Disegnare Gente al Pub: Un’Analisi

Ci sono cose che sembrano facili e invece non lo sono per niente. Prendete disegnare un tizio in un pub: sembra una cazzata, vero?
E invece non è così.

Da quando si sono moltiplicati esponenzialmente i fumetti con location britanniche, la cosa è diventata problematica. È come la pallacanestro negli anni ’80: ci potevano pure provare in tanti, ma l’eccellenza era da ricercare solamente in un paese. Nel caso delle rappresentazioni dei pub, è facile capire che stiamo parlando della Gran Bretagna. Prevedibilmente, sono i disegnatori UK a rendere al meglio quando si tratta di rappresentare l’atmosfera pesante dei pub.[1]

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“La realtà è solo una storia che ha preso vita, salute”, da Hellblazer #120, testi di Paul Jenkis e disegni di Sean Phillips

Nessun altro riesce a evocare con precisione il mood rancido di birra versata a terra, sudore molesto da sbornia, fumo incrostato nella moquette, scoregge a base proteica, patatine alla cipolla e pork scratchings. Il pub è un’istituzione, il perno intorno al quale ruota tutta la vita sociale del Regno Unito: merita tutto il rispetto che dovremmo sempre tributare alla vita vera. Nei pub si consumano storie d’amore, risse, sbornie colossali, sesso squallido, risate, amicizie forti, uscite epiche da venerdì sera, bisticci con le fidanzate, gol entusiasmanti, incontri paurosi e storie meravigliose.

E fiumi di birra, obviously.[2]

Ci vuole un talento speciale per rendere tutto questo. Non è una questione di abilità tecnica: ci sono tanti disegnatori, anche bravissimi, che non sono proprio capaci a disegnare le persone che bevono, mentre ci sono invece disegnatori (in massima parte, britannici, come vedremo) che sanno rendere al meglio la magia del pub. Non ci credete?
Prendiamo per esempio uno come Marcelo Frusin: l’argentino è disegnatore di grande efficacia ed eleganza, capace di dare a Constantine la faccia da bastardo che merita. Ci sono pochi dubbi che sia un fluoriclasse. Eppure la sua rappresentazione del pub è insufficiente: stagnante, quasi.
Un ambiente fatiscente, malfamato, disordinato, fumoso e decisamente “noir” che, seppure funzionale alle storie del suo ciclo di Hellblazer, è chiaramente un’astrazione.[3]

01-Frusin

Ed è ampiamente condivisa, quest’astrazione. Per esempio, la visione del pub di un altro disegnatore di una certa qualità come Manco (anche lui su Hellblazer) è molto simile. Buio, disordine, disperazione, posacenere buttati a caso sul bancone. Rende, a livello grafico, ma è un falso ideologico, e questo deve essere chiaro.

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Non che ci sia nessuna volontà mistificatrice. È che un pub è un ambiente così alieno a chi non ne ha vissuto la cultura che non si riesce a uscire dallo stereotipo, probabilmente.
Si prendano le dubbie rappresentazioni di altri disegnatori di razza come Paul Pope, John Paul Leon e Joe Quesada.
Siamo sempre dalle parti dell’equazione “pub = noir”. Riduttiva, per essere buoni. Il pub è il tempio di tutta una serie di emozioni, come abbiamo detto.
Nel caso di Leon possiamo apprezzare il tentativo di dare un certo carattere “british” al posto, ma è tutto sbagliato, a partire dall’indefinibile tavolino e dall’inqualificabile forma dei bicchieri!

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Persino peggio fa un fuoriclasse come Paul Pope, che non riesce a uscire da un approccio stereotipato e poco attento. Quel pub potrebbe essere qualsiasi cosa, non “puzza” di vita. Va bene che si tratta di un pub americano, ma più generico di così si muore.

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Quesada invece si lancia sull’omaggio (Ennis Tavern, Dillon Ale, Jessie al bancone) e quindi riesce a essere un po’ più personale, ma siamo sempre dalle parti del vuoto spinto, e non bastano le luci soffuse, anche se siamo in un ambiente malfamato. Incidentalmente, fallisce proprio dove Steve Dillon dimostra la propria maestria, come vedremo sotto.

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Goran Sudzuka è un disegnatore di grande talento, ma il suo pub da “bright lights, big city” è fuori dalla realtà, più vicino a una concessionaria Ferrari che all’atmosfera di comfort alcolico, cameriere dalla voce roca, cani che si rotolano sulla moquette e pub quiz che rappresentano una parte essenziale della “pub experience”.

