Robert Crumb messo a nudo, l’intervista Parte 8

di Gary Groth
traduzione di Graziano Pedrocchi

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Copertina del primo numero di Zap

Copertina del numero zero di Zap

ZAP: NASCONO I FUMETTI UNDERGROUND

GG Hai contattato Brian Zahn, che a Philadelphia pubblicava una rivista underground chiamata Yarrowstalks. Cosa ci racconti a riguardo?

RC Aveva visto in giro qualche mio lavoro. Forse gli ho anche dato un po’ di materiale dei miei album per il suo giornale underground. Gli piacevano molto e mi chiese di realizzare i disegni per un intero numero della rivista. Solo fumetti. Accettai. Fu un lavoro ben fatto e per questo disse che avrebbe voluto pubblicare altri fumetti e mi chiese se avessi voglia di farne ancora. Era l’estate del ‘67. Mi misi subito al lavoro, realizzando due numeri di Zap Comix. Gli spedii tutto il materiale per il n. 0, che in origine avrebbe dovuto essere il n. 1. Non l’ho mai più sentito. Ho provato a chiamare in redazione e qualcuno mi disse “Certo amico, è andato in India o qualcosa del genere, amico. Non lo so.” Fine della storia. Non ho mai più avuto indietro i miei disegni.

GG Ma avevi delle copie.

RC Per qualche strana ragione avevo fatto delle fotocopie da lasciare a qualcuno in visione. Non lo facevo abitualmente, e naturalmente me ne sono dimenticato. Intanto Don Donahue decise che avrebbe dato alle stampe il secondo numero, che diventò Zap n. 1. Dopo un anno circa mi tornò in mente a chi avevo lasciato le copie e me le feci mandare. Da quel momento, il n. 2 fu messo in cantiere e portato avanti con altri artisti, per cui io lo chiamai Zap n. 0.

GG Perché non n. 3?

RC Beh, ne abbiamo parlato, io e gli altri artisti, in quanto Zap era diventata un’impresa collettiva. Decidemmo che sarebbe stato meglio chiamarlo n. 0 perché in effetti era stato scritto e disegnato prima degli altri. Chiamarlo n. 3 avrebbe sballato la cronologia.

GG Come sei riuscito a contattare Rick Griffin e Victor Moscoso per realizzare Zap n. 2?

RC Loro realizzavano dei bellissimi manifesti psichedelici, in stile “fumettoso”, e avevano l’idea di pubblicare anche delle storie a fumetti. Videro Zap n. 1 e io credo che abbiano pensato: ecco la nostra occasione. Mi contattarono e parlammo della loro intenzione di pubblicare comics psichedelici. Quasi allo stesso tempo arrivò dal Kansas S. Clay Wilson, con lo stesso desiderio di fare fumetti “demenziali”. Mi è sembrato naturale metterli insieme. Per la stampa fu coinvolta la Print Mint. Erano editori e distributori di manifesti psichedelici, quindi sarebbero stati in grado di occuparsi anche dei nostri fumetti.

Gli autori di Zap: Rick Griffin, Spain Rodriguez, Robert Williams, Robert Crumb, Gilbert Shelton, S. Clay Wilson, Victor Moscoso

Gli autori di Zap: Rick Griffin, Spain Rodriguez, Robert Williams, Robert Crumb, Gilbert Shelton, S. Clay Wilson, Victor Moscoso

GG Saresti d’accordo a dire che quella riunione contribuì a far crescere la controcultura e il coinvolgimento politico (degli artisti) di diverse fazioni?

RC Si, concordo su tutto.

GG Oggi non si vede più quel tipo di politicizzazione capace di unire gli artisti.

RC Uh-uh. C’è ancora qualcuno che cerca di unirli, ma oggi è più difficile.

GG Ma questa comunione d’intenti manca perfino fra gli artisti più seri, che teoricamente dovrebbero avere ideali condivisi.

RC Non è mai stato così. E anche prima dell’avvento delle riviste underground, non c’è mai stata una reale condivisione di ideali, tra i fumettisti. Adesso c’è… qualcosa di simile. Non c’è mai stata all’epoca una comics convention, né c’è qualcosa del genere oggi.

GG Però esisteva una sorta di comunione d’intenti fra i fumettisti underground, non è vero?

