Riflessione su una situazione stagnante

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E’ stato detto che la critica del fumetto in Italia è allo sbando. Sono stati levati gli scudi ed è stata dichiarata guerra alla critica, quella incapace di parlare in maniera costruttiva, quella incapace di fare interventi negativi, quella incapace di assegnare i premi a una manifestazione, quella incapace di individuare la nuova promessa, quella incapace di parlare di fumetto, quella fatta di giovani incompetenti…e mi sono messo a pensare, e ho provato a ragionare e mi sono fatto delle domande e dato delle risposte.

Si fa sempre un gran parlare di certi premi assegnati ai festival. In alcuni casi è il sistema stesso che non sta in piedi, in altri si da la colpa agli esperti in giuria, ma a ben vedere, le giurie di norma non vedono partecipazione di critici o, quantomeno, mettono i critici in minoranza. Qualche esempio dagli eventi più importanti:

  • Giuria di Lucca 2012: Riccardo Corbò (giornalista), Federico Bertolucci (disegnatore), Pier Luigi Gaspa (storico del fumetto e curatore, collaboratore di Lucca Comics), Eleonora Mattei (Area Pro Lucca Comics), Laura Zuccheri (disegnatrice)
  • Giuria di Lucca 2011: Walter Chedni (disegnatore), Pasquale Frisenda (disegnatore), Francesco Fasiolo (giornalista), Simona Mascelli (collaboratrice di Lucca Comics), Pierpaolo Putignano (collaboratore di Lucca Comics)
  • Giuria Lucca Comics 2010:  Michele Medda (sceneggiatore), Sergio Ponchione (disegnatore), Marco Pelliteri (esperto di fumetti), Dario Dino-Guida (membro dello staff culturale di Lucca Comics), Jacopo Moretti  (membro dello staff culturale di Lucca Comics
  • Giuria Lucca Comics 2009: Marco Corona (disegnatore), Massimo Carnevale (disegnatore), Diego Cajelli (sceneggiatore), Giuseppe Pollicelli (giornalista), Riccardo Moni  (membro dello staff culturale di Lucca Comics)
  • Giuria Napoli Comicon 2012: Giancarlo Alessandrini (disegnatore), Micol Beltramini (scrittrice), Lucariello (rapper), Stefano Sollima (regista cinematografico) e Luca Valtorta (direttore Repubblica XL)
  • Giuria Napoli Comicon 2011: Carlo Peroni (autore), Maurizio Nichetti (regista cinematografico), Luca Raffaelli (giornalista, esperto e direttore di festival di fumetto e d’animazione), Nicola Conte (musicista e compositore) e Maurizio de Giovanni (scrittore)
  • Giuria Napoli Comicon 2010: Mario Gomboli (sceneggiatore ed editore), Sandrone Dazieri (scrittore), Vasco Brondi aka Le Luci della Centrale Elettrica (cantautore e scrittore), Manetti Bros. (registi cinematografici) e Igor Prassel (animatore culturale e direttore di festival d’animazione)
  • Giuria Napoli Comicon 2009: Tanino Liberatore (disegnatore), Vincenzo Cerami (scrittore), Massimo Iovine (musicista), Edoardo Sant’Elia (scrittore e giornalista) e Giorgio Franzaroli (vignettista)

Con questi esempi mi vien logico pensare che più che allo sbando, la critica del fumetto sia messa al bando. Da quello che leggo qua sopra, le giurie sono prevalentemente composte da autori e da persone che con il fumetto hanno a che fare marginalmente o per niente e definirli “esperti” è quantomeno un azzardo. Risulta quindi che sono gli autori stessi ad essere largamente chiamati in causa, mentre gli esperti spesso non figurano.

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Andiamo avanti e concentriamoci sulla critica del fumetto on-line, quella più viva. Questa la divido in due parti: i portali e i blog.

I primi sono esseri ormai claudicanti, vecchi e obsoleti. Erano qualcosa di significativo 10 anni fa, ma oggi non stanno più al passo coi tempi. Propongono la stessa sbobba da quando son nati, vivono sulle novità (che danno quando ormai son vecchie), non offrono né un approfondimento vero e proprio né una critica originale.
Dall’altra parte abbiamo i blog, strumenti non freschi ma capaci di raggiungere e accattivarsi un discreto numero di lettori. Pubblicano irregolarmente, non hanno una linea editoriale precisa, ma si vendono poco e mantengono una visione personale e, a volte, originale del mondo del fumetto.

Detto questo, i problemi che scorgo sono diversi. I portali, come detto, non cambiando modo di fare e di porsi, sono ormai superati, diventando un po’ come quel quotidiano che dopo tanti anni ti ha stancato ma che continui a comprare per non farlo chiudere. Pur disponendo di diversi collaboratori tendono ad omologarli e a incanalarli in un un vortice di recensioni e articoli tutt’altro che stimolanti e che, alle volte, sembrano più un sunto delle trame o, ancor peggio, dei comunicati stampa degli editori. Spesso sminuiti per essere gestiti da fan, questi siti ospitano alcune penne interessanti e preparate, tacciate e smussate da rigide e obsolete gabbie fatte di limiti di caratteri e modus operandi imposti.
La loro pecca più grossa consiste nel voler riportare qualsiasi cosa cercando sempre di stare sulla novità e la maggior parte delle volte, vuoi per mancanza di tempo o di mezzi, si ritrovano a parlarne in maniera inadeguata. Con questo sistema perdono del tutto di vista una visione editoriale precisa e diventano la brutta copia di loro stessi.
Di contro i blog offrono molta più libertà di scrittura e riflessione, ma purtroppo sono deficitari di editing e concretezza. In più, rispetto ai portali, vengono letti da molte meno persone e le loro pubblicazioni irregolari non aiutano a mantenere una certa visibilità.

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Nel mezzo ci sono dei blog molto seguiti, quelli degli autori. Su queste pagine, oltre che a parlare degli affari loro e del proprio lavoro, gli autori scrivono anche critiche e riflessioni sui fumetti (alle volte anche criticando la critica), diventando, per molti lettori, un particolare punto di riferimento.

Negli ultimi anni, con Facebook e dei social network, il fatto è ancora più evidente.

Se è vero infatti che con l’avvento di internet gli autori si sono avvicinati al loro pubblico (e viceversa), creando un’interazione che non si era mai vista prima, è anche vero che si è creato un’approccio diverso alla critica tutta.
Questo approccio, che si esaurisce nei post personali degli autori, è strettamente collegato alla tuttologia dei portali e alla scarsa concretezza dei blog.

