La Fashionable Paranoia: Koren Shadmi, Kago Shintaro e l’estetica guro

di Tonio Troiani

Qualche settimana fa, Koren Shadmi ha chiesto una mano su Kickstarter per completare il suo primo graphic novel, quell’Abaddon, che da un po’ ha superato le cento pagine. La raccolta fondi è stata un successone e la seconda parte del romanzo, con cadenza settimanale, vedrà finalmente la luce.  Nel frattempo, ho letto e ri-letto i racconti brevi che lo hanno reso “celebre”, dando un’occhiata anche alle sue illustrazioni (che credo gli offrano una maggiore visibilità, nonché un ottimo compenso) cercando di tirare un po’ le somme di questa prima fase della sua ricerca grafica.

Il lavoro di Koren Shadmi – israeliano trapiantato a New York – è attraversato da un interesse, quasi patologico, per il corpo. Il corpo, che Shadmi osserva, descrive e tematizza, è un corpo-vissuto, che arreca su di sé dei segni: simboli che rendono visibile e quindi manifesto un interno. La carne, in tutta la sua greve fisicità, è resa la soglia di transiti tra l’interno e l’esterno. Una relazione, questa, che a volte sfonda la quarta parete, coinvolgendo in questa dialettica lo stesso lettore.La massima espressione si ha nei racconti contenuti nel secondo volume della trilogia pubblicata dalla DoubleShot, In carne ed ossa.  Tralasciando, la prima sezione del volume dedicato al mascheramento, all’illusione e alla messa in carne di una menzogna integrata nei rapporti (con una sorta di misoginia tutta ebraica, ancora più evidente in racconti come Acqua Benedetta, contenuto nel successivo Cuori Distratti [1]), l’indagine di Shadmi incomincia ad approfondire il legame mente-corpo attraverso la metaforizzazione grafica nel La ragazza radioattiva. La paranoia da catastrofe nucleare, su cui si fondava parte della sci-fi anni Cinquanta, senza tralasciare la dimensione genetica che il mito nucleare ha nella letteratura supereroistica (Hulk docet), viene utilizzata per parlare della dimensione parassitaria dell’amore. L’esplosione, che investe Christine rendendola, a dispetto del buon senso, un virgulto di salute, ha come stretta conseguenza l’innamoramento morboso di Martin. L’asimmetria si riflette sul corpo dei due innamorati: mentre Christine tonifica il suo corpo, sino a conseguire meriti atletici, Martin – che dei due è quello che della sua iniziale normalità e salute investiva anche l’esclusa – vede il suo corpo disfarsi velocemente.

Il dolce masochismo di Martin viene spezzato dalla volontà, ormai decisiva, di Christine. Quello che resta è un corpo macilento, che orbita nei pressi della scaturigine: o nel tepore del cratere o nei margini del ricordo. L’innamoramento assume connotati particolari nell’incertezza della sua esplosione immotivata e nel tepore quasi mortifero, volutamente ignaro della verità:« in una sensazione di completo abbandono ».

La nuova raccolta di Shadmi presenta in Bionica lo stesso tema. Le ferite psichiche qua sono rappresentate da impianti bionici: mentre il corpo femminile ne è toccato pesantemente, toccando quindi i confini di una nuova fisicità e una consapevolezza dell’Io, quello maschile – imperfetto e dominato – ne è solo lambito: l’impianto bionico è solo una ferita.
Questa attenzione per la fisicità de-forme o meticcia continua in Il paradiso dei dolci, dove viene declinata sempre ricorrendo all’incidente come prodromo e impulso narrativo, in un’eco non remota ai miti fondativi di Stan Lee [2]. Qui, la bulimia nervosa della protagonista ostracizzata come devianza dal suo amico, finisce per renderla, invece, corpo-desiderato, in una sorta di sentimento misto di repulsione/attrazione.

