Vessazioni fra Akab e Ausonia

di Akab

Cominciamo una settimana densa di collaborazioni esterne con queste “vessazioni” fra Akab e Ausonia. -AQ

“Disegni ciechi”, Ausonia (sinistra) e Akab (destra)

akab: davvero una cosa molto piccola. ieri notte in un delirio di associazioni di idee che ora ovviamente non ricordo, mi sono riaffiorate diversi frammenti, stati d’animo, atmosfere di diversi periodi in cui ero impegnato in un progetto. son tornato fisicamente là. respiravo quell’aria. insomma, la mia assurda domanda è questa: ti ricordi ad esempio quando ti è venuto in mente di fare “interni”? che aria respiravi? c’è qualcosa nella percezione che cambia quando arriva una idea? spero non risulti troppo arzigogolata, perché la domanda vuole essere molto concreta.

ausonia: tendo a rimuovere ogni cosa, sono onesto. però ricordo che qualche anno prima, stavo ancora lavorando su “p-hpc”, mi accorsi che le mie pagine disegnate avevano un mucchio di annotazioni a matita, tipo: “mal di testa”, “ore 21:34, l’ora del campanello si avvicina”, “comprare preservativi”, “giornata afosa”, stralci di dialoghi ricavati da telefonate, appunti vari, liste della spesa, trascrizione di sogni… cose che non c’entravano nulla con la storia che stavo disegnando. erano annotazioni che riguardavano me, non i personaggi di “p-hpc”. era una sorta di storia nella storia, qualcosa che rendeva quel libro ancora più inquietante di come poi è venuto fuori. “interni” è nato così, provando a raccontare due storie parallele ma stranamente coincidenti: la mia e quella di albert. un autore che racconta un autore che racconta se stesso. scatole cinesi. matrioska russe.

per quanto riguarda l’aria che respiravo… ho avuto… paura. vergogna. era contravvenire alla prima regola di ogni racconto: smascherare la storia. smascherare la finzione senza però fare del banale metalinguaggio. albert non sa di essere un personaggio. albert non sa nulla di me. sono io che seguendo le intuizioni dello psicologo cognitivista jerome s. bruner ho scoperto che non ero più l’autore di “interni”, ma uno dei suoi personaggi.

è stata una rivelazione dalla quale sono nate altre considerazioni… un grattacapo. un’implosione narrativa. e sì… era sconcertante averci a che fare. un tizio su anobii ha scritto: “un’escalation di creatività che, sviluppandosi in maniera incontrollabile attraverso i tre volumi, passa dalla narrativa pura alla metanarrativa per arrivare alla – come la possiamo chiamare? – paranarrativa.”, ecco… sì. mi sentivo così. para… qualcosa. confuso, soprattutto. e per qualche mese non riuscivo a iniziare a lavorarci. avevo il soggetto di massima, avevo i disegni con la caratterizzazione dei personaggi… ma non riuscivo a iniziare. para… noico. era come entrare di nascosto in un territorio proibito. avevo questa sensazione. quasi di colpevolezza. e forse prima dell’idea, subito prima di sapere di “interni”… sentivo di essere colpevole per qualcosa che avrei commesso di lì a poco.

Ausonia, “disegno cieco”

akab: l’idea degli insetti da dove viene? te lo ricordi?

ausonia: prima sono venuti i personaggi, le loro idee, le loro voci. sai… c’era lo psicologo con l’erre moscia… la timida segretaria, l’editore viscido. li vedevo umani, in bianco e nero. anni sessanta. come in un film con tognazzi. un tognazzi berlinese. umani che però producono merda culturale e se ne cibano. l’idea dell’insetto è stata conseguente. e pure immediata, a quel punto. e li volevo brutti. repellenti. perché il punto era quello di farteli piacere, dopo un po’ che li frequenti. li frequenti e pensi “però sono come noi”. anna è pure sexy. albert è dolce… non è male neanche guardarli scopare. insomma… lì capisci il motivo per cui arrivi ad apprezzare il brutto. piano piano. è mangiandone un cucchiaino alla volta… che ti educhi a fartelo piacere. albert mangia sterco trovandolo delizioso e tu arrivi a trovare anna… sexy. è buffo, credo abbia a che fare con lo spirito di adattabilità.

akab: come con betty boop che è considerata addirittura una icona sexy, ma se fosse reale sarebbe un idrocefalo…cioran insiste molto sul punto che se non è stato sofferto ogni scritto è semplice chiacchiera. io mi accorgo sempre più che ciò che fa la differenza è l’onestà. credo siano tante forme di piccole bugie che compongono una verità più ampia. penso che solo gli stupidi possano mentire continuamente a se stessi.
che rapporto c’è tra il tuo lavoro e la menzogna? non ti sembra che ogni libro in fondo non sia altro che un investigare su se stessi? viaggiare dentro.

ausonia: giorni fa ho visto una ricostruzione in 3d di jessica rabbit ed era mostruosa. una bambola gonfiabile. di carne. ma del resto… potrei dire la stessa cosa di scarlett johansson. ho sempre pensato che noi umani fossimo orrendi. non ho mai creduto fino in fondo a quella balla che chiamano “bellezza fisica”. comunque per anna mi sono spinto un po’ oltre. non ha le labbra, non ha nemmeno le mani… ma l’immaginario erotico maschile è davvero triviale, metti delle ciglia finte e un paio di tette a un coala e qualcuno potrebbe già trovarlo sexy. siamo dei sempliciotti. di fatto ci sappiamo ingannare: vediamo il bello anche dove non c’è.

