Sky doll

Sky Doll, di Alessandro Barbucci e Barbara Canepa.
Bao, 27 euro.

SINOSSI

Un futuro imprecisato. In una galassia dominata da un regime di stampo religioso, largamente basato sull’estetica e sulla liturgia della Chiesa Cattolica, delle bambole senzienti, le Sky Doll, appunto, sono state create per soddisfare, senza il fardello del peccato, quegli istinti che il governo centrale, nella figura della Papessa Lodovica, bolla come peccaminosi. Una di queste bambole del piacere, Noa, sembra però serbare un segreto che potrebbe minare le basi dell’impero.

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Quando Sky Doll venne pubblicato per la prima volta in Italia, nel 2000 [1], non lo acquistai. Le motivazioni possono riassumersi in un’accozzaglia di pregiudizi contro il manga contemporaneo (cioè non quello culturalmente accettato di Tezuka e soci, per capirci, in parte disinnescato dalla conquistata classicità) e, soprattutto, con la feroce diffidenza da me avvertita, in quegli anni, nei confronti del processo di nipponizzazione del fumetto europeo e, più in generale occidentale, all’epoca ai suoi esordi. Piccolezze, appunto: una esterofobia che, se pur parzialmente motivata, aveva bellamente mancato di manifestarsi, per esempio, al momento della trasformazione di Paperinik in PK (nella serie PKNA – Paperinik New Adventures), e cioè in quello che poteva essere letto come il passaggio, parlando di padri nobili, dal fumetto nero all’italiana a quello supereroico americano. Testata disneyana, PKNA, al cui successo aveva contribuito, con il proprio stile innovativo e modernissimo, anche Alessandro Barbucci, uno dei due autori del volume oggetto di questa recensione.

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Tavola da PKNA n° 5 – Ritratto dell’eroe da giovane
disegni di Alessandro Barbucci

Molti elementi in gioco, quindi: Disney, fumetto italiano e francese, manga, fumetto supereroico, cultura pop e, non ultimo, Photoshop che stava cambiando il modo di concepire la grafica, il disegno e, soprattutto, la colorazione. Anni complessi, quelli in cui il progetto Sky Doll venne concepito, realizzato e pubblicato, anni pieni di stimoli, di influenze, di errori, di plagi, di colori e di appassionanti figli bastardi e meticci. Anni in cui questo fumetto poteva essere avvertito come uno dei primi consapevoli prodotti capace di porsi come sintesi di tutte queste influenze, postmoderno senza essere solo il freddo frutto di una mistura preparata a tavolino, innovativo, anche sul piano tecnico, senza la meccanicità e lo stridore degli ingranaggi ancora non bene oliati che le cose nuove spesso si portano dietro, bello, nel senso pieno del termine, piacevole alla vista, attraente e cool senza risultare, al tempo stesso, vacuo.

Sky Doll è infatti, uno dei migliori esempi di quell’atteggiamento sincretico che caratterizza, non sempre con risultati altrettanto riusciti, certa parte del fumetto contemporaneo e che si esprime attraverso la sintesi di più stili grafico-narrativi (con una predominanza del segno sulla parola) provenienti da culture diverse.
I sentieri che si incontrano e si intrecciano lungo le pagine di questa opera, infatti, sono diversi e tortuosi e non sempre è possibile districarli. Soprattutto, non è interessante né utile farlo. Alcuni sono quelli a cui si è precedentemente accennato.

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Cover dell’edizione americana di Sky Doll, per i tipi della Marvel.
Riporta l’indicazione mature contents, assente nelle edizioni europee

