi conti e se ne uscì con un piano brillante: tirare il collo alle piccole compagnie petrolifere controllando il trasporto del prodotto. Brillante. Ma se ti è capitato di giocare a Monopoli, puoi capire dove porta inevitabilmente questo modo di fare. L’inevitabile tendenza dell’uomo: i furbi prenderanno il controllo di ogni cosa. Così è la vita. Marx aveva pensato a un’alternativa. Aveva visto questa tendenza palese. Ha passato 20 anni negli Archivi Reali di Londra a studiare il funzionamento dell’intero processo. Ma doveva esserci un modo più razionale per controllare gli spostamenti di beni e servizi. Queste cose non potevano esistere soltanto per il vantaggio delle persone che li possedevano. Non è questo il motivo della loro esistenza. Come dicevo prima, il libero mercato dura tre giorni. Quando hai abbastanza controllo, controlli l’intero gioco. C’è forse rimasto un 3% di mercato libero, che si oppone al 97% di folli macchinazioni finanziarie e giochi a chi arraffa più denaro, il tutto nelle mani dei ragazzi coi soldi.

GG Pensi che il governo degli Stati Uniti sia più efficiente, competente o attento al sociale rispetto alle grandi aziende?

RC Difficile da dire, finché le aziende controllano il governo. (Risata) Per la maggior parte. Il novantasette per cento, circa. Banchieri, affaristi, politicanti, sono tutti amichetti, frequentano gli stessi country club. C’è sempre stato questo “fattore potere” nella società umana. Guarda gli antichi Egizi. Questi tizi frustavano la gente per costruire le piramidi dei Faraoni. Siamo un po’ migliorati rispetto a quei tempi, di certo. La gente si ingegna di più. Capisce quali sono i migliori modi di operare e si evitano gli squilibri sociali, se li si vuole evitare. Se invece si trova un accordo e permettono che accada, accade. Si possono osservare molte cose intelligenti fatte e accettate da tutti –ad esempio il sistema della metropolitana di Parigi. E’ un eccelso sistema di trasporto pubblico. Non riesci a perderti, anche se non parli una parola di Francese. E’ stato pensato molto bene. A New York invece potresti trovarti smarrito anche se vivi lì da 20 anni. Puoi prendere lo stesso treno ogni giorno e perderti. E’ fatto male. Non è stato pensato in modo razionale. Il sistema della metropolitana di New York è iniziato con cinque aziende in competizione fra loro. A un certo punto si trovarono tutte controllate dalla città, ma non si riuscì mai a rendere razionale quel sistema. Le gallerie erano già pronte, con tutte le fermate, folli come a Times Square o nella 14ma strada. E’ un labirinto, quasi un incubo. Se scendi il sottopasso sbagliato, rischi di prendere il primo treno per Canarsie, scendere e venire ucciso. (Risata)

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GG Mmmm. Non ho capito il punto focale del tuo discorso.

RC Il punto è che esiste dell’intelligenza: se venisse applicata, potrebbe risolvere tutto. Ma ci vorrebbe un po’ più di rettitudine sociale per applicare questo sistema, e dovrebbe portare vantaggio a tutti. Bisognerebbe dire: Okay, vogliamo adottare questo sistema per portare vantaggio a tutti, pensiamo al miglior modo per realizzarlo. Potrebbe essere fatto. Talvolta le cose si incasinano, ma se il sistema è troppo grande o troppo centralizzato può diventare pericoloso, perché se si fa uno sbaglio, questo si ripercuote su tutti. Troppo centralismo, come in Russia, manda tutto a rotoli.

GG Pensi che questo crollo culturale che stai descrivendo-

RC Questo disastro, questo orrore…

GG –sia accompagnato da un crollo anche morale?

RC Certo. C’è proprio confusione morale. C’è sempre stata, perché è sempre esistito il “fattore potere”. Ma, lasciati alla loro immaginazione, le persone tendono a comportarsi in modo moralmente corretto.

GG Questo è vero, ma la conseguenza ultima della confusione morale è l’immoralità.

RC Si, l’immoralità sociale. Questa società accetta e agisce su premesse completamente immorali e tutti diventano complici di questo.

