Intervista LRNZ – ASTROGAMMA, I FRATELLI DEL CIELO e molto altro

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Lorenzo Ceccotti aka LRNZ è da tempo riconosciuto come uno dei più multiformi, versatili e talentuosi disegnatori italiani dei nostri tempi. La sua carriera vanta collaborazioni prestigiose che lo hanno condotto ad esplorare ogni aspetto della creatività grafica, ma finora non era mai riuscito a raggiungere la maturità di un’opera fumettistica. Ora, ha finalmente completato Astrogamma, storia che soffriva da anni di una complessa gestazione, e lo ha fatto in maniera spettacolare: come sentenziava il profilo Facebook dei Superamici quest’estate,  ha realizzato un fumetto lunghissimo nel tempo di un aperitivo  (scoprirete tra poco che non parlo casualmente dei Superamici  al passato).  Ma, non solo: Lorenzo è uno dei più appassionati, enciclopedici, maniacalmente filologici esperti di fumetto (e videogiochi, e cartoni animati, e …) che possiate incontrare.  

Oltre a questo, è sostanzialmente il mio migliore amico da 20 anni.

Comprenderete ora la speciale risonanza, per chi scrive, di questa intervista, anche perché si configura come prima rivelazione sulla nuova natura di quelli che una volta erano i Superamici.

CZ Affrontiamo subito un nodo cruciale. Generalmente, il tratto distintivo del tuo stile viene identificato con una forte influenza giapponese. Pensi sia un’etichetta che ti è stata appiccicata, o è davvero il riferimento principale della tua ispirazione?

LRNZ C’è un fraintendimento notevole, ma legittimo, a riguardo.
Ed è pertinente alla distinzione che c’è tra fumetto ed illustrazione.
Quindi prima di esprimermi a riguardo, vorrei esplorare questa differenza.

CZ Infatti, tutti concordano sul tuo valore come illustratore, ma da anni si attendeva una tua prova matura da fumettista, dopo numerosi tentativi negli anni passati.
Puoi approfondire la relazione fra questi due aspetti?

LRNZ C’è a riguardo una cosa bellissima scritta da un pittore giapponese da poco approdato al fumetto, che si chiama, Yuichi Yokoyama.
Ha sintetizzato in una riflessione magnifica una teoria che avevo in qualche modo intuito e applicato da tempo. Yokoyama inizialmente era un pittore, ed era quindi tutto votato a rappresentare un fatto, un sentimento, un qualsiasi avvenimento con un’immagine sola. A un certo punto, ha cominciato a chiedersi cosa accadeva prima o dopo quel momento da lui dipinto…magari si può rappresentare qualcosa di altrettanto o più interessante. Ad esempio, pensiamo a La Vocazione di S.MatteoCaravaggio potrebbe essersi chiesto: cosa è accaduto un minuto prima che il Cristo irrompe nella scena, cosa stava dicendo Matteo? E un minuto dopo, cosa è accaduto dopo l’incontro folgorante? Matteo l’ha seguito immediatamente, o è stato frenato dal dubbio? O dal terrore?
Il tentativo di rappresentare questa frattura nel tempo ha condotto Yokoyama a fare delle serie di quadri, uno per ogni momento chiave. A quel punto si è reso conto che stava facendo i fumetti. Nel momento in cui per rappresentare un evento gli serve una sequenza è entrato appunto nel mondo dell’immagine sequenziale, descritta perfettamente da Scott Mc Cloud con tutte le sue regole e in tutti i suoi aspetti.