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Non che Peter Snejberg riesca a fare di meglio: fumo “noir”, sedie e bicchieri improponibili, ambiente claustrofobico. E cosa diavolo fa il tizio in primo piano a sinistra? Si salva parzialmente solo per l’intelligente uso del cane.

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Un mostro sacro come Daniel Zezelj ha il buon gusto di non avventurarsi nella rappresentazione diretta. Constantine è rappresentato mentre beve (e fuma) sulla porta del pub, evitando ogni problema. Classe!

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Ma non basta una manovra ingegnosa a eliminare le differenze di categoria. I disegnatori britannici sono di un altro pianeta, come detto. E ora lo dimostreremo.
Se si pensa a una superstar del fumetto, quello di Nick Abadzis non è il primo nome che viene in mente. Eppure confrontate il suo pub con quelli sopra menzionati: non c’è paragone. Il sentimento di calore e stupore alcolico sono veicolati in maniera perfetta. Quello è un pub.

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A questo proposito, il tratto stilizzato e caricaturale di Abadzis dimostra che non è una questione di stile quanto di feeling: ce lo dimostra, se ancora non fosse chiaro, Philip Bond, con risultati strepitosi.

A inizio carriera (Wired World) Bond preferisce due inquadrature frontali “sicure” che giocano sulla sottigliezza. Bastano solo alcuni particolari del pub, per evocarne l’atmosfera.

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Durante il periodo d’oro della carriera, invece Bond sceglie anche soluzioni che riempiano di più l’occhio.

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E qui entriamo nel tecnico. Nella vignetta qua sopra, Bond sfrutta una delle inquadrature più classiche da pub, una di quelle più usate dagli assi di questa rappresentazione: tre quarti del bancone a inquadrare la televisione.
Eddie Campbell ne dimostra l’esecuzione in una vignetta simile.

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Le variazioni mostrate da Glyn Dillon e Will Simpson dimostrano come questa tecnica possa essere usata, alternativamente, per stringere sul bancone (evidenziando l’aspetto di familiarità che si crea fra barman e cliente) o dare profondità (evidenziando le dimensioni del pub e il suo aspetto sociale).

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Un altro esempio, perfetto, a stringere, è dato da Sean Phillips, uno degli assi della rappresentazione del pub. Come non riconoscere in quest’immagine tutto ciò che amiamo del pub, ivi compresa la posizione arcuata da avvinazzato di Constantine? Siamo chiaramente dalle parti della perfezione.

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Quando invece si vuole allargare il campo per fare “respirare” il pub, l’inquadratura migliore è quella in soggettiva frontale sul bancone (lontano), con i clienti in primo piano a bere. Un classico che, se eseguito alla perfezione (come nel caso della vignetta di The Minx, sempre di Phillips), dona quell’autenticità che spesso manca ai pub fumettistici.

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Ovviamente Sean Phillips, come detto uno dei migliori che si siano mai cimentati nell’arte di disegnare pub, è in grado di ottenere entrambi gli effetti di familiarità e dimensioni del pub in una sola inquadratura, che è in pratica la tre quarti classica del bancone ma rovesciata, a dare profondità. Il risultato è strepitoso, sporcizia in terra inclusa.

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Tornando all’inquadratura frontale sul bancone, quella che distingue i maestri, le possiamo trovare spesso nelle eccellenze Steve Dillon e David Lloyd, artisti che il pub lo conoscono alla perfezione.[4]
Si faccia un confronto fra l’uso di questo tipo di inquadratura e quanto fatto da Sudzuka sopra. È incredibile come lo squarcio di un bancone possa cambiare in maniera sostanziale le cose.

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Dillon, essendo il maestro di tecnica che è, riesce anche ad alternare tutte le inquadrature classiche da pub in una sola striscia (retro dal bancone, frontale e di tre quarti ravvicinata). Manca solo la sensazione di quando qualcuno ti urta da dietro e ti fa versare la birra, per il resto c’è tutto.

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Anche quando si lancia in inquadrature solo di tre quarti, Dillon cura tutto al meglio, mettendosi al servizio del restituire integra l’esperienza del pub. Posizione, altezza del bancone, bicchieri e movimenti dei bevitori sono perfetti.

