Le ragazze nello Studio di Munari, pubblicato da Black Velvet, è il nuovo libro di Alessandro Baronciani, un autore che seguo con attenzione e al quale ho chiesto di parlarci di questa sua ultima opera:
Da dove nasce l’idea di questo libro?
La seconda cosa che stavo pensando quando cercavo di mettere insieme questo libro era che volevo provare a scrivere una storia dove il protagonista risultasse imbarazzante. In Quando tutto diventò blu cercavo l’empatia con la protagonista qui invece volevo l’antipatia. Un fumetto che ti mettesse in imbarazzo mentre lo stavi leggendo. Ci pensavo dopo aver letto Brindando coi demoni, la biografia di Federico Fiumani dei Diaframma. Un libro bellissimo dove spesso l’autore racconta cose molto personali che mi sono chiesto spesso: e poi come faccio a non diventare rosso la prossima volta che lo incontro?
Un po’ come quando in piscina esci per andare alle docce e ti trovi improvvisamente di fronte ad un uomo nudo. Sarò un po’ banale dirlo: ma quando leggo un libro e scopro che sto provando delle emozioni, restando seduto sul divano senza fare niente – solo perché sto leggendo un libro – mi sembra magico.
Perché Munari?
Tutte le cose semplici sono difficili da raggiungere.
Stavo raccogliendo un sacco di cose e non riuscivo a legarle tutte. Volevo raccontare un metodo, una specie di manuale per ragazzi alle prese con ragazze. I ragazzi sono imbranati quando si parla di amore. Alle volte imbarazzanti, antipatici. Pensano che tutto sia difficile e inspiegabile o addirittura sofisticato. Molte volte i ragazzi fanno cose stupide e imbarazzanti soltanto perché non ci pensano veramente.
Munari era il modo per raccontare la storia del protagonista, un modo per semplificare cose che sembrano difficili e complesse.
Quanto c’è di autobiografico in questo racconto?
Il personaggio principale del libro è ritagliato su un mio amico. Ha una libreria di libri usati ed è appassionato di Munari, ma non ha ne il carattere, ne i problemi del personaggio raccontato nel fumetto.
Una volta studiando Goldoni avevo scoperto che per le sue commedie ritagliava i profili dei personaggi prendendo spunto dal carattere dei suoi amici attori. Un’invenzione che rendeva la recitazione più realistica.
Se non sbaglio questo libro ha avuto una gestazione molto lunga, come hai affrontato il lavoro, hai avuto bisogno di molta documentazione?
Spesso in treno. Lo story-board l’ho disegnato tutto in treno. Poi insieme a Stefano Chichì che mi ha dato una mano questa estate in un mese ho finito tutti i disegni definitivi. Dallo story-board iniziale le cose sono cambiate molte volte.
Mentre disegnavo intanto impaginavo la storia al computer e più andavo avanti e più pensavo che c’erano troppi salti temporali e che non si sarebbe capito niente. Poi per fortuna mi scrisse Virginia Mori, una illustratrice molto brava e mia amica che mi chiedeva come andava il libro nuovo. La invitai a leggerlo fino a dove ero arrivato e lei dopo venti minuti silenziosi passati davanti al pdf mi guardò e mi disse: ti prego dimmi come va a finire!
Nel libro ci sono diversi riferimenti, in particolare in una pagina sola troviamo Diabolik, Dostoevskji, Wharol e lo swatch di Munari. Sono cose e persone che ti stanno a cuore?
Per questo libro hai scelto di usare pochissimo i baloon per lasciare spazio alle didascalie. In realtà questo è un libro molto “descrittivo”, passami il termine: non solo racconta una storia, ma funziona anche da manuale, da spiegazioni (vedi l’architettura del duomo di Milano) e istruzioni (vedi il metodo Munari).
Sono un grande fan di Jessica Abel, nei suoi libri riesce a mettere così tanta conversazione da farti sembrare reali i personaggi che parlano. Penso che sia una grande abilità, forse la più importante in un fumetto.
Il passato e il presente si intrecciano, si scontrano e si rincorrono per tutto il libro, come se il protagonista cercasse conforto, un segnale, una risposta…
Nel libro il protagonista apre parentesi continue come in una equazione matematica per risolvere piccole questioni per ricordarsi soltanto alla fine di collegarle e di chiuderle tutte. Sulla ricerca, il conforto o segnali non penso che li stia cercando. Su XL della Repubblica dicono che sia il ritratto di una generazione di fronte alla paura del vuoto. In realtà il protagonista si trova davanti a un muro. Un muro di nebbia e per procedere deve mettere a posto tutte le risposte. Come appunto nella nebbia sembra impossibile vedere qualcosa ma più ti avvicini e più capisci cosa stai osservando.
Non sa che ricordo metterà a posto perché non sa dove sta andando ma sa che lo deve sistemare. Per questo il passato e il presente si intrecciano. In questo senso un fatto successo anni prima ha la stessa importanza di una cosa accaduta la notte scorsa. Come quando a scuola i professori ti dicevano che se non capivi una cosa te la rispiegavano. Alzavi la mano e loro la rispiegavano e tu non capivi di nuovo. Poi cambiava esempi per farti capire e tu niente. E poi di nuovo finché non ci si arriva. Bisogna arrivarci. E ci si arriva sempre per strade diverse.
Oltre che autore di fumetti sei anche musicista. Secondo te c’è qualcosa che riesci ad esprimere meglio col fumetto che con la musica?
Come è cambiato il tuo modo di affrontare il fumetto dai tuoi inizi autoprodotti fino a questo libro?
Prima utilizzavo il mio tempo libero per disegnare una storia breve, ora utilizzo sempre il mio tempo libero per raccontare una storia lunga, che altro non è che una raccolta di tante storie brevi. Bisogna imparare a tenere a mente soltanto molte più parti e collegarle.
Dai molta importanza ai tuoi libri, al prodotto finito, al libro-oggetto. Una particolarità abbastanza rara in Italia.
Senza non avrebbe avuto senso.
Non si può avvicinare un lettore al mondo e alle lezioni di Munari senza vedere le sue invenzioni. Un po’ come studiare un libro di storia dell’Arte senza guardare le foto. Viviamo in un periodo storico dove stiamo eliminando cose che non sono necessarie. Viviamo in case piccole che non possiamo riempire, quindi quello che decidiamo di tenere deve essere una cosa importante. Una cosa veramente bella.
Come le foto digitali, ne scatti migliaia ma stampi soltanto quelle più belle. Ci sono cose che vuoi avere perché sono belle. Perché alle volte non basta soltanto vederle, ma guardarle tutte le volte che vuoi.
mi è venuta voglia di “averlo”
Bellissimo libro, complimenti ad Alessandro.
lita! fammi sapere quando l’hai letto!
grazie gianluca!
w ravenna!
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Letto questa notte, tutto d’un fiato. Un piccolo capolavoro, come anche gli altri lavori di Alessandro.
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quello che mi piace di una ragazza: le tette, le parti intime e il culo. mi piace non solo guardarla ma anche toccarla in tutti questi punti.