A sostenere in maniera contrappuntistica il racconto, che si chiude con un’epifania sconvolgente per entrambi, è la presenza del romanzo di Hamsun, Fame [3], il cui protagonista, invece, si affaccia sull’orlo della pazzia a causa di un’inedia profonda e insaziabile.
A questo punto, Shadmi sembra voler approfondire questo aspetto legato alla morbosità e lo fa con Crudeltà e Satisfaction Avenue.
Il primo racconto è graficamente quello più interessante del lotto. Utilizzando quello che potremmo definire Effetto De Luca, Shadmi compatta nella sequenzialità dello spazio diversi tempi:
a) Nella staticità dell’enorme finestra – che invece di restituire l’esterno, ci regala un altro interno, elevato a potenza – Shadmi lega due differenti linee temporali: quella di un’ipotetica seduta psicoanalitica, sebbene li abiti succinti potrebbero far decadere tali ipotesi, e quella del racconto, che ci informa in maniera non molto chiara del legame che unisce la paziente e il protagonista “fisico” del racconto
b) Nell’ambiente osserviamo il suo nervoso andirivieni, che dinamizza il tutto, drammatizzando il racconto della ragazza: in un specie di sommatoria ascendente. Un esempio funzionale è la tavola a pagina 116 in cui il racconto e l’azione procedono di pari passo: il lamento del gatto, « un suono di terrore                           puro » è in contrappunto con lo scoppio d’ira del protagonista contro il gatto ignaro del dramma in corso.

Il tema della memoria e delle sua crudeltà affiorano in Satisfaction Avenue, una sorta di chiosa al racconto precedente, dove perversione, psicoanalisi e traumi si intrecciano in una sessualità malata: ancora una volta la soddisfazione passa attraverso il cibo e una sublimazione della sofferenza inferta.
L’intenzionalità mostrata da Shadmi verso la sfera di convergenza tra il corpo e la psiche, come insieme simbolico in cui i sensi transitano, evidenziando i territori liminari in cui la carne e la sessualità diventano i luoghi fenomenologici di tale intreccio, è condivisa da Kago Shintaro. Autodefinitosi come l’autore della fashionable paranoia, si è distinto per una serie di racconti brevi, in cui attingendo all’estetica guro, tematizza lo stesso interesse per la carne e le sue mutazioni.
La congenialità tra i due autori è rimarcata dallo stesso Shadmi che ha fatto menzione dell’influsso subito dall’opera di Shueiro Maruo [4]  e dall’estetica dell’era guro [5]. 
Kaguo Shintaro ha una predilezione per perversioni scatologiche e per alterazione estreme del corpo. Fondato su una logica non-sense e su un estremo senso del grottesco, Shintaro fa della sua merda (così ama chiamare le sue opere) oro [6]: in una duplice de-costruzione creativa della fisicità e del fumetto, estremizzando così sia le perversioni sia sconvolgendo a volte la struttura delle sue opere.
L’alterazione è, pertanto, duplice: sia verso la carne che si disfa, si fonde e confonde, mutando in qualcosa d’altro, ricordando le orge di Society di Brian Yuzna e la carne mutante di Cronenberg.

sia verso il fumetto tout court, che messa da parte la sua vocazione narrativa, si arrotola su se stesso in una crescendo onanistico.

I continui incroci simbolici tra Shadmi e Shintaro sono numerosi. Soprattutto quando Shadmi si libera dei limiti di una narrazione classica, dove lo storytelling è ferreo. Nel racconto che chiude la raccolta del 2010 Shadmi utilizza il point-of-view ( molto familiare ai porno-nauti ) per affondare in una dimensione onirica un completo controllo sulla carnalità femminile.

Il lettore – condividendo la prospettiva dell’autore – subisce le sue visioni quasi cadendo in una struttura ciclica, che segue la struttura di Crudeltà: l’apparente dissociazione tra testo e immagini, che si richiamano in maniera contrappuntista, aumentano la carica simbolica. Il cibo e il corpo femminile si intrecciano sino al parossismo, richiamato dal brontolio feroce dello stomaco che si riverbera nel ventre gonfio e nella pelle simile a fango nella sequenza di pagina 135 e 136. Il tono del racconto è simile: una semi-confessione tra seduta freudiana ( leit motiv dell’ultima sezione della raccolta) e il delirio onirico.
Le ossessioni per il corpo femminile lacerato e deformato dalla gravidanza è comune ad entrambi,

come anche la dissezione del corpo (sempre femminile).