GG Una critica che i conservatori fanno spesso riguardo al dilemma del XX secolo è che il sistema di valori ha subito una battuta d’arresto quando la religione ha perso la sua autorità, e non c’è una disciplina morale abbastanza forte da prenderne il posto. Cosa ne pensi?

RC No, io sono convinto che le religioni portino in sé un sacco di cose immorali. Sono le ragioni legate al potere che guidano gli uomini alla testa delle religioni riconosciute. Quando prima ho detto “lasciati alla loro immaginazione”, intendevo dire: prendi la gente che vive in una società rurale, la cultura contadina o roba simile: sono stati abbandonati, molti di loro andranno avanti cercando di rendere le cose comode per se stessi senza interferire con nessun altro, perché credono che sia la cosa migliore da fare.

GG E’ perché non c’è nessuna tentazione economica. Ma, in una società come la nostra, come puoi combattere le seducenti tentazioni che ti dà il denaro?

RC Tutto l’ideale del comunismo marxista sta nell’eliminare le tentazioni. Devi mettere un tetto alla ricchezza e al potere che una persona sola può accumulare. Un tetto basso, magari… molto basso. Lenin. Stalin e gli altri tizi compresero che, per instaurare questo ideale nella primitiva società russa, bisognava essere, come prima cosa, duramente inflessibili (batte il pugno sul palmo della mano), per tenere sottomesso il popolo e dire che non si poteva andare oltre quel livello. Hanno raggiunto l’obiettivo opposto, il popolo ne ebbe abbastanza dell’intera faccenda. Sono stati troppo duri. Hanno ammazzato gente colpevole soltanto di aver avuto delle idee sull’iniziativa personale o imprenditoriale al di fuori della burocrazia del partito. L’unica ambizione accettata era quella di far carriera nella burocrazia di partito. Bisogna dire che nei primi anni della Russia comunista, sotto Lenin, è stato fatto un sacco di lavoro innovativo ed emozionante. Non so se hai mai visto qualcosa, ma negli anni 20, prima che Stalin prendesse il potere, erano davvero innovativi. Grafica d’avanguardia, incredibili quadri, e c’era molta libertà artistica. Il governo, in realtà, ancora non indicava agli artisti ciò che dovevano fare. Quello arrivò con Stalin. Quindi, non credo che sia impossibile. Intendo dire che puoi essere sotto il comunismo o il socialismo ed essere un artista libero, ma nel mondo ci sono molte teste di legno e molta gente che semplifica al massimo le cose e si comporta in modo estremo. Se noi avessimo uno stato comunista qui, sentiresti le persone dei ceti più bassi dire (con voce stridula e stupida): “E’ così che dev’essere. Non vogliamo quell’altra merda.” Ma, ingegno e intelligenza umana a parte, noi potremmo avere un gran bel mondo. Potremmo avere benessere materiale per ogni uomo sulla Terra. Chiunque potrebbe essere considerato un individuo. Solo non dovrebbe essere oppressivo.

GG Come mai questo non succede?

RC Non lo so. La gente è troppo assolutista, troppo rigida. Troppo spaventata. Come fai a convincerli ad accettarlo?

GG La vera questione è: come pensi di riuscire a disabituare la gente all’avidità?

RC Dando loro un’alternativa. Loro non sanno che c’è di meglio, un altro modo di vivere più appagante e più interessante, per quanto magari sia a un livello più semplice e meno materialista. Ecco, forse quando parli di limitazioni materiali, molta gente urla terrorizzata, perché per loro significherebbe tornare ad essere un miserabile immigrato dell’Oklahoma in cerca di lavoro. Temono solo questo, quando qualcuno propone un po’ meno materialismo. Per arrivarci, devono impegnarsi tutti. Non si può fare una cosa tipo “loro devono accettarlo, ma noi no”. Devono impegnarsi tutti. E qui sta il problema: coloro che hanno molto non vogliono assolutamente cedere. L’unico modo rimane combattere. Ecco la grande, fatale conclusione del continuo dibattito ideologico a sinistra: Cosa si può fare per evitare che questa gente cominci una lotta che potrebbe perfino portare il mondo intero alla rovina? Preferirebbero distruggere l’intera umanità, piuttosto che condividere quello che hanno.