A mio avviso un’altro problema è la scarsa ricettività che le case editrici hanno nei confronti di chi si impegna a parlare dei loro libri. Quasi nessun editore riporta sul proprio sito i link alle recensioni e agli approfondimenti, per non parlare delle interviste agli autori. Qualcuno si limita a farlo su Facebook, è vero, ma non credo che condividere un semplice link in una marea di post possa giovare più di tanto alla causa.

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Basterebbe guardare agli editori oltreoceano che creano quasi quotidianamente un resoconto dettagliato degli scritti sui propri lavori.

Vediamo la Fantagraphics ad esempio, un editore che sa come comunicare coi propri lettori e con i siti specializzati.  Innanzitutto il loro sito sembra essere uscito da un film di fantascienza se paragonato a un qualsiasi sito di un editore italiano. Secondariamente, all’interno del portale è presente un blog nel quale vengono riportate giornalmente tutte le novità editoriali, gli eventi, le curiosità legate agli autori e le lavorazioni dei libri in catalogo. In questo blog c’è una sezione chiamata “Online commentaries & diversion” nella quale vengono segnalati, con tanto di mini riassunto, tutti i link ai vari commenti, recensioni e approfondimenti dei propri libri.
La Drawn & Quaterly ha una sezione dedicata e super aggiornata dove si può risalire a link del marzo 2003. Dieci anni di archivi di interviste e recensioni.
La Top Shelf ha addirittura due sezioni distinte, una per le recensioni e una per le interviste entrambe con archivi che risalgono fino a maggio 2004.

Non che ci voglia molto nel 2013, ma in Italia quasi nessun editore ha una pagina dedicata, solo qualcuno raccoglie sporadicamente qualche link e la maggior parte di essi proviene dalla stampa generalista e non dai siti specializzati.

Quest’ultimo è un altro caso di poco riconoscimento, scarsa fiducia e forse poco rispetto per chi dedica il proprio tempo a parlare della produzione a fumetti sul suolo italico.

Sostanzialmente, da quello che mi è dato vedere, la critica del fumetto in Italia viene inconsciamente messa alla porta da un sistema che non la supporta e dagli autori stessi. (Ovviamente esistono casi di esperti riconosciuti).

Le giurie sono composte da autori che invece dovrebbero farsi premiare. La critica è monopolizzata da autori che dovrebbero fare fumetti invece di parlarne (perché come qualcuno mi ha suggerito a Lucca: “i fumetti non si parlano, si fanno, al massimo si conversano”).

Gli editori e i loro uffici stampa non stanno al passo.

Per fare critica e/o approfondimento si necessita di tempo, per leggere un libro e parlarne ci vuole molto tempo e fare critica non vuol dire fare informazione o dare notizie. Fare critica e/o approfondimento vuol dire avere un’ampia visione e consapevolezza di quello di cui si vuol parlare e contemporaneamente portare avanti tanti piccoli discorsi paralleli.

Ovviamente sto generalizzando, il mio è un punto di vista non universale, ma vuole essere un riflettere su una situazione stagnante.

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Tutte le immagini di questo articolo sono di Jaime Hernadez.

52 risposte a “Riflessione su una situazione stagnante

  1. Bell’articolo, intelligente e, ahinoi, dalle argomentazioni puntuali e inattaccabili: nell’era del “tutto-in-fretta-che-non-ho-tempo” è ovvio (provocatoriamente: inevitabile?) che la critica venga penalizzata, per le ragioni che hai ben descritto.
    Quanto alle giurie… Borges più o meno diceva che già la sua era un’epoca in cui si privilegiava il testimone rispetto al maestro.
    Eug

  2. uhuh ahaha! noi infatti stiamo lavorando al sito…siamo piccoli ma ce la faremo…concordo su quasi tutto….aggiungerei un dato di fatto: le cricche ! esistono in ogni ambito lavorativo ed esistono anche nel fumetto! e vanno di pari passo con i critici!

  3. Ottimo pezzo e molti ragionamenti stimolanti su un tema cui anche noi di ComicOut stiamo lavorando. Ci sentiamo, ne riparleremo… (una cosa: il link sui tuoi fumetti in vendita nel colonnino non va da nessuna parte)

  4. Marco Pellitteri

    Interessante e in larga parte condivisibile prospettiva.
    Sulle giurie, quello che posso dire personalmente è quanto segue.
    Credo di poter parlare perché, membro della giuria di Lucca Comics del 2010, ero e sono uno studioso di fumetti, il che include e comprende anche l’esserne un critico. (Quest’affermazione ci porta in seguito, volendo, a riprendere la distinzione fra informazione, critica e studio sul fumetto… forse ne parlo sotto).
    Andrea, tu noti una rimozione o una messa al bando dei «critici del fumetto» dalle giurie dei premi sul fumetto. Probabilmente v’è una sottorappresentazione del mondo della critica di settore, quella che pubblica su testate, portali o blog come «Fumo di China», «Scuola di Fumetto», «Lo Spazio Bianco», «Conversazioni sul Fumetto» e altri. C’è però, in queste giurie, un’ampia rappresentanza delle seguenti categorie:
    1) studiosi ed esperti di fumetti che si occupano in larga parte di fumetti & affini, anche se non come «critici» (e non sulle testate, i portali e i blog su citati e simili) bensì come studiosi indipendenti, come docenti universitari o in scuole di specializzazione di vario tipo, spesso come proprietari di blog personali e però molto influenti e ricolmi di riflessioni di un certo profilo (Barbieri, Stefanelli, Interdonato e altri); ci sono anche quelli che non hanno blog per partito preso e che vivono bene lo stesso, mantenendo una discreta credibilità (parlo, ironicamente, di me).
    2) Autori di fumetti (che, come tu scrivi «dovrebbero farsi premiare» invece di fare i giurati): nel caso di Lucca Comics, i due autori presenti in ogni giuria sono quelli che erano stati premiati l’anno prima come miglior disegnatore italiano e miglior sceneggiatore italiano. È una formula scelta da Lucca Comics che ha un suo senso e ti propongo sotto il mio perché.
    3) Giornalisti della stampa media e grande: mi sembra anche superfluo dover spiegare perché si chiamano anche i giornalisti. Si tratta comunque di giornalisti che dedicano sforzi e attenzione al fumetto e al fatto che appaia nella stampa generalista, e spesso si tratta di persone con una loro non disdegnabile competenza: di lettori, di critici, di osservatori, di divulgatori.
    4) Intellettuali, scrittori ecc. non legati specificamente al fumetto: sono figure di grande interesse proprio perché non dedicano le loro attenzioni, in modo ufficiale, al fumetto. Il loro punto di vista estende la prospettiva, crea un certo richiamo. La loro presenza è motivata da una concezione del fumetto come oggetto culturale che non dev’essere necessariamente (anzi, il contrario) giudicato solo da «esperti del settore» ma da figure di varia provenienza. È un’impostazione necessaria in un settore che ha altrimenti pochissima visibilità. Vorrei peraltro capire cosa ci sia di negativo nel far giudicare dei fumetti a un romanziere di successo o a un professore di filosofia, nel caso in cui si tratti di persone altamente competenti di narratività, e/o arti contemporanee, oltre che ottimi lettori di fumetti, come, due fra tanti, Alessandro Baricco e Giulio Giorello.