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Ovviamente, provenendo dalla pittura astratta si tratta davvero di quadri sequenziali, con delle onomatopee marcatissime, molto vicini a una serie di illustrazioni correlate che a fumetti veri e propri. Però, quello che lui ha individuato, il punto per me è importante, è che se tu hai un’esigenza chiara, c’è un medium preciso per soddisfarla e non uno qualunque. Devi essere bravo a capire quale. Se io voglio rappresentare un attimo preciso e utilizzo il fumetto, sto sbagliando. Se voglio rappresentare una sequenza e faccio un film, sto sbagliando, perché c’è il fumetto, costa meno e ti da molto piú controllo. Se voglio rappresentare un’azione, commentarla musicalmente, mostrare quanto dura, il suono che fa, la luce, le sfumature che riverbera nell’ambiente, probabilmente il cinema è la scelta migliore. Se voglio condurti in un mondo astratto, fatto di sole suggestioni, forse la musica è meglio. Scegliere il medium cambia radicalmente la tua efficienza in termini comunicazione.
Tutto si basa su quanto sei cosciente di quello che vuoi fare, e di capire quello che sai fare, quello che no. Quello che puoi delegare, quello che puoi imparare. Io ho una formazione problematica in questo senso, totalmente multidisciplinare. e gli stimoli a studiare nuovi canali espressivi non smettono di aumentare.

CZ Il che teoricamente è una ricchezza…

LRNZ E’, certo, una ricchezza, ma mi ha sempre reso molto difficile un posizionamento all’interno delle categorie di fumettista, animatore, illustratore etc..
I tempi di perfezionamento di allungano a dismisura, e gli specialisti stanno sempre una spanna sopra di te, pur non avendo magari quella mobilità e visione destrutturata che usare tanti supporti diversi ti dà.
Ho fatto immagini di tutti i tipi per quasi tutti i medium. Mi ha fatto perdere quella riverenza sciamanica per l’atto creativo, ma mi ha creato non pochi problemi per la quantità di problematiche che si moltiplicano esponenzialmente sotto i tuoi occhi, e il peggio è che ognuno di questi “quesiti” di comunicazione ha delle risposte molto, ma molto, precise.
Detto questo mi pare chiaro che per non impazzire è importantissimo avere presente l’obiettivo e concentrarsi sulla risoluzione dei sui peculiari, specifici bisogni..
L’illustrazione ad esempio è un grande lavoro di prefigurazione.

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CZ In questo credo sia determinante il tuo utilizzo della tecnologia.

LRNZ Approfondendo il discorso precedente, lavorare col digitale mi ha consentito di elaborare una poetica fondata sul disfare e ricominciare continuamente. E’ un medium che non ha una deperibilità fisica, e quindi ti consente di intervenire infinite volte, di mescolare infiniti supporti uno sull’altro. L’illustrazione, se tu la gestisci con un sano spirito aggressivo nei confronti dell’immagine, ti consente di stupire sempre. Stupire te stesso, intendo. Ti metti in gioco tutte le volte, rischi tutto, e ottieni sempre e comunque qualcosa di nuovo. Distruggere per ricostruire il mio lavoro un minuto dopo averlo realizzato. Essere incapaci di copiare dagli altri, e da se stessi. Il digitale in questo senso mi aiuta molto a non essere mai soddisfatto del mio lavoro. Nessuno può essere veramente soddisfatto del proprio lavoro. Se lo fa mente, o, semplicemente, ha esaurito la sua vena creativa. Innovare è andare dove non c’è alcuna certezza di successo, dove non c’è senso di casa, dove non ci si sente a proprio agio. Innovare è l’avventura, la sfida. Non può e non deve mai diventare un mestiere sicuro.

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CZ Tornando all’influenza “giapponese”, studiare i loro grandi autori ti ha consentito di comprendere questa distinzione tra fumetto e illustrazione?

