Speciale 50 anni di Spider-man – La sequenza del sollevamento: il momento cruciale di Ditko su The Amazing Spider-man

di Nick Caputo
traduzione di Tonio Troiani

 Questo articolo, che fa parte del nostro speciale su Spider-Man, è apparso originariamente sulle pagine di Ditkomania # 76 e successivamente su Comic Book Collectors Club, a cui abbiamo riferimento per la traduzione.

 Nell’immaginario di tutti i fan del ragno, il climax dell’opera ragnesca di Ditko è rappresentata dal numero 33 di The Amazing Spider-man. Nick Caputo lo analizza  in maniera capillare rintracciando i tratti caratteristici della poetica del Salinger dei fumetti. 

I’ve found you have to look back at the old things and see them in a new light.

– John Coltrane, interview, Down Beat magazine, 1966

Circa mezzo secolo fa, durante un anno fondamentale come il 1962, Steve Ditko, in collaborazione con Stan Lee, superò i limiti delle standardizzate convenzioni sull’eroe in costume.

Fu allora che Peter Parker fece il suo ingresso nel mondo dei fumetti. Era atipico sotto diversi aspetti: un adolescente come personaggio principale non aveva praticamente precedenti, per non parlare della versione di Ditko, un ragazzino dall’aspetto goffo, con le spalle cadenti e uno sguardo disperato. Sebbene trasformato dai super poteri, non divenne immediatamente un esempio di eroismo e non  gravitò verso alte vette morali.

La vita adolescenziale di Parker divenne un elemento cruciale per il fumetto e un’altra deviazione dalle banalità dei fumetti. Ditko fornì al personaggio una ricca ambientazione e un cast variegato con cui interagire: una vita casalinga con Zia May nel Queens, rapporti con i compagni di scuola, un lavoro come fotografo freelance per il Daily Bugle e una storia d’amore in corso con la segretaria Betty Brant. A differenza dagli altri eroi, era temuto e condannato dalla gente per le sue azioni come Spider-man. Talvolta, metteva in dubbio sia i suoi obiettivi che la sua sanità mentale. Era alquanto distante dall’amato benefattore esemplificato da Superman.

Alcune delle idee erano chiaramente quelle di Stan Lee, che curava, contribuiva alla sceneggiatura e ai dialoghi di tutte le storie, ma l’input di Ditko fu prezioso sin dall’inizio, e, in meno di tre anni acquisì il pieno controllo della sceneggiatura. Lo sviluppo del fumetto raggiunge un crescendo nella storia in tre parti apparsa nei numeri 31, 32 e 33 di The Amazing Spider-man.

La storia si apre con Peter che si prepara alacremente per il college, ma il suo mondo cade rapidamente a pezzi. Zia May perde i sensi e viene portata all’ospedale, dove le viene diagnosticata una grave malattia, questo grava pesantemente su Peter che cerca invano di concentrarsi sui suoi studi. Peter è ulteriormente traumatizzato quando scopre che le sue condizioni sono il risultato di una precedente trasfusione del suo sangue. Non avrebbe mai pensato che il morso del ragno che gli aveva donato le sue straordinarie abilità potesse essere dannoso per gli altri. Cercando il modo per curare le sue insolite condizioni,  i dottori ipotizzano che un farmaco sperimentale, l’ISO-36, possa rappresentare una cura possibile. Un gruppo di criminali, tuttavia, ruba l’antidoto per i propri scopi [1].

All’insaputa di Spider-man, un suo vecchio nemico, il Dr.Octopus, sta conducendo l’operazione con il nome di “Coordinatore”. Disperatamente  Spider-man sconfigge  i suoi scagnozzi, combattendo infine contro Dr.Octopus, ma mentre i due lottano nel suo nascondiglio sottomarino,  il tunnel inizia ad allagarsi e il criminale si perde nel caos che ne segue. Il finale mozzafiato del numero 32 (datato gennaio 1966) lascia Spider-man intrappolato sotto una tonnellata di ingranaggi, mentre l’acqua si riversa inesorabilmente all’interno e l’antidoto rimane ironicamente fuori dalla sua portata.

La copertina di The Amazing Spider-man #33 si concentra su una scena tetra: Spider-man è posizionato direttamente al centro, intrappolato sotto una struttura di acciaio massiccio. La sua figura bloccata è circondata da acqua che gli casca davanti, che gli gocciola anche sulla sua faccia, sulle mani e sulla schiena, che sono le sole parti visibili del suo corpo.

