Conversazioni con AKA B

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Concludiamo il trittico di interviste corredate dalle illustrazioni di Maicol con AKA B, che già altre volte abbiamo avuto il piacere di avere come ospite sulle nostre colonne. 

Ci ha socchiuso la porta del suo laboratorio, e ne sono uscite cose molto interessanti…

Conte Zarganenko Qual è il rapporto tra il caos del tuo ambiente creativo e l’ordine necessario, la raggiunta armonia dell’opera compiuta?

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AKA B Chiaramente ambisco a una dimensione zen in cui tutto è bianco. I tavoli enormi. Risme di carta infinite, ma una sola matita, una gomma e un pennino sempre carico. Come la patria la famiglia e dio. Ma per ora sono molto lontano da questo e ho bisogno come un falegname di avere sotto gli occhi mille strumenti diversi per illudermi di avere continuamente scelta su quello che sto facendo. Sulla faccenda cosmica dell’ordine e del caos credo si sia capito ormai che essendo questioni compenetranti hanno uguale e stessa importanza. Alla fine è un po’ il discorso del jazz. Si ok, va bene, stai improvvisando, ma è tutta una vita che studi quella materia, quindi crearsi delle complicazioni diviene necessario per evolversi.

CZ  La tua produzione è densa, fin dal nome melvilliano, di riferimenti letterari (basti pensare al recente “Storia di una Madre”, tratto da Andersen).  Personalmente, leggendoti sovvengono atmosfere kafkiane,
o comunque in generale legate al Teatro dell’Assurdo e alle precedenti avanguardie mitteleuropee. Quali sono i tuoi “auctores”, gli scrittori che ti hanno più influenzato o a cui comunque ti senti più affine?

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“Appunti” di AKA B per un ritratto di Ezra Pound

AKA B Ci pensavo questi giorni alla questione della lettura. Personalmente sono un lettore bulimico ad intermittenza. Mi spiego: per lunghi periodi, anche anni, mi è capitato di non leggere niente. In altri, praticamente non faccio altro per tutto il giorno. Forse è un modo per mettermi in pari, non so. Comunque, sono veramente tanti gli scrittori che ho amato. Ora più che una questione di lista di nomi ne farei una questione di memoria. Ovvero quanti dei libri che ho letto ora veramente ricordo? e quali parti? e quelli che ho cancellato li ho persi?

CZ Stessa domanda, stavolta invece sulle arti grafiche. Alcuni tratti richiamano, a mio giudizio, sperimentazioni espressionistiche, ma anche alcune suggestioni di Francis Bacon. Quali, se ci sono, sono i pittori che sono per te fonte d’ispirazione? E quali sono le tecniche che prediligi per realizzare le tue storie?

AKA B Vediamo. Cosa ti potrei dire per aggirare un altra lista di nomi.. facciamo così. Intanto rispondo alla prossima e ci penso. Ma qualcosa mi dice che la risposta di prima valga paro paro anche per questa.

Si, infatti è così.

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CZ Il tuo nome è storicamente collegato all’esperienza dell’autoproduzione. Qual è secondo te, attualmente, il senso e lo stato dell’opera dell’autoproduzione in Italia?

AKA B Finché la distribuzione sarà in mano a dei cialtroni che pensano abbia senso tenersi il 60 % solo per spedire dei pacchi sarà sempre e solo un fenomeno di resistenza per pochi.

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CZ Le prossime domande ruotano attorno a una comune considerazione.
Mi ha colpito molto vedere nelle tue foto la presenza alcuni elementi simbolici collegati (a livello diverso) a una ricerca, o comunque ad una visione, spirituale. Nelle tue tavole avevo già colto alcuni riferimenti (non solo nei paradossi beckettiani di “Eden 1.0”, ma anche nella tavola “L’unica opera di santità è liberare se stessi”), è molto interessante trovare conferme nel tuo “laboratorio”. Ad esempio, la carta del “Carro” dei Tarocchi, collegata all’azione e  all’equilibrio nel mutamento. I due cavalli, nell’iconografia classica delle carte ,ricordano quelli del mito della Biga Alata del “Fedro”platonico, sorta di versione greca dei principi di Yin e Yang. Nella versione che hai tu sono addirittura delle Sfingi, quasi ad aggiungere ambiguità e solennità alle pulsioni contrastanti da riportare all’unità e all’equilibrio.
La presenza della carta nel tuo studio rappresenta consapevolmente un elemento della tua poetica?