    Sul tema che sollevi dei siti degli editori italiani, hai perfettamente ragione. Riflessioni sulle quali c’è poco da meditare: gli editori italiani dovrebbero lavorare moltissimo e tenere il diario della critica e delle recensioni in modo organico. Alcuni ci stanno lavorando. Il problema cronico è la carenza di personale, di soldi, di tempo.

    Sul continuum (o sulle differenze nette, a volte) fra informazione, critica e studio, dovrei rimandare a quelle mie vecchie riflessioni pubblicate proprio sulle pagine di questo sito, quindi non mi ripeto. Dico solo che, nel micromondo dell’informazione/critica sul fumetto che viaggia su quelle pochissime testate di settore, pubblicano penne che saranno sì qualificate, ma appaiono «solo» come «critici del fumetto», perché magari al di là della loro professione vera e propria (che ne so, sono informatici, insegnanti scolastici, ingegneri, baristi, metalmeccanici, ragionieri, avvocati, medici ecc.) si dedicano alla scrittura sul fumetto come attività sia non remunerata, sia limitata alle piccole piazzette editoriali del settore, che esse siano su carta o su internet. Ci sono invece altri «critici/divulgatori/studiosi» che di mestiere sono proprio ricercatori universitari, insegnanti e autori di fumetti, scrittori (di narrativa, saggistica scientifica o divulgativa), direttori di manifestazioni varie, e con queste attività portano a casa la pagnotta: la loro immagine pubblica coincide con il settore professionale del fumetto o con esso ha numerosi e profondi punti di contatto. Forse è per questo che queste figure professionalizzate vengono spesso preferite alle altre citate sopra.
    (A suivre)…

  5. La logica in Italia è quella delle conventicole e degli Yes Men che ti promozionano. La critica al cambiamento culturale del settore dev’essere molto più dinamica e pure asciutta, anche rispetto a questo stesso articolo.
    Perciò, il mondo fumettistico è solo un frangente di una più generale cultura italiana che deve cambiare. Vendiamo cosa succede tra un 3-4 anni.

    Purtroppo il mondo comicdom americano, accanto all’estrema sfigatezza tipica dei suoi appartenenti, conta anche oramai su un osmosi ad esempio con lo show business che l’Italia si sogna. Pensiamo a San Diego, dove Hollywood presenta con attori le proprie iniziative, alla presenza di cosplay pornostar ^^… Anni luce da un ambiente composto da outsider, moderati, e giovani un po’ noiosi, della realtà italiana.

  6. Ho scoperto da poco il blog. Copmlimenti per l’ottimo lavoro svolto!

  7. Ciao Andrea
    ottimo post, la situazione è stagnante da parecchio. E il commento di Marco, anche se molto lungo, è una bella risposta.
    Il tema è sostanzialmente lo stesso da trent’anni, cioè da quando le fanzine hanno cominciato a ritagliarsi una visibilità, mettendo in risalto la possibilità che un lettore qualunque potesse creare dibattito e discussione, senza percorsi curriculari di studio o professionali.
    La rete e i social network hanno fatto esplodere il fenomeno, consentendo a tutti di essere, volendo, tutto.
    Si può essere contemporaneamente lettori, editori, autori, giornalisti, grafici, responsabili di progetti, associazioni e festival, e quindi è possibile dire la propria o avere ruoli attivi a seconda delle circostanze.
    Ma non è questo il problema. Volendo anzi può essere una condizione positiva per far circolare di più idee ed esperienze. Nel fumetto vedo ben pochi veri conflitti di interessi (l’unico veramente che conta è quello tra editoria e distribuzione) e, permettetemi, vedo anche ben poche cricche degne di tal nomea…
    Non mi sembra negativo che attori, scrittori o musicisti siano chiamati in una giuria. Anzi! L’importante è che il meccanismo di selezione porti ad una rosa di nomination che abbia senso.
    Gli autori sono oggettivamene protagonisti e incidono quando vogliono. Ma lo possono fare, come più o meno hai detto, soprattutto per assenze altrui.

    Il problema è invece di mentalità ed è un problema connesso all’enfasi del consumo. Un’enfasi che fa diventare i comunicati stampa la base delle recensioni (stavo/sto per scriverlo per un libro di cui parlerò tra poco sul blog) e che fatto diventare Lucca Comics quello che è oggi, una vera e propria newtown annuale di scambi e relazioni, soprattutto di tipo commerciale, con una parte culturale che sta riaffiorando solo con le ultime edizioni, una volta messi a posto i conti.

    Dove sono quindi i luoghi e i momenti dell’innovazione, come potrebbero esserlo per esempio certi premi o le attività critiche di interpretazione delle opere?
    Ci sono, certo, ma sono sparsi. Non sempre possono o riescono a dialogare. E vanno avanti grazie al sacrificio personale dei singoli, che spesso va al di là della professione o addirittura è puro volontariato.
    La mentalità è che ognuno fa un po’ per sé. Al massimo si mette insieme a qualcuno di affine o di utile e porta avanti il suo progettino (che talvolta diventa anche grande, può capitare).
    La rete croce e delizia. Per qualche ora, per qualche giorno attenzione sul tema. Poi si riprenderà come sempre. Non è il dibattito in rete che cambia le cose, anche se può essere un confronto utile.

    Noi italiani, a differenza di altri, non sempre riusciamo a capire come costruire strumenti e contesti utili, come quelli che hai citato.
    Ci accontentiamo troppo?
    Perdiamo troppo tempo a curare le nostre identità nel web…?