RC Beh, quella esiste ancora, direi.

GG E’ addirittura più che combattere le fazioni estetiche.

RC Il passo successivo dopo la comunione d’intenti è il combattere fazioni.

GG Nel ’68 eri proiettato verso il successo?

RC Verso la fine del ‘68, si. E’ accaduto molto in fretta. All’inizio io, mia moglie, Donahue e un paio di altri mettevamo insieme a mano i nostri fumetti e li vendevamo in strada prendendoli da una carrozzina; in soli sei mesi la situazione cambiò: un sacco di avvocati con la parlantina veloce litigavano per i diritti d’autore e ragazzi trasandati offrivano contratti principeschi. Tutto questo in sei mesi. Erano giorni tumultuosi. All’improvviso la mia vita venne rivoltata come un calzino. Verso la fine del ‘68 ancora non mi ero reso conto di cosa diavolo stesse succedendo. Non riuscivo a pensare ordinatamente. Ero giovane, avevo circa 24 anni quando mi capitò tutto questo, e all’improvviso il telefono squillava incessantemente, la gente voleva parlare con me. Volevano farmi lavorare, questo e quello. Il fenomeno hippie era in piena espansione gli avvoltoi scendevano in picchiata per spolpare la carcassa. L’ambiente dei fumetti era così. Quei tizi vedevano che ai ragazzi piaceva quella merda, per cui cercarono di guadagnarci sopra e farci un bel gruzzolo.

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GG Come è riuscita la Viking a pubblicare la collezione Head Comix? Mi sembra che fu nel ‘69.

RC Si. C’era un certo William Cole, un vecchio alcolizzato di New York. Non ricordo esattamente quale fosse la sua posizione nello schema delle cose, e nemmeno quale fu il motivo del suo coinvolgimento, ma in qualche modo lui diventò il contatto tra me e la Viking Press e si prese parte del denaro. Io devo aver capito male qualcosa, in quel giro. Su quella prima edizione Viking Press c’era scritto “Un fumetto di William Cole”.

GG Sto cercando di ricordarmi chi fosse. Ma quale fu il tuo primo grande confronto con gli “uomini del denaro”?

RC Ce ne fu una serie. Qualcuno mi offrì dei biglietti aerei gratuiti per New York. Volevano parlarmi. “Ragazzi! Biglietti gratis per New York! Non posso lasciarmeli sfuggire!” Quindi ci andai, e trovai tre tizi vestiti con impermeabili di pelle. Avevano una carta che volevano farmi firmare. “Calma un attimo, questo è un contratto in esclusiva per cinque anni! Volete il controllo totale su tutto quello che farò nei prossimi cinque anni?! Cosa siete, pazzi? Non firmerò mai quelle carte!” C’erano droga, donne e alcool dappertutto.

GG Ne hai presa, di questa roba?

RC Certo. Ma non ho firmato quelle cazzo di carte. Quelli che mi fregarono, alla fine, furono i tipi del film su Fritz the Cat.

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GG Ralph Bakshi?

RC Bakshi, si.

GG Hai cominciato a disegnare Fritz in Europa nel 1965?

RC No, ne ho fatto i disegni a matita sui miei album per anni, probabilmente ho cominciato nel 1959 o 1960. Era una specie di evoluzione di quei fumetti di animali che mio fratello e io disegnavamo da piccoli. Avevamo questo gatto che si chiamava Fritz. Il gatto di famiglia. Ho cominciato a fare fumetti sul nostro gatto per far divertire la mia sorellina e il mio fratellino. Questo è probabilmente l’inizio della storia di Fritz. I primi ad essere stampati sono stati quelli che avevo disegnato nel 1964 e ‘65.

GG Quindi in pratica tu hai disegnato Fritz cinque o sei anni prima della sua pubblicazione.

RC Yeah, ma quelli pubblicati sono senz’altro migliori dei primi che ho disegnato.

GG Come sei riuscito a vendere Fritz alla Cavalier?

RC Non mi ricordo. Non ricordo nemmeno quando quella gente vide la mia roba.

GG In pratica hanno diviso i tuoi album da disegno in capitoli?

RC Già. Questo lavoro fu fatto da un certo Mike Thaler, che era cartoon editor alla Cavalier. Non ricordo come ci incontrammo. Forse fu attraverso Woody Gelman o qualcun altro, non so.