Sebbene i suoi occhi non siano visibili, il lettore è attratto dal senso schiacciate di impotenza e disperazione, che evoca empatia per la condizione del personaggio. La paletta del colorista Stan Golderg fatta di grigi desolati e torbidi azzurri intensifica la cupa atmosfera. All’interno, il tutto prende slancio. In uno sbalorditivo tour-de-force di cinque pagine, Ditko orchestra uno delle più drammatiche sequenze della storia dei fumetti.

Efficacemente intitolato Il capitolo finale, la tavola iniziale si apre con quattro piccole vignette consecutive che sinteticamente aggiornano la trama. La quinta, la vignetta larga ritorna al presente, usando un piano d’ambientazione che richiama sia la scena della copertina che la tavola finale del precedente numero, sebbene qui la testa di Spider-man sia abbassata, enfatizzando il suo stato demoralizzato.

Con il tocco di un direttore della fotografia, Ditko guida l’occhio dello spettatore nelle successive quattro pagine, intrecciando abilmente campi lunghi e primi piani, mentre le tavole crescono in relazione allo stato emotivo dell’eroe.

La seconda pagina consiste in sette vignette, che mostrano l’umore di Spidey mentre oscilla percettibilmente tra la futilità e la tenacia, rafforzato dalla visioni evanescenti di Zia May e Zio Ben (riferendosi alle origini del personaggio e al parente che non riuscì a salvare dalla pallottola fatale di un criminale). L’ultima vignetta si concentra sull’eroe, i suoi pugni serrati, che indicano la sua crescente determinazione. La tensione aumenta; la terza pagina esibisce sei vignette che gradualmente si ingrandiscono, mentre Spider-man lentamente ottiene dei progressi, le sue braccia si raddrizzano e il suo torso e le sue gambe tornano visibili.

La quarta pagina include tre vignette orizzontali di uguali dimensioni; la prima mostra il soffitto che inizia a cedere sotto il peso dell’acqua che aumenta, le altre due: Spider-man che resiste al dolore e solleva quel tremendo peso. La quarta vignetta occupa i rimanenti 2/3 della pagina, un campo medio di Spider-man finalmente sulla ginocchia, che culmina nella quinta pagina, un’immagine singola di Spider-man che solleva il peso su di lui; trionfante contro la schiacciante avversità.

L’analogia di Ditko è chiara: Peter Parker è infine in grado di sollevare il “peso” della colpa che l’aveva ossessionato sin dall’omicidio di suo Zio. L’adolescente ha compiuto il ciclo completo, da una confusa giovinezza ad una responsabilità adulta, espiando gli errori del passato.

Nelle pagine di un semplice fumetto da 12 cents, Steve Dikto affrontò tematiche che toccavano il suo pubblico. Il fardello della responsabilità, e lo sforzo spesso imponente per sopravvivere in un mondo dove tutto congiura contro di te, occupandosi di qualcosa in più delle favole eroiche. In termini sia di sviluppo narrativo e richiamo emotivo, The Amazing Spider-man #33 fu l’apice del ciclo di Lee e Ditko. Nonostante Ditko scrivesse la trama della storie da sé, mentre lavorava per altre uscite, Lee svolse i suo compiti  con abilità ed intelligenza, e il suo linguaggio catturò la tensione drammatica espressa dalle immagini di Ditko.

C’era un altro punto da risolvere, tuttavia. La vittoria di Spider-man fu raggiunta ad un costo. Lo sforzo a cui ha sottoposto la sua gamba l’ha lasciato visibilmente claudicante. C’erano ancora ostacoli sul suo cammino, incluso un tunnel allagato e i rimanenti membri della band del Coordinatore. Ferito, delirante, in un stato di frenesia, Spider-man scaglia pugni incessantemente, finché, sul limiti del collasso, finalmente comprende che la battaglia è finita. Ditko trasmette la presenza di un uomo in carne ed ossa sotto il costume. In un raro momento Ditko offre in maniera dissonante un risultato diverso dagli scontri ordinari dei supereroi privi di ripercussioni.

Spider-man porta il siero al Dr.Curt Connors, il suo amico scienziato che precedentemente era apparso nei panni di Lizard. Ditko si scosta nuovamente dall’ovvietà. Invece di utilizzare il personaggio come antagonista, lo pone in una situazione ordinaria. Connors analizza l’antidoto e scopre che è compatibile con il sangue di Zia May. Dopo aver portato l’antidoto all’ospedale, Spider-man ritorna sulla scena del crimine per fotografare gli uomini del Coordinatore, che sono stati presi in custodia.