GG Stai praticamente descrivendo la situazione odierna nello stato di El Salvador.

RC E’ la situazione che esiste in ogni luogo in cui c’è una guerra in corso. Sudafrica: i bianchi stanno bene. Hai parlato con qualche Sudafricano bianco? Dio, quanto si sta bene lì, per loro. E’ un bel posto, se sei bianco. Dolce il mondo, per loro. Quasi come negli Stati del Sud appena prima della Guerra Civile. Qualcuno però paga per questo. E’ difficile convincere la gente a cedere i propri privilegi, in tutto il mondo. In molti Stati si è passati al comunismo come alternativa perché in precedenza le cose andavano veramente male, tipo nell’Asia sud-orientale. Si sono ribellati all’antico regime ed è stato orribile. Adesso ci sono quei testardi burocrati comunisti, che però non mi sembrano molto meglio, a dire il vero.

GG Il comunismo è diventato tradizionalmente una sorta di dispotismo.

RC Già. Sarebbe interessante vedere cosa succede in Cina adesso. L’America è probabilmente il posto nel mondo in cui è più difficile avere una prospettiva di quello che succede altrove. Se vai in Europa e leggi i vari giornali, la percezione della politica mondiale è sensibilmente diversa da quella che abbiamo qui. E’ scioccante quanto faziosa sia qui l’informazione. Lo è talmente che siamo isolati dal resto del mondo.

GG Faziosa in quale direzione?

RC Verso la visione americana standard, ovviamente.

GG E’ davvero così?

RC Più o meno. Il punto di vista omogeneizzato, standardizzato, dei quotidiani americani…

GG Non condividi l’affermazione secondo cui i liberali dominano i mezzi di comunicazione?

RC Penso che ci siano un sacco di liberali nei media. Credo che la proporzione sia più alta nei media che nella società in generale. Ma i quotidiani di solito sono conservatori, quasi di destra. Anche le news in televisione sono parecchio conservatrici, se non di destra.

GG Ho sentito dire invece che le news in televisione siano dominate da un’inclinazione liberale. Così vale anche per i grandi quotidiani: il NY Times, il Washington Post, il LA Times, tutti di tendenze liberal.

RC Ma dai?

GG Si, mi spiace.

RC Gesù, che tristezza. Se sono liberali quelli … Gesù.

GG Stavo appunto per chiederti se tu consideri liberale il NY Times…

RC In Europa le notizie sui mezzi di comunicazione sono molto più raffinate rispetto a quello che succede. Molto più intelligenti.

GG Stai usando “raffinate” come eufemismo per “liberale”?

RC Non lo so, non ne sono sicuro. Essere liberal per gli Americani non ha nessuna attinenza con ciò che succede nel resto del mondo. E’ un fenomeno tipicamente americano.

GG Non credo che tu sia soddisfatto delle politiche di governo degli Stati Uniti degli ultimi 20 anni.

RC Ne sono molto insoddisfatto. (Ride) Credo che dovrebbero smettere all’istante di fare qualunque cosa. Se fossi il presidente, ecco quello che farei: prima di tutto non lascerei guidare nessuno al disotto dei 25 anni. E metterei fuorilegge tutte le moto.

GG Sembra un po’ restrittivo, Dittatore Crumb.

RC Hai ragione. Non sarei certamente amato dalla gente. Proibirei anche di attaccare gli amplificatori alle chitarre.

GG Sarebbe come la Grande Rivoluzione Culturale cinese.

RC Giusto. Ma sarebbe parecchio più tranquilla, se comandassi io. Avremmo una linea di tram da Central Lane a Winters. O almeno da Putah Creek Road. Mi piacerebbe andare a Putah Creek Road a prendere il tram. Questo sistema di cose che ti ho appena esposto andrebbe avanti per un sacco di tempo… un sacco di tempo.

GG Sembri costernato.

