L’arte feroce di Magnus

Questa breve intervista a Magnus è tratta da Image n. 6 dell’ottobre 1984 (Glittering Images) e realizzata da Graziano Frediani e Renato Genovese.

Tavola originale da un racconto dello “Sconosciuto”.

Molti non sanno se gli orrori che rappresenti ti affascinano o ti fanno paura.
Il problema non esiste. Io non ho particolari apprensioni verso la violenza, o verso la morte, o verso gli aspetti più tragici della vita.
Ne d’altra parte, ne sono attratto, perché, anzi, la violenza mi colpisce allo stomaco.
Parrà strano ma il mio è solo un esercizio di fantasia, un tentativo di sviluppare un discorso mentale tenebroso senza morbosità.

Come vivevi, da piccolo, la distinzione tra buoni e cattivi?
Ho sempre avuto una particolare simpatia per i cattivi: quando andavo al cinema mi ricordo, sceglievo sempre di identificarmi nelle parti dell’antagonista, mai in quelle dell’eroe.
Facevo, insomma, la parte del diavolo, forse anche per vedere il reprobo giustamente punito. Se, ad esempio, il film era Robin Hood, io mi immedesimavo nello sceriffo di Nottingham e la misera fine che mi aspettava era quella di morire schiacciato sotto un ponte levatoio.

Quindi, non hai grosse frustrazioni nascoste.
Non sono sadico. Non riuscirei a umiliare qualcuno come il Gessler del Gugliemo Tell che mette la mela sulla testa di un bambino; allo stesso tempo, però, mi affascinano di Gessler la ferocia che dimostra e la violenza che ne consegue, per cui lo stesso viene ucciso con una freccia piantata in gola.

Vuoi dire che osservi la scena mantenendo una filosofica distanza?
Si. L’affetto che vediamo è l’atto finale, la cessazione dell’armonia, il punto di conflitto, ma la violenza e la malvagità non sono mai fini a se stesse. Sono il frutto di circostanze particolari, hanno sempre una causa iniziale. Ecco: a me piace indagare su questi intrighi, su questi equivoci di percorso, su questi passi fatali immediatamente precedenti.

Certi disegni, lo ammetterai, non lasciano indifferenti.
È vero, però… Vi ricordate l’episodio dello Sconosciuto in cui si vedono due morti con la testa scoperchiata da un colpo di scure? Beh, dovevo fare una fotocopia del disegno ed andai in un negozio dove già mi conoscevano. Il padrone rimase letteralmente allibito di fronte all’immagine dei due spettri, tant’è che io cominciavo a vergognarmi. Poi chiesi al figlio, un ragazzino: << Sono tanto spaventosi?>>, e lui mi rispose tranquillo: <<Ma no! Sono come Alan Ford>>>.

Una risposta a “L’arte feroce di Magnus

  1. Il botta e risposta con il ragazzino del centro fotocopie, varrebbe da solo il post. In ogni caso, sarebbe anche ora di ristampare come si deve “Lo Sconosciuto”.