LRNZ I giapponesi hanno introdotto un concetto che per i fumettisti dovrebbe essere una sorta di pietra angolare indeformabile su cui si basa il loro modo di pensare e creare. Ci sono degli studi di Hokusai (al quale, con Hokusai Manga, si può in un certo senso si può far risalire l’inizio della storia del fumetto giapponese, ) in cui si mostra come il suo processo di composizione grafica è molto simile alla progettazione grafica con le griglie e i moduli geometrici proporzionali. Sembra Kandinsky, un approccio iper-razionale all’immagine, ma un secolo prima. E fin qui sarebbe già sconcertante se non fosse che si può notare il fatto che appuntava ossessivamente a margine dei suoi studi (in una specie di clipboard analogica, un vero e proprio box dedicato a questa attività che si trovava a bordo pagina) delle vere e proprie clip art, archetipi grafici ritenuti i migliori possibili, probabilmente appuntati anche dal lavoro di altri autori (cosa assurda per un occidentale senza pensare al plagio, o a una grave mancanza di personalità) . Era cut&paste dalla mente al foglio, un drag&drop dall’idea alla cosa, attraverso il segno. La creazione di un vocabolario a caratteri mobili. Nei fumetti giapponesi fondamentale è la narrazione, non il disegno. Quindi non c’è il concetto di, ad esempio, naso “alla Pazienza”, ma si persegue la rappresentazione migliore di quel “naso” in generale. Se riconosciuta tale, diventa una rappresentazione di pubblico dominio. Essendo importante la narrazione, è importante che il codice di segni sia inequivocabile, e quale codice è più riconoscibile di un codice condiviso? In questo, il fumetto giapponese è simile alla poesia: una serie di moduli che si ripetono (le parole in quel caso), in cui è fondamentale la combinazione che se ne trae. Questa è la ricchezza del fumetto giapponese. In Occidente, siamo ancora ad una fase preistorico tribale di “show-off”, mostrare che siamo in grado di disegnare benissimo, o peggio ancora che ho il “mio” modo di disegnare etc…ma chi se ne importa? Quello è, e neanche sempre, importante per l’illustrazione, ma non per i fumetti. Nei fumetti il disegnatore dovrebbe farsi piccolo, sparire. Più che mai ora, in Occidente, dove dopo gli ultimi cento anni di storia della pittura, l’illustrazione è diventata finalmente anche sintassi. Pensiamo a Munari, uno dei più grandi designer grafici degli ultimi cento anni, che utilizzava forme geometriche e colori primari per comporre quelli che potremmo definire Haiku grafici.

CZ Passando, dunque, dall’illustrazione al fumetto qual è il principale cambiamento?

LRNZ Se fai fumetti, voglio che mi racconti una storia.
Per questo nei fumetti è più facile ragionare per archetipi, vista la mole di problematiche grafiche che ci sono da risolvere ogni volta perchè questa storia sia effettivamente portata al destinatario in maniera coerente e comprensibile.
Nel fumetto, quindi, non puoi distruggere e ricostruire costantemente come invece per me si deve fare nell’illustrazione. E’ richiesta la definizione di uno standard, magari anche da smentire ogni tanto, ma deve esserci la bussola dello stile ben definita.
L’ho capito solo ora, per questo tutti i fumetti che ho fatto finora sono stati molto discontinui stilisticamente. Sto parlando, ovviamente, di una storia che abbia un unità di tempo e luogo tradizionale, non certo di Pompeo di Pazienza, per dire. Nel fumetto credo sia utile abbracciare il sistema nipponico. Ma non parlo a livello di segni grafici (occhioni grandi, boccuccia, gambe lunghe…), parlo dell’importanza di definire un codice di segni univoco, basato sugli archetipi, ed essere umili, forti e disposti a tutto, e mi riferisco soprattutto, se non unicamente, proprio all’aspetto visivo.

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CZ  Moebius credo ci sia andato vicino

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L’omaggio di LRNZ in occasione della scomparsa di Moebius, da www.lrnz.it