e qui arriviamo all’onestà, che non esiste, in senso prettamente narrativo. un autore è un bugiardo. sempre. l’unica sincerità/onesta è legata al non sottostare alla stupidità (presunta) di chi potrebbe leggerti. non voglio fare da tramite o da semplificatore tra un’idea interessante e un (presunto) lettore svogliato. non voglio essere un traduttore per le masse. faccio i miei libri, se qualcuno ha la voglia di leggerseli mi fa molto piacere… ma non aspiro a scrivere best seller. perché sono d’accordo con te, scrivere è senz’altro un’indagine su se stessi. intima. ma… cosa non lo è? ricevi un invito a cena e lo accetti, giusto per verificare se quella persona possa interessarti, in qualche modo. assaggi un vino che non conosci, viaggi, te ne stai a letto… tutto è un indagare.

Akab, “disegno cieco”

akab: il personaggio dell’editor mentale in “interni” è sicuramente una delle trovate più centrate, ma conoscendoti so che il livello di sdoppiamento che riesci a raggiungere ti porta a poter arrivare a due conclusioni opposte sullo stesso argomento, potendole argomentare entrambe con la stessa energia e convinzione. la domanda è: come và la schizofrenia? ti capita di ritrovarti a parlare con te stesso anche ad alta voce? e in totale contrasto?

ausonia: cazzo. sì, la risposta è sì. a tutto. l’unico sì, pieno, riesco a darlo a una domanda come questa.

akab: lo temevo…

ausonia: in psicoanalisi si chiama ambivalenza. ma in effetti l’editor mentale non è altro che la “personaggificazione” di una parte di me. non ho dovuto inventare nulla, è per questo che risulta così credibile. vero. io sono il primo detrattore di me stesso… e parafrasando il dottor hoenikker di “ghiaccio-nove” di vonnegut: “non so se sono d’accordo o no, è solo che mi riesce difficile capire in che modo l’opinione, da sola, possa essere sufficiente per una persona”.

akab: un cercare di conoscersi per arrivare a guarirsi.
cmq stavo ripensando alla domanda iniziale. una cosa che avevamo già toccato in un passato scambio. una specie di momento perfetto che in qualche modo si cerca di ricreare ancora e ancora nel procedimento creativo. cioè: cos’è che ancora ti può piacere nel fare una cosa che hai già fatto centinaia di volte? a me viene in mente solo l’estraniamento in cui vago quando sono dentro le cose che sto facendo. è come un up di una droga. una cosa da cui poi si esce e si è di nuovo qui. nella lucidità.

ausonia: è “l’estensione del dominio della lotta” per dirla alla houellebecq. dopo i sedici anni hai già vissuto tutto. hai scoperto il sesso, la droga, l’arte… di cose significative da scoprire ne restano ben poche. quasi nessuna. scrivere, disegnare, è l’unica esperienza che si rinnova ogni volta, da zero. come per il mito della “memoria da pesce rosso”. ecco, con i libri io sono come un pesce rosso. non ricordo praticamente niente dell’esperienza precedente. e… ogni volta è una rivelazione. e credo che sia per questo che cambio sempre tecnica, formato, strutture narrative. è un modo per continuare a vivere e provare una forma di forte entusiasmo per qualcosa. e credo, invece, che quello stato di coscienza e di strano benessere sia una forma di lucidità.
aspetta. il mio editor mentale mi dice che no, non si tratta di lucidità.
vabbeh… dice che è uno stato di trance. “la trance è uno stato psicofisiologico caratterizzato da fenomeni quali insensibilità agli stimoli esterni, perdita o attenuazione della coscienza, dissociazione psichica che può essere indotto mediante ipnosi o autoipnosi. non la chiamerei proprio ‘lucidità'”, dice lui. ok. consapevolezza. tolgo lucidità e ci metto consapevolezza. 

Ausonia, “disegno cieco”

akab: lucidità per far rima con realtà. ma davvero DAVVERO ho messo in discussione la realtà percettiva per troppe e troppe volte per poterla considerare reale. ti racconto questa. tutto vero. notte di capodanno io e la isa decidiamo d starcene a casa. con molto mdma. una volta ogni tanto. su via. cmq a me in md piace disegnare con gli occhi chiusi. ma da matti! come da bambino. vengono cose che mai e poi mai farei con gli occhi aperti (te le devo mandare). in una session sola entro davvero di nuovo in contatto con il senso più puro del disegno. con gli occhi chiusi rivedo tutte le forme che vorrei restituire. poi riapro gli occhi. e vedo perfette animazioni stedoscopiche fatte solo di luce muoversi armoniosamente sul foglio bianco. rimango ore a vederlo mutare in tutte le sue acrobazie impossibili. vedo tutta la storia umana. perfetta. cazzo. credimi. perfetta. come bassorilievi bianchi su bianco. ma perfettamente visibili. non ho le parole per dirti quanto fossero nitide le figure che si formavano. no ho proprio le parole. vabbhè. tutta sta parte la toglierò. tutto questo era per dire che sono stato intrattenuto NELLA PIU’ ALTA delle maniere possibili. da un foglio bianco. per ore. non c’è nessun autore al mondo che possa competere con questo tipo di scambio di informazioni. ed era un foglio bianco. solo un foglio bianco.