L’infuenza del fumetto giapponese sul segno dei due autori è evidente e, ad un primo sguardo, il manga sembra essere il loro principale referente. La cosa ha una propria giustificazione commerciale, oltre a intuibili questioni riconducibili ai gusti, alle preferenze e, soprattutto, alla storia dei due autori. Sky Doll, infatti, venne pubblicato in Italia, per la prima volta, nel 2000, per i tipi de la Pavesio Editore, cioè alla fine del decennio d’oro, in termini di vendite, del fumetto giapponese in Italia. Trend, questo, che porterà Barbucci e Canepa (su progetto di Elisabetta Gnone) a lanciare, l’anno successivo, quello che diventerà uno dei più grandi successi del fumetto italiano di tutti i tempi, quel W.I.T.C.H. che, anche se figlio delle tante majokko (e soprattutto nella loro variante “in gruppo” “alla Sailor Moon“) nate nella terra del sol levante, si distacca dal modello originale per la scarsa ripetitività delle trame, per l’approfondimento psicologico dei personaggi, in particolare, delle piccole protagoniste, e per l’originale graphic design della serie. Al di là di queste pure importanti differenze, W.I.T.C.H. segnò un importante passo nel processo di orientalizzazione del fumetto popolare europeo.

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Sky Doll, invece, sembra ispirarsi ad un altro filone particolarmente florido, quello delle donne robot, che può declinarsi in varie maniere. Da una parte le bambole senzienti, come quelle eteree e quasi asessuate di Mohiro Kitoh, così lontane dal plausibile e ipertecnologico mecha design di serie come Gundam, dall’altra le cyborg fantascientifiche e futuribili come l’Alita di Yukito Kishiro che, a sua volta, è figlia, come, del resto, tutti i suoi fratelli e sorelle, dell’imprescindibile Astro Boy di Osamu Tezuka. Dal Giappone viene, inoltre, anche la caratterizzazione dei personaggi della serie in esame, al di là di quella robotica della protagonista e delle sue sorelle schiavizzate.

Cover dell'edizione italiana di Le ali di Vendemiaire di Mohiro Kitoh

Le ali di Vendemiaire di Mohiro Kitoh

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Un’immagine da Alita di Yukito Kishiro

I personaggi di Sky Doll, infatti, sono rappresentati, come animali antropomorfi – felini, nel caso specifico-, il che si può certamente far risalire, per comodità di sintesi, alla tradizione, disneyana in particolare e a quella statunitense dei funny animals più in generale (categoria che qui si allarga fino a comprendere anche opere dissacratorie e parodiche come Fritz il gatto di Robert Crumb) ma, soprattutto, a quella nipponica delle donne gatto (nekomini, letteralmente “orecchie da gatto”), da cui Sky Doll eredita anche la esplicita sensualità, a metà fra una femminilità esasperata e prorompente e una spiccata infantilizzazione erotica, a sua volta figlia dell’estetica kawaii.

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Una tavola particolarmente “calda” da Sky Doll Volume 2 – Acqua, dove si vede come la sessualità, nel mondo di Lodovica, sia vista come punitiva e degradante. Tutt’altra cosa la sensualità di Noa, gioiosa e spontanea, anche se un po’ ingenua, come si può vedere nella tavola successiva, tratta dallo stesso volume.

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Stati Uniti e Giappone, quindi, ma anche molto fumetto francese (la prima pubblicazione di Sky Doll avviene, appunto, oltralpe, per i tipi della Soleil), da cui questo fumetto mutua il ritmo narrativo e, soprattutto, l’architettura delle tavole e il formato, che è quello editoriale tradizione franco-belga, anche nel tipo di foliazione, 48 pagine per episodio. Un felice potpourri, quindi, un punto di snodo fra una miriade di influenze, solo alcune qui evidenziate, che, al tempo stesso, si offre come un passo in avanti, soprattutto per quello che concerne l’uso dei colori e delle luci (che attraverso la lavorazione digitale della Canepa fa fare al fumetto, un epocale salto nel segno di quello che si offre come uno dei primi esempi davvero maturi e consapevoli dell’utilizzo di queste nuove tecniche), della volumetria dei personaggi e degli ambienti [5] e, in particolar modo, della resa dei materiali. Si veda, solo a titolo di particolarmente significativo esempio, come viene rappresentato il tappeto nella prima tavola del primo volume, La Città Gialla.