LRNZ Moebius era l’equilibrio perfetto: era un figurativo che non disegnava mai due volte la stessa cosa nello stesso modo, ma aveva un tipo di sintesi grafica che gli consentiva di creare un codice di segni molto identificabile, sistematico. Per questo L’Incal si legge tutto d’un fiato, pur essendo lunghissimo, non ti annoi mai, cogli tutte le sfumature dei personaggi (che in alcuni casi mutano, basti pensare a Difool, che cambia la sua palette di lineamenti ogni tre per due, completamente sotto controllo) perché li conosci, li interiorizzi come interiorizzeresti un attore in un film. E la quantità di segni che viene utilizzata per rappresentare è sempre quella giusta. Anche se è un fumetto molto intenso graficamente. E lo è perché sta disegnando un mondo mai visto prima, ogni volta che si cambia location,  Moebius crea un universo da zero. Il passo successivo è sempre un passo nell’ignoto, un atto enorme di responsabilità nei confronti del lettore. Ma non è l’intensità grafica fastidiosa e inutile di certi fumetti occidentali, in cui hai tremila dettagli perfettamente inutili e il vuoto pneumatico dove invece di servirebbe un’informazione vitale. Disegnano trentamila denti in bocca a un personaggio ma non ti fanno capire cosa pensa, dove sta, cosa vuole, quale è il suo mondo, magari. Semiologicamente parlando è un problema di una pessima gestione fra segnale e e rumore. L’incapacità di escludere informazioni velleitarie dal disegno è il male più grande da risolvere se si vogliono fare i fumetti, soprattutto se si disegna BENE. Saper omettere è alla base di qualunque linguaggio e il fumetto non fa eccezione, anzi!

CZ Quindi, chiarito questo, a questo punto puoi rispondere alla prima domanda sull’equivoco “giapponese”.

LRNZ Certo. Se io penso ai miei referenti principali, sicuramente non sono giapponesi. Il Giappone è entrato nella mia vita con l’animazione, il fumetto, i videogiochi, ma se andiamo a vedere a fondo i miei capisaldi sono più occidentali che giapponesi, russi compresi.

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CZ Ad esempio, Tarkovskji

LRNZ Tarkovskji per me è inamovibile dalla vetta.
In realtà, ho un modo molto occidentale di relazionarmi alla costruzione dell’immagine. Sono un occidentale che ha molto viaggiato e a cui piace scoprire cose nuove, non ho nessun tipo di dogma fisso, seguo solo le cose che mi sembrano avere un potenziale più alto di freschezza e comunicazione.   A parti invertite, se fossi stato giapponese, e avessi conosciuto Tarkovskji, non ne sarei comunque rimasto influenzato? Mi pare superficiale nel mondo odierno ragionare ancora queste etichette. Per me Naoki Urasawa tocca graficamente le vette di conoscenza dell’animo umano con Monster, ma è comunque è un’eccezione rispetto alla mia normalità, che per me è fatta di grandi maestri occidentali,  i  Caravaggio, per intenderci.  Certo è che l’autenticità del fumetto giapponese offre un punto di vista talmente diverso che non può non arricchirti, anche contemplando la cultura occidentale. Ad esempio l’art noveau è stato profondamente influenzato da Hokusai, pensiamo alla linea chiara di Klimt o di Kolo Moser. Oppure, in maniera diversa,pensiamo a Winsor McCay, per me il più grande autore di fumetti della storia. E’ un americano dell’800, ma se contempliamo le sue tavole originali, e studiamo le sue soluzioni, esse appaiono molto simili alla tecnica di un mangaka. Non è solo un bel segno: c’è una pulizia formale, un metodo perfetto che consente una precisa definizione dell’informazione. E’ tecnica progettuale, non solo talento.

Ad esempio, le Illustrazioni che ho fatto per il tuo blog hanno una palese matrice occidentale, con una mescolanza tecnica di ricerca fra i due mondi, evitando come la peste qualunque mimesi stilistica o riferimento diretto al lavoro di altri disegnatori (le trovate QUI e QUI). L’illustrazione di Dylan, per dirne una, aveva l’obiettivo di individuare gli elementi che dovevano essere nell’immagine, separarli e scandirli in maniera perfetta come in una frase ieratica. Perché in quel caso volevo esprimere un concetto, non fare una rappresentazione fotografico/realistica della realtà.

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CZ Dopo anni di gestazione complessa, finalmente ora pubblichi Astrogamma, libro attesissimo anche grazie alle tempistiche da record della realizzazione, il cui progresso è stato seguito con entusiasmo da fan e amici su Facebook.  

Vuoi parlarci un pò della genesi e dell’importanza di questo libro per te?