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Sempre in questo senso, ci sono altre due inquadrature classiche per quanto riguarda la resa perfetta dei pub.
La prima è quella dell’inquadratura di quinta da dietro il barista, che pone l’enfasi sui clienti, restituendo dunque il senso del rapporto quasi fisico che si crea col bancone e col barman. Ne vediamo qui alcune varianti grazie a Will Simpson, Paul Lee e il solito, grandissimo Steve Dillon.

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Dillon è anche maestro dell’altra inquadratura classica e definitiva da pub. Il primo piano strettissimo frontale dal bancone, con parte di pinta in bella vista. E non è un caso che anche Glyn Dillon (che di Steve è il fratello minore) sia bravissimo in questo.

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Ovviamente, Steve Dillon è in grado di variare, utilizzando il suo marchio di fabbrica, l’inquadratura pubbistica di tre quarti, che in questo caso viene usata per dare l’effetto dell’affollamento del pub nei momenti migliori di un sabato sera.

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E i nostri disegnatori, come si destreggiano nella rappresentazione dei pub, di fronte a cotanti fuoriclasse? Il giudizio è che se la cavino parecchio bene, tutto considerato. Nel caso di Werther dell’Edera, l’uso di un’inquadratura che lascia fuori il bancone, prediligendo la profondità, funziona, restituendo il calore del pub in maniera assolutamente fedele, anche se alcune inesattezze (come le pinte col il manico) vengono fuori. Ma sono inezie.

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Camuncoli invece si cimenta con un’inquadratura a là Steve Dillon, che, sebbene non eseguita alla perfezione (il barista troppo lontano non rende il contatto quasi fisico, caratteristica essenziale del pub), riesce nel lodevole intento di suggerire un mood noir che non falsa però la resa del pub.

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Rispetto alle altre controparti estere, i nostri escono promossi a pieni voti dal confronto con i maestri britannici. E non è poco, direi.

Ah, dimenticavo: come per tutte le regole esiste l’eccezione. E infatti, anche per quanto riguarda i Brits c’è un disegnatore che non sa per nulla disegnare i pub. E la cosa è alquanto curiosa, visto che si tratta di Dave McKean![5]

30-Dave McKean - Violent Cases

NOTE
[1] Come “case study”, utilizzeremo immagini in massima parte tratte da Hellblazer, che in ogni caso rappresenta il benchmarck ideale per questo tipo di analisi, come è ovvio per chiunque.
[2] Come sa chiunque abbia vissuto in UK (no tourists).
[3] Ha però l’attenuante di lavorare con Azzarello: mi viene difficile pensare a un pub autentico a Cleveland!
[4] Come sa bene chi li abbia mai incontrati o abbia avuto l’occasione di farsi una birra (o vino, nel caso di Lloyd) con loro.
[5] In realtà potrebbe non essere strana per niente, visto che McKean ha la faccia da astemio, per dire. Questo dato andrebbe verificato!

8 risposte a “Disegnare Gente al Pub: Un’Analisi

  1. Pingback: Pub Time «

  2. Non so se Mckeane sia capace o meno di disegnare un pub ma ho dei dubbi che quello ritratto nella vignetta lo sia.

    “Un seminterrato dove c’erano quattro o cinque uomini anziani che conversano e cucinavano quel tipo di cose che cucinavano i miei nonni, cibi particolari che nessuno aveva mai confenzionato”.

  3. Tecnicamente hai ragione, non è un pub. Anche se McKean ne vorrebbe evocare l’atmosfera, chiaramente, visto come ha arredato quell’appartamento nel sottopiano. Hai mai visto un tappeto o delle tovaglie su un tavolo, in una casa inglese?

  4. Evito di speculare sulle intenzioni di McKeane. Dico solo che stando alla scenggiatura di Gaiman quello disegnato è un ritrovo d’anziani e non un pub.
    E come ritrovo d’anziani, dall’atmosfera da seminterrato polveroso e poco areato, mi pare molto ben rappresentato.

  5. Un bell’articolo pieno di dettagli tecnici e considerazioni appropriate.

  6. Non è esattamente un pub, ma in Cages, le scene che si svolgono nel locale sono rese perfettamente (http://erasing.org/2007/08/27/conversation/)

    Ottimo articolo, comunque. 🙂

  7. Mi è venuta una voglia matta di leggere Hellblazer. O, forse, dovrei bere una pinta di birra?