Akab, “disegno cieco”

ausonia: fantastico. sotto acido ho letto dei fumetti bellissimi. in effetti. a casa di un amico… ricordo che c’erano dei numeri di brad barron e altra roba, tipo dei vecchi fumetti della corno, ti giuro… erano formidabili. che, oh, è quasi la stessa cosa del farsi emozionare da un foglio bianco, eh?

akab: appunto. ma cazzo se è tutto dentro (ed è chiaramente tutto dentro), il resto è solo un inutile spreco di energie.

ausonia: no. da questo punto di vista mi è sempre piaciuto il lato artigianale del fare le cose. del renderle “reali”. fruibili da qualcun altro. prendi un’idea e per traghettarla nella realtà devi darle un corpo. è come mettere la carne intorno a un’anima. è per questo, forse, che si parla di “creazione artistica”. e l’onestà sta tutta qui, nel cercare di traghettare quell’idea in modo più fedele possibile. senza barare. senza apporre troppi filtri… snaturandola. è complicato. ma quando ci riesci capisci che il tuo lavoro ha un valore. e lo sai solo tu. può non piacere agli altri, certo, ma tu sai che ciò che hai fatto ha un valore immenso. è una roba molto umana… ti rende un uomo migliore.

akab: ma contemporaneamente ti ho spesso sentito lamentarti del disegno. cosa non ti piace del disegnare? che rapporto è il tuo con il segno?

ausonia: amore/odio. disegno da sempre. come tutte le cose che ti riescono bene rischiano di annoiarti facilmente. è per questo che sperimento tecniche diverse per ogni lavoro. è un modo per mettermi in difficoltà, per costringermi a studiare e non addormentarmi sugli allori. la cosa che da ragazzino mi stupiva, quando guardavo i lavori di certi maestri del fumetto, era la loro coerenza stilistica che si perpetrava nei decenni. e… ecco, quella coerenza non mi è mai sembrata un traguardo. un valore. anzi, l’ho sempre percepita come una stagnazione. un impaludamento. pensa a come cambia la tua firma negli anni, si modifica continuamente. e come può, il segno, rimanere immutato nel tempo? la coerenza è refrattaria all’evoluzione naturale delle cose. è una forma di chiusura estrema, è… reazionaria. nel corso degli anni cambia la tua voce, il tuo corpo, cambiano le tue idee, i tuoi gusti… e il segno lo imbrigli in una sorta di ibernazione forzata? è… stupido. le cose, tutte le cose, vanno lasciate fluire. ma evidentemente quello che fanno certi disegnatori è creasi un brand. un marchio di fabbrica. è una roba che ha più a che fare col commercio che con la creatività. essere riconoscibili è un modo abbastanza banale per imporsi in un mercato. che noia! l’aspetto deprimente è che poi tutte queste balle qua sullo stile, l’originalità… ti vengono spacciate per valori intrinseci.
caro akab… viviamo in un mondo di valori rovesciati.

Ausonia, “disegno cieco”

akab: è il principio di polarità: tutto è duale, tutto ha due poli, ogni cosa ha il suo opposto. Ogni cosa “è” e “non “è” allo stesso tempo, ogni verità non è che una mezza verità e al contempo una mezza falsità. Gli opposti condividono la stessa natura in gradi diversi, gli estremi si toccano, tutti i paradossi possono essere riconciliati.
Sembri vivere davvero il tuo lavoro come una missione. quindi ti chiedo ti è rimasto uno spazio di divertimento?

Akab, “disegno cieco”

ausonia: ma no… è che ho una concezione tutta mia del divertimento. ho una concezione tutta mia dell’esistenza, a dirla tutta. le cose che generalmente divertono le persone mi lasciano abbastanza (o del tutto) indifferente. complicarmi la vita coi libri è una forma di divertimento molto personale e ricercata, sofferta quanto vuoi, ma appagante.

però, sì, per anni ho vissuto la cosa davvero come una missione, se da ragazzino non disegnavo tutti i giorni venivo divorato dai sensi di colpa.adesso la cosa è diversa, forse perché un paio di librini per me davvero importanti sono riuscito a traghettarli per intero qui, nella cosiddetta realtà e questo mi ha tolto un po’ di smania. realizzo le mie cose con molta più calma… e la cosa credo giovi molto al risultato finale. porto avanti più progetti contemporaneamente, quindi non mi forzo mai… mi assecondo in ogni momento della giornata. e se per una settimana non sento l’urgenza di fare… non faccio.non dedico mai più della metà del mio tempo al lavoro, mi alzo tardi, vado a letto tardi… è che sono molto veloce, di “interni” riuscivo a disegnare anche otto pagine al giorno. in questi ultimi anni, i sensi di colpa, mi vengono se non dedico abbastanza tempo alle persone che amo, ad esempio. e poi, in qualche modo, ci finiscono dentro ai miei libri, quelle persone. magari per certe cose che mi hanno detto, per dei luoghi che mi hanno fatto vistare… quello che senza accorgermene sto facendo è di portare tutto ciò che vivo in quello che faccio. sto fondendo tutto. in una sorta di… delirio… la distinzione tra vita e creatività è sempre meno marcata. è un privilegio assoluto, vivere così. è una cosa fantastica.