GG E come fu che incontrasti Bakshi?

RC Un altro biglietto aereo gratis per New York. Mi accolse all’arrivo ed era il classico tipo nevrotico che tremava e sudava. Doveva parlarmi di un progetto, di cui aveva già pronti tutti i materiali. Erano tutte le sequenze animate, disegnate a matita, del film di Fritz the Cat. Era disperato. Mi disse: “Guarda. Devi lasciarmelo fare. Tutta la mia carriera è legata a questo film. Voglio farlo ad ogni costo.” Io dissi “Beh, non lo so. Fammi tornare a casa e lascia che ci pensi un po’ su”. Non gli ho mai detto che poteva procedere. Era un ciarlatano, un totale fannullone senza talento. Ha realizzato un cartone animato da due soldi, a dir poco terribile. Il produttore, Steve Krantz, era un totale debosciato di Palm Springs. Il classico Ebreo, tipo Milton Berle. Mi piaceva abbastanza questo suo aspetto. Ho avuto questo incontro con Mr. Kranz e gli ho detto “Sono preoccupato per il mio lavoro e non so cosa ne stiate facendo. Sono giovane e non ho abbastanza esperienza per controllare tutto quanto.” Mi ha messo un braccio sulle spalle e mi ha detto, “Robert, se ne avessi il potere ti prenderei fra le mie braccia e ti proteggerei da qualunque male che questo business possa farti.” Stava facendo tutte queste smancerie con sincerità. Che squalo!

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GG Ma quindi alla fine hai dato loro il permesso di fare il film?

RC No, non gli ho mai dato il benestare.

GG Non sei stato pagato?

RC Quello che accadde è che Bakshi alla fine venne a San Francisco, disperato, a cercare di farmi firmare quel contratto. Aveva già realizzato metà del film e io non avevo firmato nulla. Non gli ho detto di no, gli dissi soltanto “Non lo so, non lo so.” In pratica non sapevo come confrontarmi con quel tipo. Era disperato, nevrotico, aggressivo. Sudava, le goccioline uscivano copiosamente. Alla fine venne a casa mia per farmi firmare ‘sta carta e io gli dissi “Okay, ma ascolta, adesso devo vedere delle persone. Ho detto loro che li avrei raggiunti all’una precisa. Tornerò qui fra un po’”. Me ne sono andato una settimana. (Risata). Nel frattempo ha scoperto che anche mia moglie aveva il potere di firma. Le disse, “Firma questa carta e riceverai subito un assegno di 10mila dollari.” Lei firmò senza farsi più di tanti scrupoli. (Risata) Lui le diede l’assegno. Lei lo prese e subito comprò una casa. Qualche tempo prima, girando in macchina, avevamo visto una casa col cartello “In vendita” e lei aveva detto “Ecco la casa che voglio!” E si comprò quella casa. A quell’epoca potevi comprare un bel pezzo di proprietà per 20mila dollari. Per quanto ne so, vive ancora in quella casa.

GG Quanto tempo dopo che lei firmò quella carta avete divorziato?

RC Anni. Ho rotto subito con lei, ma ufficialmente divorziammo dopo qualche anno. Tornando a Fritz: gli avvocati che avrebbero dovuto rappresentarmi dissero “Qual è il tuo problema? Quei tizi ti renderanno famosissimo con il cartone animato di Fritz the Cat. Per quale motivo stai a cavillare sulla tua preziosa creazione? Prenderai un sacco di soldi, diventerai famoso.” Sapevo che me l’avrebbero rovinato. Non c’era un solo motivo per pensare che avrebbero realizzato un prodotto di qualità.

GG Quindi prendesti solo quei 10mila dollari?

RC No, me ne diedero altri. Più tardi arrivarono altri 8mila dollari. E ancora otto anni dopo, all’improvviso, arrivò per posta un altro assegno da 30mila dollari. Inaspettatamente, gli avvocati contabili di Krantz misero a posto i suoi affari in qualche modo. Non so come. Ho ricevuto l’assegno dal suo ragioniere, e fu come se mi avessero dato un calcio nel culo. Ero seduto per terra quando aprii la busta della Batton, Barton, Schmuckface e Jerk. Trentamila dollari. Anzi, 31 mila e qualcosa. Strano modo per guadagnarsi da vivere.

