articolo di Daniela Odri Mazza
traduzione di Graziano Pedrocchi
Quando ho letto Hicksville per la prima volta, mi sono innamorata immediatamente dell’atmosfera di questo graphic novel. E’ stato come immergermi in una sorta di grande viaggio sentimentale nel mondo del fumetto, a tutto tondo, che mi ha offerto, tavola dopo tavola, il paesaggio vivo di una lettura a differenti piani di interpretazioni, abitato da molte interessanti suggestioni, sentimenti forti, opinioni chiare: c’è l’amore – vero, puro – per questo linguaggio, la disapprovazione – dura, spietata – verso le cose che guastano l’autenticità di quest’arte ma anche – soprattutto – la persistente ed estrema fiducia e fedeltà a questo medium e al suo potenziale.
E’ questa “fede” che mi ha spinto a raggiungere Dylan Horrocks e chiedergli almeno qualcuna delle questioni che mi erano venute in mente leggendo Hicksville, con la segreta speranza che in fondo questo posto esistesse realmente anche se – lo confesso – questo non ho avuto il coraggio di dirglielo.