Spostandoci sul versante dell’illustrazione la prossimità aumenta. Koren Shadmi tratta l’illustrazione come uno spazio concettuale atemporale, evitando di pensarla come una scena concreta. È qualcosa che avviene a volte anche nel fumetto di Shintaro, che pone i due ambiti in un orizzonte più prossimo.


Non solo il corpo viene sottomesso alle stesse alterazioni, ma sono condivise talvolta le medesime ossessioni di derivazione cyber-punk

o inversioni della logica che domina il sottogenere hentai noto come tentacle                   rape [7].

Senza dubbio i due autori fanno uso di un immaginario condiviso in maniera funzionale: il corpo diviene luogo di un scrittura possibile, che pone in luce le paranoie collettive di un’umanità da tardo impero. Ma, credo che la motivazione principale, oltre a questo interesse poetico, affondi in un’archetipica concezione estranea all’occidente in cui corpo e anima non sono vissuti come qualcosa di distinto, ma di unico. Infatti, sia la cultura biblica ebraica che la cultura giapponese non operano tale distinzione [8].
Tutto ciò che avviene sul corpo-disegnato come superficie continuamente alterabile, sino ad eccessi ultimi; è una modalità di scrittura del sé e dell’identità individuale e collettiva. Osservando le tavole e le illustrazioni di Shadmi e Shintaro quello che il lettore dovrebbe chiedersi è quanto della propria identità è riversata nelle loro paranoie visuali.

***

Note

[1] Le donne ritratte dall’israeliano hanno sempre un atteggiamento predatorio e distaccato. E’ una tendenza che permane anche in Abaddon, dove ritorna la figura della femme fatale. Vi sono poche eccezioni: in Il guardone, contenuto in Anatomia del Desiderio, il corpo-femminile è ri-costruito con rimasugli e scarti di desiderio, riuscendo ad abbozzare un’imperfetta dichiarazione d’amore; o in Bello da Morire, che chiude il recente Cuori Distratti, dove la vittima è per la prima volta una donna.

[2] Sembra alquanto strano che sia in Bionica che in Il paradiso dei dolci la protagonista subisca una “mutazione” dopo l’essere stata investita da un’auto. Al di là della natura derivativa dell’idea, questo continuo ricorso allude sicuramente ad un immaginario supereroistico ma anch’esso deformato e gettato in una normalità a volte crudele e senza senso, che si interrompe su squarci improvvisi e che ricorda senza dubbio una lunga tradizione letteraria (da Joyce sino a Carver, passando per Yates), ma anche la disperazione e la solitudine dei personaggi di Yoshihiro Tatsumi.

[3] Hamsum, K, Fame, Adelphi Milano, 1974.

[4] http://comicbookresources.com/?page=article&id=20541

[5] http://nycgraphicnovelists.com/2011/02/koren-shadmis-top-5-non-comics.html#more

[6] http://vice.com/read/shintaro-kago-shit-gold-v15n2

[7] http://files.splinder.com/dda4eae6f89ccff0e8f9fdbac5672c4a_medium.jpg L’opera di Hokusai Sogno della moglie del marinaio (1826) è forse l’antecedente della cephalerotica odierna.

[8] La cultura giapponese eredita una concezione complessa del corpo dalla Cina. La distinzione, tanto cara a Cartesio e alla tradizione occidentale, tra mente e corpo è lontana dalla mentalità cinese, che pensa i rapporti tra i due ambiti come un insieme di relazione e rapporti possibili e in continuo mutamento, che nella loro attualizzazione possono essere momentaneamente definiti (al riguardo si veda F. Julien, Nutrire la vita, Cortina Editore, Milano 2006). Basta dare un’occhiata al lessico sia cinese che giapponese per accorgersi della ricchezza dei termini preposti ad indicare il corpo in tutte le sue sfaccettature. Medesima cosa nell’ebraico, dove i segni del patto con il divino sono legati al corpo: dalla circoncisione (milà in ebraico, che rimanda a millà, Parola), ai filatteri, sostituti di tatuaggi che “scrivevano” sul corpo i segni della fedeltà al Dio del patto.

2 risposte a “La Fashionable Paranoia: Koren Shadmi, Kago Shintaro e l’estetica guro

  1. bravo!

  2. Pingback: Animal Man Vol 1 – Lemire/Foreman/Green | Conversazioni sul Fumetto