LRNZ I due capitoli finali di Astrogamma sono complessivamente 110 tavole e sono stati realizzati in 55 giorni (sabati e domeniche inclusi, storyboarding, lettering e grigi inclusi). Mi sono avvalso per tutta la produzione del fumetto (dal primo capitolo di tanto tempo fa, uscito su Hobby Comics 2) dell’aiuto di Alessandro Caroni per la stesura dei dialoghi.
Taglio corto: Astrogamma è il fumetto più importante della mia carriera, perchè è la testimonianza di tutta la mia ricerca sul medium, errori di valutazione inclusi.
Non è un caso che su 160 pagine complessive realizzate in 4 anni, 110 sono arrivate tutte insieme. E’ scattato qualcosa, e non credo che mi fermerò più.
Può essere che non piacerà, ma se mi chiedi che importanza ha, beh: è la cosa più importante che abbia mai fatto con il medium fumetto. (NdT Astrogamma  lo trovate  nel grande numero finale di Hobby Comics 5&6 QUI)

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CZ Sabato, al recente TCBF, durante una mostra collettiva dei Superamici,  creando una sapiente suspence, avete annunciato un avvenimento epocale, dai toni appare quasi una rigenerazione mistico-energetica. Puoi essere messaggero di tale rivelazione?

LRNZ Il cielo è nostro. Da oggi il Fumetto non ha più genitori. Ha solo Fratelli.

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Il Passaggio epocale da Superamici a Fratelli del Cielo immortalato durante il TCBF da Daniela Odri Mazza

CZ Chi ti segue conosce la tua attitudine vulcanica a lavorare contemporaneamente su diversi progetti. A cosa stai lavorando attualmente?

LRNZ Veramente tanti. Questi i progetti in cantiere: Concept art per la serie TV di Diabolik; Astrogamma nella sua versione libro, di cui ridisegnerò tutta la prima parte (quella racchiusa fra il numero 2 e il 3 per intenderci); Golem, non solo una storia a cui tengo tantissimo e in cantiere da una vita ormai, ma anche un oggetto libro con una concezione decisamente diversa dal solito di analogico e digitale, in cui la distanza fra i due supporti diventerà quantomeno ravvicinata. Colore; Geist Maschine, una saga sci-fi su 3 bambini e un giovane uomo contro la fine del mondo. Anche GM sarà interamente a colori; sto tornando all’animazione con tre progetti brevi e segreti. Posso solo dire che saranno pubblicati a ridosso dei tre libri; un videogioco che si chiama Radial, progettato da me e sviluppato assieme a Mauro Staci per Opposite. In dirittura di arrivo; un altro videogioco di cui non posso dire il nome, ma che sto realizzando con Andrea Babich, Kenobit, Mauro Staci e Michele La Corte. Sto scrivendo il documento di game design in questi giorni; sta per intensificarsi la mia relazione con la Sergio Bonelli Editore con la realizzazione di diversi progetti di cui non posso dire nulla ancora, ma si tratta finalmente di fumetti, non più di soli concept come è avvenuto per la seconda stagione di Orfani, questo posso dirlo; continuare le cover per Long Wei; un videogioco per Commodore 64 per un progetto di cui non posso dire nulla; un nuovo Live per il mio progetto musicale, Buromaschinen; la collaborazione con il migliore blog della terra, il tuo; seguire con le energie che mi restano Opposite, la mia nuova creatura orientata all’interaction design applicato alla comunicazione, fondata con Mauro Staci e Michele La Corte: http://opposite-logic.com/ , Opposite diventerà il contenitore/incubatore di tutti i miei progetti di servizi per l’industria. Di sicuro dimentico un 15% che mi creerà dei problemi di calendario insormontabili. Questo.

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Infine: portare nel mondo dei fumetti la fratellanza, assieme ai miei fratelli: i Fratelli Del Cielo.

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Insomma: Torno a disegnare.

4 risposte a “Intervista LRNZ – ASTROGAMMA, I FRATELLI DEL CIELO e molto altro

  1. intervista splendida!

  2. Valentina Murphy

    Ragazzi ma davvero vi piace sta robba? Io trovo che ha un tratto davvero pessimo.. Disegno molto meglio io scusate eh

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