Quando Peter arriva al Daily Bugle per vendere le sue foto, Betty Brant nota che Peter è ferito. Mentre Peter si volta verso Betty, questa è spiazzata dai lividi e dai tagli subiti durante la sua schermaglia. Nonostante le restrizioni del Comics Code non permettessero a Ditko di mostrare tutto a livello grafico, lo fece.  Con cupa determinazione Peter spiega i rischi del suo lavoro a Betty.  « Non mi lamento, e nemmeno rinuncio al lavoro ». Queste parole dovrebbero provenire direttamente dalle note vergate a mano di Ditko per Lee. Questo è un Peter maturo, libero dai dubbi e dalla paure che hanno afflitto gli anni dell’adolescenza. Influenzato dalle opinioni dell’Oggettivismo di Ayn Rand, era l’idea che Ditko aveva dell’eroe: estremamente sicuro e fedele ai suoi principi.

Peter non permette neanche a Jameson di approfittare di lui, chiedendo un adeguato compenso per il suo lavoro. La situazione riflette il rapporto tra freelancer e editor di Ditko e Lee. All’inizio dell’anno Ditko diede un ultimatum a Lee, non monetario, ma per una suddivisione equa dei credits della sceneggiature di Spider-man e Dr. Strange. Li ricevette a partire da The Amazing Spider-man # 25, ma come per il personaggio che aveva creato, tutto ciò non sarebbe stato privo di conseguenze.

Secondo Ditko, Lee si rifiutò di parlare con lui in seguito (“ Poi, ad un certo punto, prima del numero 25 (dove fui accreditato pubblicamente nella sceneggiatura di Spider-man e Dr. Strange) Stan decise di mettere fine alle nostre comunicazioni” [2]). Il direttore di produzione Sol Brodsky fece da intermediario tra loro: prendendo le pagine a matita, consegnandole a Lee per i dialoghi, dopo entrambi a Artie Simek o Sam Soren per il lettering, e di nuovo a Ditko per gli inchiostri. In questa imbarazzante situazione ad entrambi mancava il controllo totale, e la frattura creativa tra Lee e Ditko avrebbe ben presto portato ad un bivio.

Tornando all’ospedale, Peter è accolto dalla notizia che Zia May guarirà. In una vignetta commovente, Peter posa lo sguardo con soddisfazione su sua Zia mentre questa sonnecchia serenamente. Ditko ritrasse May Parker con linee e rughe come si addice ad una donna anziana, aggiungendo un certo grado di autenticità al personaggio che fu eliminato quando lasciò il fumetto.

Ditko concluse la storia con perfetta simmetria. In quattro consecutive vignette verticali il dottore chiude le tende nella stanza di Zia May mentre osserva Peter zoppicare via. Il volto di May è in primo piano, le ombre lentamente coprono il suo viso. Il dottore pensa:

Peccato non sia uno come lui l’idolo che i teenager tendono ad imitare invece di un avventuriero mascherato e sconosciuto come l’Uomo Ragno”.

Anche se Ditko continuò su Spider-man per altri cinque numeri, questi sembrarono poco più che un ripensamento. I segni erano chiari, mentre in Ditko aumentava il disappunto per il metodo della Marvel, in cui Stan Lee supervisionava il processo di produzione.

Nel ruolo di editor, Lee fu il giudice finale, e potette non solo alterare l’aspetto tematico della trama, oppure aggiungere un falso senso di caratterizzazione, ma potette anche modificare le immagini, in un modo che non era previsto. Alla fine, fu inevitabile che Ditko, che sentiva il bisogno di trovare la sua voce indipendente, decide a rinunciare al rapporto lavorativo. In quanto prodotto commerciale, The Amazing Spider-man rimase un fumetto campione di vendite, e l’editore Martin Goodman, che possedeva la proprietà, si assicurò che rimanesse sotto la guida di Lee.

Creativamente, però, i contributi di Steve Ditko non potrebbero essere duplicati da nessun altro artista. Come John Coltrane con My Favorite Things, Steve Ditko raggiunge l’apice con la storia contenuta in The Amazing Spider-man #33. Più di quarant’anni dopo, la storia di presta a continue riletture, risuonando con intensità ed espressione personale – un testamento dell’eccezionale personalità che definì il lavoro di Steve Ditko

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[1] Nei film di Alfred Hitchcock viene chiamato il “MacGuffin”. Secondo Alfred Hitchcock:« il congegno, il trucco, per così dire, le carte e le spie vengono dopo…L’unica cosa che abbia importanza è che nell’immagine i documenti o i piani segreti debbano sembrare di vitale importanza per i personaggi. Per me, il narratore, non hanno la benché minima importanza».

[2] Steve Ditko, “A Mini-History, The Green Goblin”, The Comics, Vol 12, No 7 July 2001.