akab: amen.

ausonia: è quella roba conradiana: “come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando”…

akab: c’è una questione che abbiamo sfiorato e io stesso per (cattiva) abitudine ho glissato ma che mi piacerebbe moltissimo trattare con te. un argomento tabù per ignoranza. le droghe. trovo incredibile che non si possa parlare in maniera adulta dell’uso creativo delle sostanze stupefacenti. gli unici casi in cui viene tirata fuori è solo per puntare il dito sugli aspetti negativi. che ci sono. ma come in tutte le altre cose. tu non hai mai nascosto che in passato hai fatto uso di lsd. credi che questo abbia in qualche modo influenzato il tuo lavoro?

ausonia: in passato. ahahah!

comunque… sì. mi ha influenzato. come tutto il resto. la droga non la metto al primo posto tra i tipi di benzina che attivano il mio motore creativo, proprio no, ma ha un suo posto. mi ha fatto scoprire delle cose su di me, mi ha reso certamente più consapevole e “aperto”. sono troppo curioso per escludermi certe esperienze. devo dire che in passato la cosa… insomma, mi ero fatto prendere un po’ troppo la mano. sono un vizioso. dovevo stare più attento.

dopo abc scriverò e disegnerò una cosa a cui penso da anni e… l’ho ricavata totalmente da un sogno che ho fatto quattro o cinque anni fa. ecco, il sognare, la notte, è in assoluto la cosa che più mi ha stimolato da sempre. dormire è la droga che preferisco in assoluto. su tutte.

Ausonia, “disegno cieco”

akab: sì.

ausonia: è eroina, allucinogeni, anfetamina, oppioidi vari, cannabinoidi… tutto insieme. in una dose unica. e non ti ammazza. anzi, se hai la fortuna di ricordarti per intero alcuni sogni cominci pure a dubitare della realtà che ritrovi al risveglio sul tuo cuscino.
cazzo. l’era post-illuministica che stiamo vivendo è allergica al sogno. fa di tutto per tenertici lontano.

Akab, “disegno cieco”

akab: come dice dalì. la droga sono io. sono giorni strani questi per me. direi belli, per certi versi quasi ideali. sono concentrato su quello che sto facendo. sono spesso in immersione. e mi piace. mi piace ma mi tiene lontano dal resto. dalla superficie. forse mi piace proprio per questo. è stata strana anche questa chiacchierata con te. mi scuso se sono stato al di sotto delle mie capacità. nel senso che io davvero ammiro molto quello che fai. e per molte ragioni ti sento vicino. penso a quando non eri ancora ausonia e vedevo i tuoi disegni come strabilianti e brutti allo stesso tempo. mi ricordo che mi sembravano tutti manichini. rigidi. il tuo lavoro da ciampi era quasi da tassidermista. erano rigidi come morti. l’impagliavi. facevi disegni di cadaveri che posizionavi come witkin fa con la fotografia. ma erano brutti. strabilianti. ma brutti. con ausonia e ciampi fai “p-hcp” . mi ricordo che avevo letto una stesura che si chiamava “nel termo distruttore di facce” uno dei titoli più belli che abbia mai sentito. anche la storia. perfetta per la staffetta tra rigidi morti e nuovi più maturi disegni. vivi. ok, “beauty industries”. qui ausonia mette una pietra sopra a ciampi e fa i disegni belli. tutto si conclude (per ora) con “interni”. diviso in tre. il primo medio – la vita. il secondo bello – la morte. il terzo bellissimo – la resurrezione.
e ora ti chiedo: e “abc” ?

ausonia: ahahah! mi ha divertito leggere questa cosa. la staticità mi piace ancora. “seriuos toyz” è la celebrazione massima della staticità, ed è venuto dopo “beauty industries”. e al di là del testo, che era poco più di un pretesto, il lavoro su quel libro era proprio cercare di dimostrare che la percezione che abbiamo di un personaggio disegnato, immobile e sempre uguale a se stesso, cambia, comunque, in funzione a ciò che dice o prova: se ride lo vedrai ridere, se piange lo vedrai piangere. è l’essenza del fumetto: il rapporto tra immagine e parola sommato alla capacità del lettore di rendere tutto di senso compiuto. questo per dire che non vedo il mio percorso così lineare. mi piace anche tornare indietro, a volte. disegnare bene non è certo un obiettivo. ci sono storie che richiedono un disegno più chiaro e maggiormente fluido (“pinocchio” lo richiedeva, ad esempio, e anche “interni”), ma è davvero tutto legato a ciò che voglio raccontare e a che tipo di sollecitazioni mi ispirano certe storie. non credo nemmeno che ci sia una reale evoluzione.

ogni volta che leggo delle analisi più o meno approfondite sul mio lavoro provo sempre un po’ di sconcerto.

su “abc”…è un racconto sull’etica vista come un’utopia. sul bisogno che ha l’uomo di ingannarsi continuamente. sulla morte e su dio. ma anche sui sassi, le foglie secche e il denaro. vorrei presentarlo a napoli. ma mi sta facendo impazzire questo fumetto. vediamo.