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AKA B Viene da una mostra su i tarocchi dove ogni artista doveva pescare a caso una carta tra gli arcani maggiori e reinterpretarla. Io speravo nel diavolo ma mi è uscito il carro. Il monito di imparare a stare in equilibrio tra ambigui mostri mi è suonato comunque familiare.

CZ Andando in crescendo, il ciondolo (cosi mi sembra) di Yoda: nello studio di un artista capace di “occhi fissi sull’orrore senza consolazione” (efficace definizione di Dimitri Welponer) ci saremmo aspettati piuttosto Darth Vader…scherzi a parte, in “Star Wars”, almeno  nella trilogia iniziale, c’è una straordinaria sintesi di archetipi eterni tradotti in un linguaggio pop. Yoda parla come un saggio taoista, una maestro di meditazione, eppure è divenuto un’icona mainstream. In “Star Wars” si affrontano tematiche dostoevskiane, col contorno di spade laser e triangoli amorosi. Ma il messaggio è passato, più efficace a livello di diffusione di cento trattati sulla filosofia orientale. In una conversazione con Marco Galli, che citava secondo me molto correttamente Dostoevskij, rispondevi: l”’ispirazione, meglio ancora che a Dostoevskij, bisognerebbe trovarla dentro di sé. Dal frullato di delitto stellare e guerra e castigo assorbito da te.”.
Posto, quindi, che l’ispirazione principale è quella interiore, quanto pensi di aver assorbito dalla cultura pop e quanto pensi invece di attingere da archetipi classici?

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AKA B Mi chiedo dove sia la differenza. Voglio dire, tra Ercole, Superman, Pinocchio e Gesù Cristo non passa poi molto. Le storie son sempre quelle. Cambiano solo nomi e facce. tutti si continueranno a riconoscere in queste storie  perché in fondo ci assomigliamo tutti.
Per quanto riguarda quella testa di Yoda ha una sua precisa e intensa storia che temo di non essere ancora pronto a raccontare. Ma ti posso dire che essa è completamente vuota.

CZ Per finire in bellezza: la statuetta di Ganesha, archetipo al quale sono profondamente legato. In India, è il dio della saggezza, dell’innocenza, colui che rimuove gli ostacoli all’evoluzione. E’ anche protettore delle arti. E’ divertente che hai appoggiato all’interno della proboscide una penna. Nel mito, Ganesha ha una zanna sola perché l’altra l’ha spezzata per scriverci il “Mahabharata”, l’immenso poema sacro che è, poi, riconducibile come fonte lontana anche dei poemi omerici. Qual è secondo te il rapporto tra creatività e innocenza?

AKA B E’ un domandone, e merita una mia brutta e istintiva risposta per riequilibrare l’universo.
Sostanzialmente penso che tutto questo cercare approvazioni esterne che vediamo quotidianamente su Facebook (e da cui io certo non mi sottraggo) sia deleterio a lungo andare perché sposta l’attenzione da dentro a fuori. Ovvero cominci a dimenticare le vere ragioni per cui fai quello che fai. In qualche modo pervertendone le motivazioni, e appunto, perdendo di innocenza.

Ps: Ganesh mi piace perché viene da una famiglia molto violenta.*

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Un’immagine a cui AKA B tiene molto, di, come dice lui, quel genio di http://ugopierri.com/

*Nel mito indù, Ganesh è il figlio della Dea Parvati, da lei creato come guardiano della propria intimità divina. Conoscendo unicamente sua Madre, Ganesh impedisce persino al dio Shiva, marito di Parvati, di accedere alle stanze della dea. Per questo, al termine di un valoroso combattimento, verrà, con l’inganno, decapitato. Di fronte alla furiosa reazione della Dea Parvati, Shiva ridona la vita a Ganesh, ponendogli sulla testa la testa di un elefante (animale saggio e nobile per antonomasia nella simbologia indiana) e per il suo coraggio e dedizione lo designa comandante delle schiere angeliche.

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