  8. PS
    Vorrei far notare, che quando parlavo di “La logica in Italia è quella delle conventicole e degli Yes Men che ti promozionano.”, non mi riferivo a chi sopra di me ha scritto “Nel fumetto vedo ben pochi veri conflitti di interessi (l’unico veramente che conta è quello tra editoria e distribuzione) e, permettetemi, vedo anche ben poche cricche degne di tal nomea…”, ma al fenomeno di un mondo ripiegato su se stesso, che si esprime solo in Rete, fumetterie, e convention. Molto lontano dalle esperienze effettive, che invece hanno dinamiche sociali anche più fresche, che portano folate di vento nuovo, e anche che emancipano d’atteggiamenti di viltà, di piccolezza, di timidezza.
    Mi riferisco ad un mondo ripiegato su se stesso che si porta dietro i problemi che ha nell’esterno, che porta spesso ad incapacità ad ammettere a se stesso quanto le proprie valutazioni servano “a fare gruppo”, a darsi una casa di amici, a sperare in una professionalità, tipo di professionalità da cui una persona matura e concreta rifuggirebbe a gambe levate, mondo ripiegato che porta a non avere mezzi d’esperienza effettiva, per scindere oggettività da soggettività, anzi, vivere in un’ambiente che promuove il “commento solo di pancia”.

  9. @marco: certo, ho ben presente tutto quello che dici riguardo alle giurie, anche se non mi spiego ancora la presenza di gente come lucariello o degli scrittori (davvero che centrano nel contesto di un festival di fumetto? allora mandiamo i fumettisti nelle giurie letterarie o musicali?). Hai visto le giurie degli eisner awards? Molto meglio bilanciate direi.
    Comunque non è quello il punto, io mi riferivo al fatto che ci si lamenta spesso delle nomination e dei premi assegnati e si da la colpa alla critica ecc. ma volevo far notare come i critici, nelle giurie, siano in minoranza. C’è infatti una netta prevalenza di autori e persone esterne.

  10. Nell’ottica del mio sconosciutissimo blog (io sono probabilmente il concentrato dei difetti che imputi ai blogger) i siti degli editori sarebbero il punto di partenza per acquisire informazioni sugli albi in vendita. Se fossero corredati di rassegna stampa sarebbe ancora meglio. Invece spesso mi capita di non trovare proprio i volumi. Oppure di trovare informazioni parziali e, di solito, nessuna anteprima.

    Se gli editori non si preoccupano delle loro stesse pubblicazioni, che impegno metteranno mai per seguire recensioni e critiche?

  11. La critica a fumetti. Si, quella che dopo sei mesi un libro è già vecchio e non se ne può più scrivere né parlare mentre si sprecano energie per pompare sempre le solite cose. Ma che lo dico a fare? Sono anni che sento sempre i soliti discorsi. Si, tutto giusto, tutto vero. Molto condivisibile, ma alla fine dei giochi non si sposta una virgola e dopo un infiammato dibattito tutto rimane come prima. Ecco, se c’è qualcosa nel fumetto italiano che lo caratterizza bene è l’immediatezza con cui rispecchia l’immobilismo del paese.

  12. Giuseppe Pollicelli

    Solo una cosa: è indubbiamente vero che sono un giornalista ma sfido chiunque a sostenere che il sottoscritto non appartenga anche alla categoria dei critici di fumetti. Detto questo, le considerazioni di Queirolo mi sono parse per lo più condivisibili. Saluti.

  13. Critico è chi il critico fa

  14. Marco Pellitteri

    Per l’appunto, Giuseppe, per l’appunto. L’attività critica non è in genere, nei migliori esponenti del settore, scissa da altre attività collaterali o compenetrantisi con quella. Forse è un concetto difficile da accettare o capire.

  15. Ehilà! Gli esempi del post erano soprattutto sulle giurie. Ma riguardo al tema autori e critica fumettistica, incrocio questo post con quest’altro di Leo Ortolani…

    Se posso.

  16. Ok, ho provato a rilanciare il tema sul mio blog.

  17. @ marco e giuseppe: non capisco perché vi tirate in ballo in questo modo. non vi ho mica additato dicendo che non siete esperti. ho messo quell’elenco per far notare come sia dominante la presenza di autori e persone esterne al mondo del fumetto.
    che poi, se andiamo a vedere, non sono neanche tanto sicuro che gli stessi autori siano preparati dato che in molti ammettono di non leggerli i fumetti.

    i punti importanti sono anche altri.

  18. la lbertà è il bene più prezioso di un Blogger, la possibilità di parlare di quel che si vuole senza avere l’assillo del nuovo. La mie è un esperienza fantastica, mi occupo di fumetti considerati a torto minori e vintage. Sono passato da 50 a 500 lettori giornalieri ed ho aperto il blog alle recensioni di tutti. Ormai è una piccola e meravigliosa comunità dove parliamo allegramente di Braccio di ferro, Cucciolo , Tiramolla , Tarzanetto e Gey Carioca senza che nessuno possa arrivare a dire “piazziami il pezzo sulla Marvel o la solita roba arty di Manara et similia”. La cosa fantastica è che per una buona metà i lettori di Retronika sono adetti ai lavori , o contatti costanti con gli autori (cosa che mai avrei sognato da ragazzino), tavole originali regalatami da Luciano Gatto e Sandro Dossi, concorsi “impossibili” in cui Alberico Motta mette in palio una sua tavola originale di Nonna Abelarda…nessuna marchetta, nessun elogio, polvere alla polvere e spolveramenti del dimenticato. Vintage puro con recensione che possono essere lette anche tra 30 anni e chi se ne fotte dell’ultima chilata di manga e dell’ennesima morte di super eroe americano. I blog sono la bottega dell’artigiano, il negozietto dell’amico aggiustatutto i portali sono l’Iper , tutto nuovo e d’immediata reperibilità pronti a osannare quel che il pubblico osanna e ignorano le piccole grandi storie che hanno fatto e fanno grande il fumetto. All’iper compri ma difficilmente fai una chiaccherata amichevole con il direttore del marketing.