akab: ci sono delle volte che per settimane non vedo altri esseri umani. se escludiamo internet e il tabaccaio praticamente conduco una esistenza (ti rubo una tua definizione) da quasi eremita. insomma non c’è alcun dubbio che il mestiere del fumettista sia solitario. ora ti chiedo, ma secondo te la nostra è un’indole o una conseguenza?

ausonia: un’indole. tutto sommato scegliersi un’occupazione che renda la tua voglia di startene da solo socialmente accettabile è una specie di alibi perfetto. che poi è tutto davvero strano, perché amo stare con gli amici e anche con gli sconosciuti… è che le storie sono esigenti, quando provi a raccontarne una e te ne innamori… tutto passa in secondo piano. in quei momenti non vedi nessuno. ed è strano pure dire questo, a pensarci bene, perché, in fondo, non sei mai da solo quando racconti qualcosa. ci sono personaggi che interagiscono tra di loro, si raccontano… in qualche modo per te che scrivi è comunque un modo per fare esperienza, crescere e… sembrerà assurdo, ma è una forma di vita sociale pure quella.

Ausonia, “disegno cieco”

akab: la mia sensazione è che in italia l’ambiente del fumetto sia talmente di basso livello che tutti quelli che hanno un vero talento e qualcosa da dire non vedono l’ora di uscirne. se vuoi come i topi che abbandonano la nave. e il peggio è che non c’è più nulla da fare. allora ti chiedo, dove è avvenuto l’incidente? quale è stato il nostro iceberg? si poteva evitare?

Akab, “disegno cieco”

ausonia: ma guarda, è una cosa un po’ tutta da ridere. giorni fa riflettevo su questa cosa: le vere star italiane del fumetto (mi riferisco a quegli autori molto noti, che oltre a essere molto letti sgomitano quotidianamente su internet per avere una continuativa visibilità) hanno più o meno lo stesso mio numero di amici su facebook. giusto qualche migliaio. e io sono un autore di nicchia, eh… uno che se lo leggono in quattro gatti. e allora penso, ma se i tuoi fumetti nazional-popolari, mensilmente, vendono quanto i dischi di tiziano ferro… dove cazzo sono tutti i tuoi fan? dovresti averne a camionate. almeno. e invece no. mi segui? è strana questa cosa. hanno centinaia di migliaia di lettori ma pochissimi che siano davvero interessati al loro lavoro. mi sono dato tre risposte a questo dilemma: la prima è che i grossi editori si comprano da soli i fumetti che pubblicano (e questa l’ho scartata subito perché è una stronzata. ovvio); la seconda è che i lettori di fumetti snobbano facebook (altra cosa molto improbabile); la terza è che nel fumetto a differenza del cinema, della musica, della letteratura e della televisione ci sono i fruitori, ma mancano i veri appassionati. sì, le persone li comprano, i fumetti, e li leggono, ma poi finisce lì. hanno, in definitiva, lo stesso atteggiamento di chi compra le patatine. le compri, le mangi, getti la confezione vuota nel cestino e poi… niente. non è che vai sulla pagina della san carlo a commentare se erano buone o no. gli scrittori di best seller (anche quelli italiani) hanno orde di fan, gli attori, i giornalisti, i cantanti… stessa cosa. i fumettisti nazional-popolari, no. com’è possibile? è una roba che non torna. a meno che la stragrande maggioranza di quei lettori lo faccia di nascosto. quasi vergognandosene. non so. credo di no. davvero. è un mistero, comunque. non mi so dare nessuna risposta.

questo per dire che a volte ho la sensazione che il mondo fumetto sia un’invenzione. una roba che ci siamo inventati noi autori, editori, distributori ma che di fatto non esiste. e di fatto non esiste sul serio, il giorno che su la repubblica troverò un articolo indignato, scritto dalla solita natalia aspesi, sul fatto che diego cajelli sul suo blog non riesce a scrivere ‘cultura’ senza il ‘cul-cul’ davanti, capirò che i fumettisti esistono e che questo paese se ne è finalmente accorto. ma per adesso ho grossi dubbi. e spero anche che qualcuno, se le ha, mi fornisca delle risposte a riguardo.

akab: ahahahah!! fantastico! una sorta di delirio paranoico alla philip k. dick! in realtà è solo un modo per tenerci impegnati con qualcosa. tipo un recinto.

ausonia: ma sì. ne sono quasi convinto.

42 risposte a “Vessazioni fra Akab e Ausonia

  1. Bella chiacchierata. A parte il discorso della dualità, su cui non seguo (la dualità la creiano SEMPRE noi), ci sono tanti spunti interessanti (anche se a volte sembra trasparire la voglia – tutta italiana – di prendersi troppo sul serio).
    Detto questo, prendersi sul serio, nel modo giusto, è quasi un valore, in un settore (quello del fumetto) dove, prima di tutto, mancano le ambizioni (e Dio solo sa quanto ce n’è bisogno, oggi).
    Seguo invece il discorso sul fatto che il fumetto non abbia rilevanza e che la rilevanza sia creata dagli stessi fumettisti. Point taken.

  2. Akab è proprio bravo come intervistatore…..dovresti pensare di cambiare lavoro! ^__^

  3. para… para… Paraculo!

    con immutato affetto,
    Trinche.