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Il la trama e le tematiche trattate, oltre alla chiara derivazione letteraria e cinematografica [4] di matrice, ancora una volta statunitense, sono evidentemente e radicalmente influenzate dalla fantascienza distopica giapponese, così come la protagonista del volume in esame, la sintetica Noa, è nobile figlia e sorella, come già detto, sia di personaggi come Alita ma, ancor di più, AstroBoy e l’Akira di Otomo, character con i quali condivide anche la, cifra messianica.

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Infatti, nell’universo di Sky Doll, dominato dalla teocrazia facente capo alla Papessa Lodovica, sopravvive una forte opposizione bollata come eretica e che si ispira alla scomparsa sorella di quest’ultima, Agape, che sembra sopravvivere, attraverso forme ancora tutte da svelare (la saga di Sky Doll è ancora incompiuta), nel corpo e nella coscienza sintetiche di Noa.Sky Doll- 028 Sky Doll- 041

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Rivisitazione dell’iconologia cattolica in Sky Doll Volume 1 – La città gialla

Infatti, se il fumetto di Barbucci e Canepa si offre principalmente come parodia della chiesa Cattolica, una parodia particolarmente ben riuscita sul piano estetico, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più strettamente legati alla repressione sessuale (cui la sensualità infantile e inconsapevole di Noa fa da ingenuo e potente contr’altare) e alla glorificazione della sofferenza[6], con l’intenzione di svelarne il vero volto, cioè quello di una struttura di potere esclusivamente votata alla propria autoconservazione [7], non si risparmia, però, di scagliare altri dardi, in particolare nei confronti di una società fortemente improntata ad un maschilismo feroce e repressivo (e i maschi, in Sky Doll, non fanno certo una bella figura), di un sistema mediatico servile, prono e connivente con il potere e, infine, agli aspetti più modaioli della cultura new age che, ben lontana dall’essere un movimento spirituale, si svela, ancora una volta, come giustificazione di una neanche troppo mascherata impresa commerciale. Quella che viene messa in scena è, quindi, una lotta fra poteri, spesso mascherati sotto la patina arrogante della fede, in cui solo la ricerca individuale del sé e della propria realizzazione e felicità (e questo è uno degli aspetti più deboli di quest’opera, di sicuro una di quelli più convenzionali) rappresenta una soluzione, la vera ribellione contro le dittature e le masse asservite.

Il fenomeno del melting pot caratterizza, dunque questo fumetto, che però, ben lontano da essere una mera esposizione di tesi, o una rappresentazione di quadri satirici, potenti ma scollegati e discontinui, si offre come un’opera compatta, che sfrutta le convenzioni dei generi (il racconto fantascientifico-avventuroso) piuttosto che farsene schiacciare. Un’opera che può respingere il lettore più smaliziato (o che si considera tale) proprio per l’apparente essenza di ruvidità ma che dietro un’attraente confezione, dietro la tavole patinate, dietro i colori da discoteca, nasconde più lati oscuri di quanti, ad un primo sguardo distratto, si potrebbe immaginare. Da leggere, guardare ed ammirare, approfittando di questa bella edizione antologica che, in conformità con quella francese Soleil, la Bao propone sul mercato italiano.

POSTILLA: DUE TAVOLE

Oltre che al mondo del fumetto Sky Doll mutua il proprio linguaggio da quello del cinema e, in particolar modo, dal cinema di animazione. Come dimostrano le due tavole mostrate successivamente, gli escamotage narrativi utilizzati sono particolarmente efficaci. Nel primo caso, un lungo viaggio spaziale viene raccontato attraverso quattro sintetiche vignette (più una, quella d’apertura, che serve per introdurre e contestualizzare sequenza e ambientazione). Attraverso tre stacchi sullo stesso asse, che hanno la funzione di raccordare momenti temporalmente molto distanti fra noi, nel breve tempo narrativo di una tavola vengono riassunti tutti i momenti topici di una lunga e monotona traversata galattica.