GG Non ti piacque il film?

RC Era terribile.

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GG Lo odiavi abbastanza da ficcare nella testa di Fritz un piccone per ghiaccio?

RC Avevo bisogno di uccidere ferocemente. (Risata) In seguito hanno fatto quell’altro, Le Nove Vite di Fritz the Cat.

GG Come e perché hai dato loro di nuovo il permesso?

RC Non gliel’ho dato di nuovo. Ce l’avevano già. Era nero su bianco nel contratto scritto dai miei avvocati. Ormai Fritz the Cat era di loro proprietà.

GG Quindi avrebbero potuto fare tutti i film di Fritz che volevano?

RC Già. Anche Fritz diventa Hawaiano, qualunque cosa.

GG Hai preso soldi anche per il secondo film?

RC Niente. Neanche un dollaro.

GG Come facevi ad avere ancora quegli avvocati tra i piedi?

RC Beh, Michael Stepanian era un grosso avvocato di San Francisco che seguiva drogati e rockstar. Moscoso lo conosceva e disse che quel tipo sarebbe stato giusto per noi artisti di Zap. Così, quando iniziammo questa cosa di Fritz the Cat, Stepanian e il suo partner Rohan videro in essa un’ulteriore opportunità per entrare al massimo livello nell’ambiente dei media, per mettere realmente le mani nella marmellata. Loro volevano buttar giù un contratto favorevole a Krantz e compagnia per il loro interessamento. Ricordo di avere avuto un furioso litigio con Rohan nei loro uffici. Gli dissi “Guardate che quella gente sta rovinando tutto ciò che riguarda Fritz the Cat, non sono capaci di lavorare e io di base non voglio che si prosegua su questa strada”. Rohan mi propinò una storiella su come noi avremmo dovuto fare pubblicità al film, quanto sarebbe stata proficua per noi tutti questa grandissima stronzata. Gli ho chiesto, quasi umilmente, ”Beh, ma a te cosa porta tutto questo, Mr. Rohan?” Lui disse “Oh, niente. Voglio solo che tutti siano felici. Vorrei che la gente venisse a casa mia a nuotare nella mia piscina.” Ricordo questa frase in modo particolare. Devo avergli detto “Sei licenziato!” lì sui due piedi. Ma cosa ne sapevo io? Gesù, avevo 25 anni, quanto ero inutile!

GG Si può dire che il film ha aumentato la tua popolarità? O ha fatto incrementare le vendite dei tuoi fumetti?

RC Non lo so. Anche se non mi sembra che in realtà abbia avuto questo effetto.

GG Quali altri progetti ti vennero offerti?

RC Oddio. Un tizio a New York era già pronto con del merchandising su Fritz the Cat. Ce l’aveva già in testa prima che arrivasse Krantz. E faceva pressione per ottenere tutto quello che poteva. Un bel po’ di persone erano solo degli hippie con grandi idee su qualcosa. Un gruppo chiamato Prodigious Productions –non potrò mai dimenticarli- era formato da hippie che secondo me provenivano dai ceti alti, molto idealisti. Avevano ogni tipo di progetto: film, musica, multimedia, tutti. Non se ne fece nulla. E’ evaporato da solo. Noi vivevamo con l’assistenza statale. Non ho guadagnato un soldo con i fumetti se non a partire dal ‘71 o ‘72, quando cominciarono a pagarmi abbastanza per uscire dal programma assistenziale.

GG Sono stati i tuoi anni più prolifici.

RC Già, fino ad allora solo roba da due soldi. Troppi furbastri e tizi con la parlantina sciolta. Gesù. Fino a che non raggiunsi un po’ di notorietà non feci mai questo tipo di vita. Ero un ragazzo semplice.

GG Suppongo che questi tuoi discorsi derivino dal tuo scetticismo verso gli editori.

RC Affaristi.

GG Uomini d’affari in generale.

RC Avvocati, editori. Alcuni hanno buone intenzioni. Molti di loro pagano solo quando ne sono costretti. Funziona così. Devi diventare fottutamente meschino per essere pagato. Io non sono capace. Ancora adesso non ci riesco. Cerco di circondarmi di poche persone fidate, o di cui mi fido a metà.

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