  4. Dai ora ho letto tutto, bellina. I Disegni cechi sono CLAMOROSI. Dovreste fare un libro voi due solo di disegni cechi.

  5. ah… si scrive ciechi, eh… vedi quante cose scopro. mai capita sta cosa di cielo.

  6. – ehi, guarda il celo!
    – manca.

  7. Bello scambio.
    Perché le star del fumetto italiano hanno pochi amici su facebook?
    Premesso che a me di facebook non frega niente, forse sono rimasto l’unico in Italia a non esservi, secondo me la ragione è che in Italia il fumetto è considerato una cosa seria da poche persone; gli altri sono massa pagante, che magari compra il best-seller a fumetti così come compra quello di Dan Brown, ma accredita a Dan Brown uno status culturale (per quanto assurdo possa sembrare) superiore a quello di qualunque fumetto.

    Forse. Forse no. Mah… Bisognerebbe fare un sondaggio su facebook.

  8. Marco Pellitteri

    Questi “disegni ciechi” aprono nuovi orizzonti!

  9. Tanto nuovi non sono come orizzonti, date un’occhiata qui:

    http://a-hole-in-the-head.blogspot.com/2007/07/eyes-wide-shut-in-1947-life-magazine.html

    Bella intervista comunque, per quanto alcuni atteggiamenti mi paiano un po’ troppo costruiti ad arte. Ed è vero, vi prendete troppo sul serio, sempre disegnini dentro quadratini sono.

  10. che figo il link! milton caniff in acido!

  11. ma sì… è vero. gli scrittori mettono paroline su paginine bianche, i pittori pennellatine su telettine, i chirurghi le manine nelle feritine.
    siamo tutti italianini, no?

  12. quadratini quasi mai in realtà, rettangolini per lo più.

  13. Come di consueto Ausonia subito reagisce piccato…com’era quella storia del prendersi troppo sul serio?

    @akab: quello di caniff lì è anche il mio preferito.

    @gio: e ci hai ragione, ma famo a capisse.

  14. in realtà è che non ho voglia. ma penso che questa abitudine a minimizare contribuisca allo stato (imbarazzante) delle cose. poi troppo serio o serio per niente sono la stessa cosa. e il mio preferito è di gran lunga quello di Frank King.

  15. luc: come di consueto, reagisco piccato agli italianini. solo a loro.

  16. Il mio minimizzare era ironico, akab.
    @ausonia: contento tu…

  17. luc: si si. era solo per prenderti per il culo.
    Io tutta questa seriosità non ce la vedo. Parlano ad un livello abbastanza base del lavoro dell’autore, delle personali idiosincrasie, dei procedimenti creativi. Gente che comunque ha fatto svariati libri, possono piacere, possono non piacere, ma non è che stanno al bar a dire che formazione era megli mettere in campo, sono in campo. Il loro campo è il fumetto, le arti visive, la narrazione, la video arte, la fotografia. Sono entrambi artisti con interessi trasversali, e in linea di massima ottengono riconoscimenti in qualsiasi cosa si applichino. Possono piacere, possono non piacere, a me Pinocchio più che ci penso meno mi piace, Beaty industries è incomprensibile, Serus Toys una cagata, Interni non completamente centrato, Phpc troppo lungo. Questo non vuol dire che io non apprezzi il lavoro di autore del Ciampi, le riflessioni sul ruolo dell’artista. Cazzo, sono loro che parlano del loro lavoro, cosa ti devono dire:”no, sai, io lo faccio per divertirmi così un po’ a cazzo di cane e perchè in qualche modo si deve campare”. Ehnnò, porcozzio, ti diranno quello in cui credono. Se no andiamo tutti a lavorare alle poste, e vediamo se li non si prendono sul serio.

  18. Guarda che io son pure d’accordo con te eh…non voglio banalizzare ciò che han detto i due autori, ho scritto pure che è una bella intervista, è stata la prima cosa che ho scritto. Semplicemente io, piaccia o non piaccia, assieme alle cose interessanti che si son dette, ci ho visto pure un bel po’ di pose, e pure un paio di banalità da artistoidi maudit (la parte sulle droghe). Poi oh, mi sbaglierò io…chevvedevodì.
    Comunque m’è piaciuto il tuo catalogo di micro-recensioni, ripropongo il mio:
    Pinocchio lo trovai bellino ma a tratti troppo manierato/teatrale nella scrittura e un po’ paraculo qua e là (bellissimo finale però); Beauty Industries pure era carino, specie visivamente, un po’ un esercizio abbastanza fine a se stesso, quello sì (ma magari Ausonia c’aveva pure bisogno di soldi in quel periodo lì, hai visto mai); Serious Toyz pure io lo giudico il libro più debole, a tratti retorico in senso spicciolo e, in sostanza, davvero dimenticabile; su Interni son d’accordo con te, poco centrato è il termine adatto, bellissimi i disegni degli insetti, assai meno i dialoghi (proprio dal punto di vista della scrittura) e gli espedienti meta/paranarrativi che dir si voglia (magari a qualcun saran parsi pure una figata, ma si vede che han letto poco), pessime invece le foto come sempre in Ausonia secondo me, il bel senso della regia che si nota nelle tavole disegnate sembra andare a farsi fottere e vuoi per gli attori vuoi per la scarsa capacità di suggestionare son più vicine visivamente alle italiche fiction che ad altro; idem si può dire per Phpc che ha però il merito di esser scritto meglio, peccato che proprio qui pure le tavole disegnate mostrino una minore padronanza tecnica (ma suppongo risalgano a un periodo anteriore rispetto ad altre cose) e che alcuni effettini digitali col passare del tempo si sian dimostrati un po’ deboli.