Sky Doll- 029Nella seconda tavola qui riportata, invece, l’influenza di alcune lisergiche sequenze di film disneyani, per immaginario, montaggio e luci, appare immediatamente evidente, con particolare riferimento alle scene aventi come protagonista il personaggio de Il Genio nel film Aladdin (1992)

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[1] Quasi contemporaneamente all’originaria edizione francese

[2] Barbucci e Canepa, inoltre, lavorarono, prima che su W.I.TC.H. sull’innovativo periodico Disney Italia PKNA che, pur rifacendosi esplicitamente, anche nel formato, ai comic book americani di genere supereroico, inglobava, seppur in germe, alcune influenze orientaleggianti che troveranno pieno sviluppo su W.I.T.C.H.. Successivamente, i due autori sono stati fra i creatori di quello che personalmente considero  uno dei migliori, solo per offrire un incasellamento editoriale, fumetti per l’adolescenza di tutti i tempi, Monster Allergy.

[3] Con gli anni ho anche “fatto pace” con W.I.T.C.H. riconoscendogli l’importanza che meritava.

[4] Sky Doll, per alcuni aspetti, può essere considerata una versione scintillante e ultra pop del Blade Runner di Ridley Scott, altro caposaldo dell’immaginario sincretico. Dal punto di vista estetico, la straordinaria tavolozza di colori messa su carta da Barbucci e Canepa è debitrice, per quanto già ampiamente sperimentata dai due sui loro precedenti lavori disneyani,  dell’animazione giapponese, da Akira in poi, e creditrice nei confronti di un certo – spesso patinato – successivo cinema di fantascienza e, in particolare, della pellicola AI-Intelligenza Artificiale di Steven Spielberg.

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Tre opere a confronto. Dall’alto verso il basso: Sky Doll Volume 1 – La città gialla; Akira; Blade Runner

[5] Come già detto nella nota precedente, le scenografie in CG di AI-Intelligenza Artificiale di Steven Spielberg, provocano, nello spettatore/lettore, delle curiose risonanze con quelle, cartacee, di Sky Doll, soprattutto nell’uso delle titaniche (e allusive) architetture antropomorfe.

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Immagini a confronto. In alto un fotogramma di A.I. – Intelligenza artificiale, di Steven Spielberg. In basso una tavola da Sky Doll Volume 2 – Acqua

[6] Non a caso, come ricordato anche dagli autori nella prefazione del volume, Sky Doll vede la luce nello stesso anno in cui la Chiesa Cattolica romana si preparava a festeggiare il suo più recente giubileo, guidata, aspetto non secondario, da uno dei papi più ammirati e controversi degli ultimi decenni, quel Giovanni Paolo II che, indiscutibilmente, anche attraverso l’appoggio a personaggi come Madre Teresa di Calcutta e, soprattutto, successivamente, attraverso la insistita e globalizzata esposizione del proprio calvario personale, ha posto la sofferenza della carne al centro dell propri retorica liturgica.

[7] Non a caso il progetto Sky Doll vede la luce in Francia, prima di essere ripubblicato, ad onor del vero quasi contemporaneamente, per i tipi della Pavesio Editore, in quell cattolicissima Italia, paese, il nostro, in cui le questioni legate alla Chiesa Cattolica e all religione in generale vengono raramente affrontate dal fumetto, se non in forma prettamente agiografica. Per una nostra recente gallery sull’argomento potete vedere QUI.

9 risposte a “Sky doll

  1. Marco Pellitteri

    Bell’articolo!

  2. Cavolo Marco, non ho fatto neanche in tempo a pubblicarlo! 🙂

  3. tutto vero, rimane il problema che 10 anni per realizzare un’opera incompiuta di nemmeno 200 pagine sono troppi.

  4. Marco Pellitteri

    è che sono la tua clac, Andrea

  5. Ottimo articolo, chiaro ed interessante. Anch’io sono stato, come te, uno di quelli che non hanno acquistato ( ne valutato l’acquisto di questa serie), a suo tempo; ed i motivi sono gli stessi dei tuoi.

  6. Skydoll mi è piaciuto molto come stile, la trama è interessante ma alcuni punti poteva avere uno sviluppo migliore,

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