  19. Non conoscevo Retronika! Me lo blogrollo subito!

  20. @giovanni marchese: e chi lo ha detto che un libro dopo sei mesi diventa vecchio? è colpa dei siti, degli editori? del sistema tutto?
    non bisogna rincorrere le cose. se parlo di un libro dopo sei mesi la sua pubblicazione vuol dire che ho trovato il tempo di leggerlo molto dopo. se ne parlo vuol dire che ne val la pena. se ne parlo lo valorizzo sia nel bene che nel male.
    mettiamo che un editore mi mandi un libro per recensirlo. mettiamo che dopo una settimana mi chieda come mai non l’ho ancora recensito e una settimana dopo me lo chieda ancora. prendi questo fatto e moltiplicalo per n volte, aggiungici in mezzo tutti i post che vengono pubblicati, il lavoro che fa il nostro gruppo per rendere possibile tutto questo. aggiungici che io lavoro 12 ore al giorno per poter vivere, che tutti noi lavoriamo per i fatti nostri, che abbiamo una vita.
    io dico che un libro può aspettare anche piu’ di sei mesi, non sarà compito mio “mantenrlo in vita”, è una creatore dell’editore, è sua la responsabilità, non mia. questo non è il mio lavoro, non ci campo. se per l’editore un libro dopo sei mesi è vecchio, be…son affari suoi.
    noi non siamo qua per fare pubblicità a un volume e dire con 10 righe: è uscito il fumetto “cicciobaciccia” che dopo sei mesi diventa vecchio.
    se, due giorni dopo la pubblicazione, si pretende un copia e incolla geneticamente modifica di un comunicato stampa si sta sbagliando strada, si sta sbagliando sistema e non si è ancora capito cosa facciamo

  21. Marco Pellitteri

    Ma certo, era solo per dire. Penso di parlare anche per Giuseppe nel dire che il tuo articolo tocca punti nevralgici e bene.

  22. @ Andrea Queirolo: forse hai un pò travisato il senso del mio intervento. Colpa mia, non mi sono spiegato bene. Nel mio sfogo mi ponevo la questione del perché certi fumetti spariscano dal giro dopo sei mesi additando in primo luogo la pigrizia di chi recensisce (lo faccio anch’io seppur di rado) che si occupa quasi sempre delle stesse cose di cui parlano tutti. Naturalmente non ce l’ho né con te né con Conversazioni in particolare che anzi è uno stimolo continuo a esplorare letture alternative e riscoprire fumetti passati nella generale distrazione. Proprio perché nel mio piccolo faccio le medesime esperienze capisco perfettamente la situazione. Non si è chiamati a fare pubblicità, ma mediazione culturale. Nel tempo libero. E tutti pretendono però professionalità.
    E però dalla mia provocazione è venuto ciò che speravo. Hai centrato un punto nodale: gli editori. Un certo andazzo della critica è anche dovuto alla gestione della comunicazione che, vuoi per carenza di personale, vuoi per carenza di risorse, vuoi per carenza di progettualità, è spesso deficitaria e non centrata rispetto a come potrebbe essere più utile.

  23. Ah, ecco! Avevo giusto scritto di là “E mentre la discussione procede in modo educato e sereno”

  24. michele, ma io son tranquillissimo, la conversazione è ottima e stimolante.

  25. @giovanni: si giovanni, ma io sono d’accordo con te. mi sono solo un po’ sfogato. quello che manca, se si volessero fare le cose in un certo modo, è un portale “definitivo” sul fumetto capace di convogliare in maniera intelligente le varie persone che scrivono in rete.
    qualcosa che porti un grosso giro di visite e anche entrate.
    purtroppo difficile da attuare dato che siam tutti presi a coltivare il nostro orticello senza andare da nessuna parte.

  26. ma certo! solo sai che abbiamo parametri diversi 😉
    cmq, provo un po’ di sintesi:
    – la critica fumettistica c’è, ma è costituita da tante figure diverse per formazione, interessi e appartenenze. Non riesce ad essere un riferimento costante.
    – in generale, gli editori non garantiscono un’informazione completa e professionale sui propri progetti/prodotti
    – sembrerebbe che il mercato italiano non sia di dimensioni tali da garantire tutte quelle professioni di supporto che invece troviamo in altri ambiti come Francia e USA
    – in questo contesto, gli autori hanno imparato a comunicare direttamente con il pubblico, grazie alla rete, e sono in grado di esercitare una discreta influenza sui lettori

  27. Pingback: Grande Rete! Stagnazione…

  28. Premesso che in ogni campo dell’arte e della creatività ho sempre diffidato dei critici. Nonostante questo, quando acquisto un volume e scopro che non c’è nemmeno una riga sugli autori o sulla genesi dell’opera, vengo preso da un tale sconforto che mi sento sempre privato di qualcosa.
    Ricordo la sorpresa che ebbi nel studiare la storia dell’arte sull’Argan, o l’affabulazione magica di un Zeri o di uno Sgarbi quando descrivono un’opera (vogliamo poi parlare di Philippe Daverio?). E mi fa ancora specie nel vedere come gli editori sottovalutino la storicizzazione di un’opera, in particolar modo quando si tratta di una prima edizione, anche fosse il 1454324 albo di Tex.
    Non è che tutti i fumetti siano opere d’arte, ma sono comunque opere d’ingegno e leggere oggi, per esempio, i Watchmen, senza collocarli nell’ambiente e nel contesto storico in cui sono stati concepiti, è come perdere il 50% del loro valore.
    E’ vero che il lettore dovrebbe essere consapevole e attento, ma sopratutto dovrebbe essere l’editore, il venditore, la figura che ha il dovere e onere di valorizzare la propria produzione.
    Poi c’è la critica, che può entrare pure in giudizi di merito, ma viene sempre poi…

  29. Giuseppe Pollicelli

    Volevo solo rimarcare che, se nel 2009 mi hanno chiesto di far parte della giuria lucchese, è perché da anni mi dedico alla critica fumettistica. Cioè, io sono stato chiamato in quanto critico, non in quanto giornalista. Difatti, essendo l’unico critico della giuria, la stesura delle motivazioni dei premi (motivazioni peraltro da qualcuno contestate, secondo me a torto, in quanto “lunghe”) fu affidata a me. Era solo un precisazione, la discussione può senz’altro proseguire nei suoi corretti binari.

  30. Ho apprezzato davvero tanto questo articolo, e per quel che vale, seguo questo sito, è uno dei pochi in lingua italiana che si avvicina molto ai miei pensieri sul fumetto. Ho apprezzato molto anche la scelta delle vignette di J. Hernandez ( e dei suoi testi ) e i tuoi commenti in risposta ai lettori. Bravo.

