J.H. Williams III e Batwoman

di Andrea Queirolo

In questo post esaminerò alcune vignette di J.H. Williams III e il suo modo di lavorare sulla serie di Batwoman, più in particolare sulla run Elegy scritta da Greg Rucka.
Non farò paragoni con altri lavori dell’autore e mi limiterò, in maniera non del tutto esplicativa, a commentare alcune particolarità.

Alla base del disegno di Williams la spettacolarità è un derivato. Come si può constatare nella doppia pagina qua sopra, l’equilibrio visivo del colpo d’occhio è un aspetto importante e fondamentale. Per Williams il design della pagina assume prima di tutto valore narrativo e, sebbene sia ricercato, la lettura delle vignette risulta sempre chiara e semplice. Inoltre nella tavola sopra possiamo notare la specularità delle due pagine: come ho evidenziato con le lettere (A, B, C, D) le vignette a sinistra si specchiano con quelle a destra. Il risultato porta lo svolgimento dell’azione sullo stesso piano temporale.

Da notare anche il gioco dei colori, più cupi a sinistra e più chiari a destra, che distinguono la vita reale di Kate (chiari) da quella del suo alter-ego Batwoman (scuri).

Da come si può evincere qua sopra, anche lo stile di disegno cambia: neri più pieni e tratto marcato per le parti di Batwoman e una linea pulita, con la totale assenza di ombre per le parti di Kate.
Queste due tecniche non solo differenziano e contestualizzano la storia ma allo stesso tempo ne dettano anche il ritmo.

Williams, inoltre, utilizza anche un altro tipo di disegno per raccontare il passato del personaggio, uno stile che si rifà a quello di Mazzucchelli in Batman: Year One.  Qua sopra si può notare l’intento grafico/narrativo dell’autore che con questo tratto intende staccare il lettore da una storia supereroistica per immergerlo in una sequenza più rilassata di vita quotidiana.

Questo stesso stile si presta ad un maggior gioco narrativo nella costruzione di una pagina classica. Qua sopra Williams usa le vignette in un formato wide-screen, dove i bordi sono spessi quando compare Batman e sottili quando è presente solo Kate. Il particolare principale della sequenza (la stretta di mano) è messo ancor più in rilievo da una vignetta che non si chiude e che occupa tutta la pagina per il largo.
In più questo tratto permette a Williams di infondere una carica iconica al personaggio di Batman che si contrappone a quello esile di Kate.

Williams fa spesso uso delle doppie pagine per inserire quanti più particolari nello stesso arco spazio-temporale. E’ evidente come la sequenza qua sopra poteva essere sviluppata anche in tre o quattro pagine. Invece, nella sua ricerca stilistica, l’autore riesce a comprimere una sola scena discorsiva in maniera dinamica. Grazie agli ornamenti (in questo caso le note musicali) riesce a creare un gioco di rimandi fra i personaggi e i loro discorsi.

Williams tende a disseminare le tavole di particolari che ad una prima lettura non si riescono a cogliere. Come la pagina qua sopra, che capirete solamente una volta finito il libro. Williams tende a stimolare il lettore, vuole che il suo fumetto sia complesso ed allo stesso tempo semplice senza mai essere banale.
Come lui stesso dice: “I fumetti migliori sono quelli concepiti in modo tale da premiare le letture aggiuntive”

6 risposte a “J.H. Williams III e Batwoman

  1. Leggere e guardare Williams non è affatto semplice. Questo lavoro la dice lunga su quanto ci sia davvero di suo e quanti stimoli in più offra lui rispetto a suoi colleghi magari anche più blasonati. E pensare che qualcuno credeva che il lavoro visuale svolto su Promethea fosse tutta farina del sacco di Moore.

    Ho visto proprio l’altro giorno il volume di Batwoman edito dalla Planeta. Deve finirci per forza, nella libreria di un appassionato di fumetti. Non c’è scampo.

    Bella disamina, Andrea.

  2. più guardavo queste tavole e più pensavo a quanto deve la grafica fumettistica a Gianni De Luca.
    Un altro aspetto che credo sia interessante analizzare è come queste tavole “sincretiche” mettano in discussione la presunta “naturalità” dell’atto di lettura.
    Autori come Williams dimostrano che il percorso del lettore può essere instradato secondo traiettorie ogni volta diverse. C’è poco di naturale e molto di culturale, nel senso di costruito concettualmente.

  3. vero marco: il fumetto è un linguaggio molto culturale, e persino “innaturale” (il suo pregio, e il suo limite): Williams lo ha capito. Tardi ma lo ha capito (mica era De Luca) ^_-

  4. L’articolo mi ha fatto capire come, gia’ successo a Luigi Sicco, che le sue tavole di Promethea, nascono da una sua concezione del pagina e non solo dalla narrazione di Alan Moore. Vedro’ di rintracciare queste storie di Batwoman- Grazie per l’opportunità di migliorare la mia passione e la mia conoscenza del bel fumetto.

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