    E con questo pure io voglio dire che non è che non apprezzo il lavoro di Ausonia, per lo meno in qualche modo ti sorprende sempre a differenza di tanti che non fanno altro che riciclarsi (Gipi? Ci sei?). Poi io personalmente penso che per certi versi proprio nei suoi lavori si prenda un po’ troppo sul serio e che questo si esplichi in opere che alle volte sfiorano sin troppo l’esposizione programmatica di una certa retorica cara all’autore.

  19. dai ciampi, alla fine non è un coglione. Non te la prendere.
    un bacio a tutti.

  20. è tutta fiction.io non mi sono mai drogato.

  21. Io invece mi drogo regolarmente e secondo me Serious Toyz è fantastico e Interni pure. C’è un nesso?
    Però meglio di tutti rimane Scòzzari.

  22. le opinioni sono tutte buone. i gusti pure.
    prendi tre lettori di scòzzari e ti diranno che è un genio, un sopravvalutato, uno che fa le cose per soldi.
    è sempre la stessa storia.

  23. Beh, però Scòzzari…
    -genio è un’opinione, occhèi;
    -sopravvalutato non è un’opinione, è impossibbile, nun c’è riscontro: nun se lo caca nisciuno, chi cazz ‘o sopravvaluta mo’, ah, dicono quello che ci presto il fumetto di Scòzzari e ci dico figata e lui lo legge e poi mi dice soccia pensavo meglio, ma quello non conta, lo conosco, è mio cognato e legge solo i giornali porno tipo Libero e TV Sor.Ca.;
    -per soldi, dicono? Ma proprio non esiste, che anzi avanza ancora, si sa, magari adesso al Male qualche svanzica arriva, ma c’ha quasi settant’anni, un po’ tardi per la plutocrazia mannaggia al pupparuolo, quanti anni a disegnar gratis quando ci si poteva vender prima, che forse pagavano pure meglio porca la crisi.

    Ma non parliamo di Scòzzari. Parliamo di te. Cosa pensi tu di Scòzzari?

  24. a scòzzari voglio bene e il suo lavoro mi piace. ma non rispondevo solo a te nel mio commento, era solo per dire che tutti gli autori hanno dei detrattori e va benissimo così.

  25. Ma sì, dai, non occorre che ti spieghi, si era già capito, va là che sei un poco ansioso! Non che ciò non traspaia dalle tue opere, hehehe…

    Il mio era solo un divertimento a spese dei detrattori, questi zozzoni che sparano sentenze a palle incatenate senza avere la caratura intellettuale per farlo… se ce l’avessero sarebbero critici, non detrattori (e specifico subito che non mi riferisco ai partecipanti a questa discussione, che il grado di litigiosità è alto e non vorrei esageracerbare).

    Ma che si detraggono poi, dico io? Ma detraetemi un poco Tex, se avete coraggio, che poi arriva in groppa a Dinamite e vi riempie di sganassoni; capaci tutti di prendersela con i fumetti di nicchia, tsè.

    Adesso parlo seriamente (una premessa sconfortante): a me, quelli che nei loro fumetti ci mettono l’impegno agonistico, il fuoco sacro, il corpo a corpo con la tavola, quelli che nelle storie ci cacano dentro il loro mondo interiore (non necessariamente le menate autobiografiche, ma se son bravi pure quelle) e lo riplasmano in forma di rosa o di stronzo, a seconda del momento, quelli che cercano di battere vie nuove, anche se magari non arrivano da nessuna parte, a me quelli lì, anche se magari a volte quando li leggo mi fan schifo, li rispetto sempre e comunque, perché c’hanno l’ambizione, mica paglia.
    Meglio essere ambiziosi e sbagliare il bersaglio per generosità, che non avere bersaglio alcuno al quale tendere un inesistente arco e una freccia spuntata.
    Ma non vorrei dare l’impressione di prendermi troppo sul serio.

    P.S. Ma se ti stanno (giustamente) in kool-oh gli italianini che buttan tutto in farsa, perché katzawh ti fai chiamare Ausonia? Ma non era meglio se ti facevi chiamare Gongoro? Oppure Buruburu Kitantrato? Ti piace Buruburu Kitantrato? Te lo regalo, è di Jacovitti.

  26. ma dove la vedi l’ansia? siamo qui a chiacchierare, tipo al bar, e chiacchieriamo.
    quando pubblichi qualcosa tutti hanno il diritto di parlarne, di esprimere elogi, critiche, giudizi trancianti… è il bello del fare le cose. credo. ho i miei lettori affezionati e chi mi detesta. come ogni autore che si rispetti. se non metti in conto questo e speri di piacere a tutti è meglio che non ti metti a fare libri, no?

    vai in pace—

  27. Io però non vorrei esser passato per detrattore eh Ausò. Rompo i cojoni, quello sì, ma detrattore non sono. Ho letto e molte cose tue le ho pure apprezzate…poi tendo a criticare pure da cagacazzo ma come dici tu fa parte del gioco.