  31. @RexVonKostia, molto speso la critica non avviene a posteriori, nel mente o molto più semplicemente crea l’orizzonte di ricezione critica di certe opere, le fomenta, le pubblicizza, pone l’attenzione su determinati aspetti. L’idea di uno scontro tra critica e artisti è un po’ un mito che va sfatato. Non esiste la cricca degli artisti e la gilda dei critici che si fronteggiano in virtù di un presenta superiorità dei primi sui secondi o viceversa (gli argomenti sono noti: il primato del fare vs. l’incapacità del critico, artista mancato, o l’inconsapevolezza del fare vs. lo sguardo ermeneutico del critico che illumina determinati aspetti dell’opera – il concetto d’interpretazione che corre da Schleiermache sino a Eco, attraverso l’estetica pareysoniana). L’artista, l’editore e il critico (nonché il curatore e i poli museali) sono un organismo unico: l’unica divisione è quella tra le diverse cricche interne al sistema: alcune hanno più peso, altre meno etc etc. Tutti hanno bisogno di tutti…

  32. Avete mai pensato che l’approccio sincero e ludico sia quello che paghi di più? Parlo in relazione ai lettori di Blog e non in funzione degli artisti. L’approccio sincero (anche screditativo) del fumetto fa pensare a sincerità d’intenti, ha volte leggendo (non qui) si ha l’impressione che la critica ufficiale abbia il solo intento di produrre marchette in funzione degli autori. Non si può scrivere che un fumetto è merda (argomentando ovvio) in maniera diretta? Si può tentare un approccio diverso al fumetto italiano senza parlare per l’ennesima volta di Crepax, Pratt, Pazienza, Magnus e tutta la cricca dei soliti noti (che pur apprezzo) ed ampliare gli argomenti trattati senza tentare di affascinare gli “esterni” con il solito Tex e Topolino? Perchè un idea piacevole come Fumettology deve affossarsi su argomenti che ormai tutti conoscono, perchè sempre Dylan Dog e mai un Gordon Link ? Penso che il nostro scrivere debba servire ad ampliare la conoscenza , dobbiamo realmente rivalutare i “minori” per creare curiosità in chi legge, invogliarli nella ricerca, trasmettere passione. Una missione no profit che abbia il gusto delle vecchie fanzines e non algidi resoconti del prodotto nuovo e commerciale. Se tutti i blog parlano delle stesse cose diventano a mio avviso intercambiabili e privi di personalità. Il problema relativo alle giurie delle manifestazioni dedicate al fumetto perchè vi reca “scandalo”, l’italietta ha sempre funzionato così , si chiamano gli amici che hanno una minima infarinatura, ricordo che da ragazzino avevo visto una trasmissione in una tv locale dove un anziano signore trattava Dylan Dog con leggerezza (erano gli anni 80 ed era il mio fumetto preferito) elevando Tex ad opera d’arte. Il curatore della trasmissione era un tronfio professore del mio istituto, ricordo che ad appena 16 anni lo cazziai per l’ignoranza sua e del suo vetusto collaboratore che sapevano soltanto elogiare il vecchio ed il conosciuto. Fui invitato in redazione e come ospite del programma, rifiutai perchè non consideravo le loro discussioni professionali e visto che la trasmissione era il sabato sera preferivo andare a bere birra al pub con gli amici. E’ questa la libertà che devono trasmettere i blogger, quel sano vaffanculo alle X women di Manara che fanno schifo , ammettere che Crepax non ha mai fatto “fumetti” ma splash page illustrate con i baloon messi a cazzo, che Magnus senza Romanini valeva la metà…non puoi fare il giudice ad una manifestazione se sei libero. Scusatemi se sono stato prolisso e confuso ma ho scritto di getto.

  33. Oh! “Non puoi fare il giudice ad una manifestazione se sei libero”. Gran bella provocazione, non sto scherzando. Veramente io ho sempre pensato che la libertà di giudizio o di opinione sia la proverbiale conditio sine qua non del’esercizio della critica. Sta a vedere che ho sempre sbagliato tutto? Se intendi che le giurie sono sempre prigioniere di vincoli e aderenze, di una “sudditanza psicologica”, credo che il dibattito non si fermerà qui. Hai qualche esempio in concreto da additare? Mi interessa saperlo, così la prossima volta farò in modo che i miei libri non possano partecipare e non mi creo aspettative inutili 🙂

  34. Marco Pellitteri

    Guardate, le giurie del fumetto, in linea di principio e ritengo quasi sempre nella pratica, sono del tutto svincolate da qualsiasi sudditanza, interesse particolare ecc. Si votano solo i fumetti e gli autori che sembrano più meritevoli. Se vengono votati fumetti o autori con cui qualcuno (editori, pubblico ecc.) non è d’accordo, non è un problema della giuria: la giuria non è un ente scientifico ma un gruppo di valutazione che cerca di scegliere bene non solo per premiare i più meritevoli a loro giudizio, ma anche per salvaguardare la propria credibilità, dato che i processi di valutazione, per quanto non si possano ritenere una scienza (ovvio), sono basati in genere su criteri che tengono conto di tanti fattori i quali vengono soppesati da ogni singolo giurato e poi in sessioni di valutazione collettiva.
    A naso potrei pensare ad alcuni giurati (nome e cognome) inadeguati al ruolo per carenze culturali o morali. Ma si tratta di rare eccezioni. Benché, ripeto, non si sia fisici nucleari ma si sia dediti a un ambito artistico, il più delle volte c’è molta coscienziosità e la consepavolezza che si fa parte di un sistema delle arti il quale, anche nel settore ancor oggi alquanto snobbato del fumetto, deve seguire e segue una serie di regole.