RC Beh, l’attuale sistema di cose è molto solido e altrettanto potente. Anche se si riuscisse a far qualcosa di veramente estremo tipo far saltare in aria tutto, resisterebbe. La Ford, la General Motors e la Litton Industries andranno avanti ancora un paio di secoli prima di trasformarsi in qualcos’altro.

GG In piccole città-stato?

RC Penso che potrebbe essere uno stadio della loro evoluzione o involuzione.

GG Si, ogni azienda diventerà come una piccola antica città-stato.

RC Hai ragione. (Ride) Controlleranno il territorio. “Hey, sei nello Stato della Ford. Faresti meglio a stare attento.” Ricordo che nei primi anni ‘70, direi circa dal ‘69 al ‘72, la gente parlava seriamente di rivoluzione. Si pensava che la rivoluzione fosse vicina e che ogni giorno fosse buono perché iniziasse. “Sta arrivando. State pronti. Da che parte stai? Meglio che ti schieri con i tuoi fratelli e sorelle.” (Ride) Era un discorso serio. Ma crollò a causa di quell’assioma secondo cui se non fai parte della soluzione, allora sei parte del problema. Per cui tutti si guardavano l’un l’altro con sospetto per vedere se venivano rispettate le corrette linee guida politiche. E’ stato come darsi fuoco da soli. La gente si accusava a vicenda di non essere abbastanza socialista o abbastanza qualcos’altro. Bisognava sempre stare attenti ad agire in maniera politicamente corretta, confessando i propri errori agli amici se si riconosceva di non averlo fatto. Parecchi fra i più severi e dogmatici estremisti che ho conosciuto in quel periodo sono oggi fra gli yuppie maggiormente ossessionati dal denaro.

GG La sindrome di Jerry Rubin*.

RC Hanno semplicemente archiviato tutto quanto come stupido idealismo giovanile. Non ho parole.

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*Jerry Rubin (Cincinnati, 14 luglio 1938 – Los Angeles, 28 novembre 1994) è stato un politico e attivista statunitense. Da giovanissimo intraprende un viaggio formativo in India e nei kibbutz in Israele. Esperienza che lo influenzerà notevolmente. Frequenta l’University of Cincinnati laureandosi in sociologia.
Nel 1964 visita Cuba, quando la rivoluzione castrista è in pieno sviluppo. Torna negli States e si trasferisce a Berkeley all’University of California dove indirizza i suoi sforzi verso l’attivismo sociale.
Organizza contro la guerra in Vietnam il VDC (Vietnam Day Committee), ed è co-fondatore dell’Youth International Party.
Nel 1968 partecipa come protagonista alle proteste contro la Convention Democratica a Chicago e con altri sei militanti viene incriminato per “cospirazione” ai danni degli Stati Uniti d’America. Diventa celebre, per aver coniato lo slogan: “Non fidarti mai di nessuno che abbia più di 35 anni”.
Nel 1970 scrive il manuale DO IT! Scenarios of the Revolution: avrà un notevole successo e sarà diffuso e tradotto in molti paesi occidentali.
Nel 1971 viene per l’ennesima volta incarcerato (reati di opinione).
Continua la sua fitta attività politica non convenzionale sino a metà anni settanta, a ridosso della fine della guerra in Vietnam.
Nel 1976 pubblica Growing (Up) at Thirty-Seven (dove descrive nei particolari la sua personale odissea di attivista radicale negli anni ’60). In seguito abbandona progressivamente l’impegno pubblico diventando un quotato businessman, con grossi investimenti nella neonata Apple Computer.
In quel periodo Rubin ipotizza un possibile scenario di capitalismo alternativo per il futuro dei paesi industrializzati occidentali. Tesi che raccoglie solo una parziale attenzione.
Una delle ultime apparizioni pubbliche sarà quella collegata a un giro di dibattiti nel 1980, organizzato con il vecchio compagno di lotta Abbie Hoffman, intitolato “Yippie versus Yuppie”.
Il 14 novembre 1994 lungo il Wilshire Boulevard di Los Angeles incappa in un rovinoso incidente automobilistico. Morirà 14 giorni dopo al Medical Center dell’UCLA.