    Del capitano akab invece nulla lessi, per quanto i disegni suoi che cicciano qua e là per la rete in genere mi piacciano un bel po’.

    E comunque secondo muà scozzari un po’ sopravvalutato lo è/lo è stato. Ma pure Pazienza se è per quello, me lo son riletto di recente, ed è un autore che per molti versi è invecchiato malissimo. Come scozzari appunto.

  28. ma non ti preoccupare, certe cose le prendo con molta leggerezza (a proposito del prendersi sul serio), poi sono un chiacchierone e mi piace parlarne. se leggo che p-hpc non è un libro riuscito perché come dice gio è “troppo lungo” mi ci faccio anche una risata sopra. altrimenti mi cadono le braccia, le gambe e i coglioni. dai. ma che affermazione è? non vuol dire nulla. insomma… ci sono pessimi fumettisti, certo, ma ci sono pure pessimi lettori di fumetti.

    su pazienza, non so. non sono mai stato un suo grandissimo estimatore e invece negli ultimi anni lo sto apprezzando molto. forse perché prendeva il suo lavoro dannatamente sul serio. te la sei letta l’intervista che trovi qui sulla colonnina di sinistra? bellissima. mi sono quasi commosso. ma dove le leggi certe cose ultimamente? un grande.

  29. intendevo ansia di farsi capire perfettamente e non lasciare lacun margine all’incomprensione (non all’ambiguità, all’incomprensione, eh).

    ci siamo intesi.

  30. Su p-hpc, non vorrei far l’esegeta delle altrui opinioni, ma forse gio intendeva dire che è troppo lungo nel senso che, secondo lui, si prende troppo tempo per dispiegare la materia narrativa e che qualche taglio avrebbe giovato all’equilibrio generale. Poi questa non è la mia impressione, lo trovo forse il tuo libro più riuscito nel complesso, certo quello con la storia più interessante. Ma insomma magari gio non si è semplicemente annoiato perchè è lungo o impegnativo (anche from hell è lungo è impegnativo ma è bellissimo, per fare un esempio), e magari il suo commento qualcosa vorrà dire.

    L’intervista ora me la leggo, comunque io mi riferisco alle storie e ai disegni suoi in se per se. Che c’avesse una bella testa e facesse riflessioni non banali non lo metto in dubbio, però ecco…le opere secondo me sono per molti versi troppo legate al periodo in cui son state fatte. E’ un bello specchio dei tempi, ma gli anni le fanno invecchiare maluccio secondo me. Molta della carica sovversiva (e pure un po’ reazionaria bisogna ammetterlo) s’è assai stemperata guardata con occhi moderni. Una cosa che, per dire, non succede con Arancia Meccanica (e toh c’ho infilato pure il sommo Kubrick), con Zanardi sì, e pure tanto.

  31. Aaaaargh, tu dire Scòz sopravvalutato, tu pazzo!

    Vabbeh, a parte le scemenze, mi sono appena riletto con piglio anatomizzante tutto (tutto!) Scòzzari e mi è sembrato ancor più decisivo adesso di allora; in particolare la raccolta Altri cieli, pazzesca per linguaggio e inventiva.
    Pensa te le opinioni quanto possono differire…

    Su Pazienza invece il mio giudizio oscilla tra il tuo e quello di Aus: Pentothal mi pare una vaccata, tutto splendore e zero sostanza, mentre Zanardi lo trovo sempre più maiuscolo, anche nelle storielle più tirate via.

  32. p-hpc sono contento di averlo scritto proprio perché così non devo leggerlo. e non è una battuta. è ridondante all’eccesso. ti racconta per due volte la stessa storia e sai già come andrà a finire. è la cosa più verbosa e pallosa di questo mondo. ma se dovessi rifarlo ci aggiungerei altre cento pagine sui miseri pensieri di uto. però già così arrivi alla fine e pensi: sarah e uto erano già vuotissimi ancor prima di crepare. facevano pena anche da umani. e non penseresti questo se togliessi qualcosa. è quella dilatazione eccessiva e (per me) insopportabile che ti fa capire il contenuto di quella storia.

    certo, fare un libro basato su questi presupposti non è certo la cosa più furba che puoi fare (e la stessa cosa la potrei dire per “interni”, eh. ho una stima e un affetto infiniti per chi è riuscito a leggerseli tutti e tre). ma se fossi uno furbo sarei in america a disegnare per la marvel.
    da lettore… non mi piacciono i libri “belli”, mi piacciono quelli interessanti. quelli che mi sfiniscono.

  33. Questa risposta mi piace assai, lasciamelo dire. Siamo più in sintonia di quanto pensassi.

    Considerando la tua ultima frase, che ne pensi di David Forster Wallace? Rientra appieno nella tua definizione.

  34. (ma che è un’intervista dopo l’intervista? vieni a casa mia e facciamo prima!) wallace, devo ancora leggere il re pallido.
    “l’esistenza e la vita spezzano continuamente le persone in tutti i cazzo di modi possibili e immaginabili”

  35. secondo me vi state prendendo un po’ troppo sul serio. (cit.)

  36. Eh eh eh. 🙂