  35. Salvatore, su Magnus l’hai detta la cazzata…

  36. @Giorgio, quella di Magnus e Romanini funziona sempre anche nei forum. 🙂 E’ comunque un opinione. Per quando riguarda il discorso critico , generalizzando, la mancanza di libertà può nascere anche dalla compresenza degli autori. Chi si sentirebbe mai libero di criticare anche aspramente l’opera di un artista quotato presente? Si tenderebbe a cercare quei pochi pregi di un opera che non piace anche per semplice educazione. Invece nel web, tolta maschera pirandelliana delle convezioni un “critico” potrebbe anche esprimersi con l’anima passionaria e schierarsi. Parlo da semplice lettore appassionato che non è “addetto ai lavori”

  37. Marco Pellitteri

    Caro Salvatore, credo che tu stia intendendo in un senso un po’ fuori dai binari consolidati il senso e il ruolo della critica d’arte. La critica sul fumetto rientra di diritto nella critica d’arte. Esiste certamente una critica d’arte militante e polemica (nel senso filosofico, ma anche linguistico-strategico-dialettico del termine), una critica volutamente salace, ispirata da un’agenda culturale dei suoi estensori che risponde a obiettivi politico-culturali di scardinamento, a un’intenzione strategicamente “di rottura” ecc.
    Tuttavia, la critica più “canonica” (non statica né accomodante, ma basata su metodi e criteri non polemici, ma non per questo meno ficcanti se necessario) non ha come obiettivo la stroncatura dell’opera o dell’autore considerati/valutati di scarso spessore. Nelle giurie dei festival, molto semplicemente, si premiano e si esprimono giudizi (positivi e motivati tecnicamente) sulle opere e gli autori ritenuti migliori; quelli ritenuti di scarso livello molto semplicemente vengono messi da parte e non se ne parla. Probabilmente dovrebbe avvenire la stessa cosa nella carta stampata e sul web: se un’opera non la ritengo soddisfare determinati requisiti minimi di significatività estetica, culturale, narrativa, farei meglio a non parlarne. Casi limite sono quelli in cui un’opera raggiunge una certa visibilità ma io critico X non sono d’accordo, ritenendo che si sia di fronte a un paradosso (un’opera mediocre che viene amata da molti). Per quanto sarebbe lecito che io me ne stessi zitto e stessi a guardare questa dinamica senza intervenire, o magari formulando e pubblicando un’analisi “asettica” in grado di far parlare i fatti senza per questo sminuire né l’opera (che avendo acquisito popolarità, potrebbe avere doti che sono io incapace di rilevare) né il suo autore (che ha svolto il suo lavoro in buona fede, senz rubare a nessuno) né i lettori (che esprimono il loro gradimento liberamente e non vanno criticati per questo, ma al limite si potrebbe loro indicare civilmente dove e perché quella data opera è “difettosa”), dicevo, per quanto sarebbe lecito tutto ciò, ci si potrebbe spingere financo a una critica polemica di ampio raggio: l’ignoranza dei lettori, la scarsezza dell’autore, la protervia dell’editore. Purché tutto venisse motivato e argomentato nei minimi dettagli, altrimenti la polemica diventa solo uno sfogo che di critico poco o nulla ha, intendendo la critica un esame argomentato. Ma la mia domanda finale in questi casi è: cui prodest? È necessario dire che Leo Ortolani magari (esempio paradossale e inventato) non ti fa ridere, se invece fa ridere tutti gli altri? È necessario dire che “Davvero” lascia a desiderare un po’ su tutti i fronti, anche se magari è vero? Nel primo caso (Ortolani), una critica personale si scontra contro la cruda realtà di un successo e di un consenso universali, su una forza comica incontovertibile; nel secondo caso, fosse anche vero che “Davvero” è brutto e fatto male (e non sto dicendo questo), se veramente fa così schifo, che bisogno c’è di parlarne male ribadendo una verità che appare al critico in questione già chiara? Credo che nel mondo ci siano così tante opere belle e poco apprezzate, che valga la pena parlare di queste, invece che perdere tempo a parlar male di cose che non ci piacciono. Lo dico dopo aver sporadicamente stroncato, una decina d’anni fa, un paio di fumetti su “Fumo di China”. Rileggendo in seguito quelle recensioni, il mio parere su me stesso come critico era stato: “ma guarda quanto sono stronzo. Ho perso tempo a parlar male di questi fumetti. Meglio dedicare energie a fumetti che ritengo belli, per divulgare le ragioni per le quali varrebbe la pena leggere questi, invece che le ragioni per cui non val la pena leggere quelli”.
    Saluti.

  38. Mille grazie Marco per l’esaustiva risposta e per il tempo che mi hai dedicato. Ho letto tutto con attenzione e sono di fondo d’accordo nell’ignorare quel che non piace piuttosto che parlarne male, ma a volte parlar male di qualcosa aiuta, non per puro spirito di polemica ma proprio per creare curiosità su autori che si perderebbero nel nulla e che in fin dei conti hanno sudato per creare anche tavole oscene e sceneggiature orrende. Io ho dato spazio, ad esempio a cose come i fumetti dei tre fantastici supermen o sfortunello dell’edizioni selemark pur non parlandone bene…ma la curiosità è nata e sono stati tra i post più visti. Quanti cult cinematografici conosciamo che sono talmente brutti da risultare affascinanti? Esiste una “Troma” del fumetto italiano di cui bisogna parlare, ignorare a volte è anche peggio.

  39. Marco Pellitteri

    Ah ah, gli esempi che fai sono calzanti… 🙂 Ma allora in questi casi l’importante è parlarne con un po’ di buonumore, di ironia. Ricordiamoci il mitico Kill Killer…

  40. chapeau! Kill Killer è ufficialmente riconosciuto come il peggior fumetto italiano…

  41. Non sono d’accordo. L’attività critica è di tipo interpretativo e quindi “parlare bene” o “parlare male” sono espressioni improprie, che stanno dalla parte di chi i fumetti li vuole (comprensibilmente) vendere e ha bisogno di recensioni positive per avere visibilità e diffusione. In un mercato così piccolo, poi, la rece negativa può anche essere effettivamente un danno per editore e autore.
    Invece criticare dovrebbe voler dire argomentare, spiegare, interpretare e dire quello che va detto. Ha ragione Marco a fissare alcuni paletti (Rat-Man fa ridere, anche se un singolo può pensare diversamente). Ma per la serie Davvero, invece, ecco che il discorso è più complesso. Non sarebbero credibili né un’esaltazione né una stroncatura. Personalmente Davvero ha pregi e difetti (che ho riassunto in breve nel mio ultimo post) e vanno raccontati entrambi.
    La critica è percepita più come una sorta di “guida al consumo”.
    E’ un equivoco enorme. Quello sarà compito di un portale che appunto vuole avere quel ruolo (gli annunci, le liste, le anteprime, le rece benevole) ma non di un luogo che vuole fare critica.
    Criticare un’opera mettendone in evidenza i difetti può essere un contributo importante, di cui potrebbero avvalersi pubblico, autori e pure editori.
    Certo occorre fiuto, abilità… Astenersi dal desiderio infantile di stroncare per partito preso un’opera la cui esistenza già si sa lascerà ben poco ai posteri… Piuttosto trovare opere che hanno un loro ruolo e se hanno difetti, raccontarli e spiegarli. Sarebbe nell’interesse di tutti, anche degli autori e degli editori dell’opera che possono anche decidere di cambiare rotta, oppure proseguire se non sono d’accordo con il critico di turno (che non possiede nessuna verità rivelata).

  42. Hai colto alcuni aspetti ben evidenti nel mercato del fumetto italiano: Tanta carne al fuoco ma poco sapore, piatti misconosciuti e poco o male pubblicizzati

  43. Uhmm, la critica è una forma d’arte? E’ una forma d’arte che veicola l’arte?Un ragionare sull’arte, sull’opera, sull’artista e sul tempo? Oppure tutte queste cose insieme? Credo che queste domande riescano al tempo stesso ad essere sia utili che oziose. Se è arte (o perlomeno una sua derivazione) ha il sacrosanto diritto e anche dovere di essere inattuale, anacronistica e fuori tempo massimo. Stare sul pezzo è giornalismo, scandire il ragionamento nel tempo è critica. Anche perché non si può pretendere che l’analisi di un’opera per la cui creazione sono serviti mesi ed anni vada a risolversi in un frettoloso ragionamento logorato dalla fretta di non sforare la reperibilità del dato volume in edicola. Come forma di scrittura è, naturalmente, subordinata all’opera analizzata, ma come l’opera può trasmettere, semplificando, piacere, così può e deve fare anche la critica. Non è la scappatoia di chi non può creare, come spesso si dice (e come spesso dicono artisti feriti) ma è la forma di ragionamento di chi ricrea, di chi rimodella, di chi riveste. Nella sua forma più estrema, quella più arrogante, diventa altro dall’opera criticata, se ne distacca, vola con le proprie ali prendendo solo a spunto e a pretesto ciò che dovrebbe “spiegare” o, per lo meno, rivestire di nuove suggestioni. Questo è uno degli esempi peggiori di critica, perché l’opera diventa indifferente, un mero spunto per dare il LA all’ego del critico/recensore. All’altro estremo la critica è pedissequo rimodellamento, in forma snaturata, dell’opera, una sua descrizione sterile, minuziosa e un tantino ruffiana. Personalmente amo recensire due tipi di opere: quelle che non ho capito e per questo mi stimolano al ragionamento, quelle per cui l’atto del criticare diventa uno scrivere con l’autore, scrivere accanto all’autore; quelle in cui il proprio valore viene continuamente sottolineato dall’autore, quelle presuntuose, cavillose, arty, in cui il divertimento del dissezionatore è rimuovere, strato dopo strato la spocchia e l’artefazione per esporne il cuore cavo e vacuo. Per fare questo bisogna, però, dare tempo al tempo.
    Sui premi. Servono i premi? Me lo sono sempre chiesto. Guardiamo l’ambito letterario: in Italia ci sono centinaia, se non migliaia, premi letterari. Scremiamo, togliamo tutti quelli pretestuosi, circoscrizionali, quelli messi in piedi solo per far soldi. L’elenco resterebbe comunque copioso. Quanti di questi servono realmente ad aumentare le vendite di un libro? Pochissimi e fra questi pochissimi (che diventano sempre meno, a mio avviso) solo quelli più blasonati hanno una minima incidenza sul successo commerciale di una data opera. Penso allo Strega, al Campiello, forse. E di sicuro raramente servono per lanciare esordienti (a meno che non abbiamo case editrici importanti alle spalle come nel caso di Giordano, che comunque è un autore modesto e “rassicurante”), autori di rottura, sperimentatori o piccole case editrici coraggiose. Quindi a cosa servono premi e giurie se non, da un lato, nel caso dei premi più prestigiosi, a confermare lo status quo e, dall’altro, nel caso dei premi più coraggiosi e indipendenti, a non aiutare la promozione commerciale di una novità? Il discorso che fa Andrea sulle giurie, poi è giusto ma limitato. Anzi, nel mondo del fumetto va anche abbastanza bene. Le giurie dei festival cinematografici sono, di solito, costituite SOLO da professionisti del settore (attori e registi, nella quasi totalità dei casi, come se un direttore della fotografia non fosse capace di giudicare la qualità di un film, che so, di Laetitia Casta). L’Oscar è, appunto, un premio professionale per categorie: i direttori della fotografia votano l’oscar alla fotografia, i registi quello alla regia etc. etc. Non ci vedo nulla di male, a dire il vero. La critica che apprezzo è quella che arriva dopo. La promozione, purtroppo, è e deve essere nelle mani degli editori. Non ignoro, per carità, le difficoltà della distribuzione, ma una volta, nel mercato editoriale italiano (naturalmente non solo in quello) un libro restava sugli scaffali delle librerie per degli anni, ora se la tua opera, che magari ti è costata anni di fatica e sudore resta in libreria tre settimane prima di andare al macero puoi considerarti fortunato. Tutto è nelle mani degli editori (e dei distributori). Ci vogliono delle teste pensanti in cima, la critica arriva solo poi

  44. Un’ultima cosa. La critica è un discorso aperto e ininterrotto. La stroncatura è un punto. A volte anche dei punti c’è bisogno.

  45. Ah, voglio Kill Killer. Qualcuno mi aiuti! 🙂 Ho letto la delirante intervista sul blogi di Michele Ginevra e ora non potrei più vivere senza leggerlo. Prometto una pacata e attenta critica all’opera completa, nel caso riuscissi a venirne in possesso

  46. Ah, Manara non ha fatto solo splash page, Manara FA solo splash page (e brutte illustrazioni, e i fumetti su valentino rossi). Le avventure di Giuseppe Bergman erano molto interessanti, anche se oggi forse possono risultare un po’ datate

  47. Marco Pellitteri

    No, Andrea, giusto su Manara dissento… ha fatto molto altro, specialmente (ma non solo) su testi non suoi.

  48. Sì sì, era solo un esempio. Però era ancora molto personale all’epoca di Bergman (anche se tipicamente anni Settanta), poi si è appiattito sui propri clichè

  49. di Manara salvo il montatore e genius

  50. massimo galletti

    l’unico premio che ha avuto senso ai festival negli ultimi vent’anni è stato il Nuove Strade a napoli prima che lo cambiassero. prima solo i premi delle prime Lucca fino a che Traini non ha fondato Comic Art in edicola.

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