Watterson e il perché di Krazy Kat

Grazie all’importante apporto del nostro nuovo collaboratore Andrea Pachetti oggi presentiamo uno scritto di Bill Watterson risalente al 1990 e pubblicato originariamente come prefazione al volume “The Komplete Kolor Krazy Kat Vol 1 : 1935 – 1936“, primo di una serie (mai completata) incentrata sulle ristampe delle tavole domenicali di Krazy Kat a partire dall’anno in cui Herriman incominciò a colorarle.
Articolo interessante quello di Watterson che, oltre ad essere un rinomato fumettista, si riconferma attento esaminatore ed esperto conoscitore del linguaggio delle strisce.

Pagina domenicale di “Krazy Kat”

Qualche considerazione su Krazy Kat
di Bill Watterson

traduzione di Andrea Pachetti

Come autore di fumetti, ho letto Krazy Kat con meraviglia e soggezione. Krazy Kat è una visione personale così pura e compiuta che il meccanismo interno della striscia è in definitiva tanto impossibile da comprendere quanto George Herriman stesso. Tuttavia, mi meraviglio della forza con cui questo mondo è stato immaginato e dell’immediatezza con la quale è stato trasferito su carta. QUESTO è quanto di meglio un fumetto possa sperare d’essere.
E’ interessante che Krazy Kat abbia il suo punto di forza non tanto nelle personalità dei suoi protagonisti, quanto nelle loro ossessioni. Ignatz Mouse dimostra il suo disprezzo per Krazy lanciandole dei mattoni, Krazy interpreta i mattoni come segni d’amore, e Offissa Pupp è obbligato dal senso del dovere (e dall’affetto verso Krazy) a contrastare e punire Ignatz per la sua “colpa”, inserendosi così in un processo che soddisfa tutti per le ragioni sbagliate. Da quest’amalgama di fini contrastanti sono venute fuori circa 30 anni di strisce. L’azione può essere letta come metafora d’amore oppure politica, o semplicemente apprezzata per la folle logica interna e la sua comicità fisica.
Sebbene le inclinazioni dei personaggi siano dunque prevedibili, la striscia non si abbandona mai agli schematismi o alla routine. Spesso il lancio effettivo del mattone è solo suggerito. La semplice trama viene continuamente rinnovata attraverso il cambiamento costante, le modifiche del ritmo, i risultati imprevisti e, soprattutto, il fascino silenzioso nella presentazione di ogni singola storia. La magia della striscia non è tanto in ciò che dice, ma in come lo dice. Si tratta di un modo di fare fumetti molto più sottile e sofisticato di quello che abbiamo oggi.
Per lo smarrimento di numerosi lettori, ci sono poche conclusioni in Krazy Kat che presentano la classica battuta finale (“punchline”). Al contrario, è proprio il temperamento della scrittura e del disegno presente nell’intera striscia a rappresentare la battuta. Se non ritenete divertente che una striscia debba avere una vignetta d’intervallo, o che un personaggio si riferisca alla sua coda come a un'”appendice caudale” state leggendo la striscia sbagliata, ed è un vostro problema.

Particolare da una pagina domenicale di “Krazy Kat”

Eccentrico, speciale e senza compromessi, Krazy Kat è uno dei pochissimi fumetti che trae pieno vantaggio del suo medium. Ci sono alcune cose che un fumetto riesce a fare e che gli altri media, persino l’animazione, non possono sperare di raggiungere: Krazy Kat è un saggio virtuale sull’essenza del fumetto.
Nella frenetica ricerca della “gag”, la maggior parte degli autori non si è accorta degli innumerevoli tesori che Herriman ha scoperto, semplicemente prendendosi il tempo necessario per esplorare la libertà del suo medium. Le narrazioni volutamente barocche e i monologhi (“Dai kuriosi konfini del karcere della kontea di Kokonino — risponde lo Sceriffo ‘Pup'”) mostrano che le parole possono essere divertenti in sé, nello stesso modo in cui lo sono i disegni. Il cielo si trasforma da nero a bianco a zig-zag e a quadrettoni semplicemente perché, in un fumetto, questo è POSSIBILE. Nessun altro fumettista si era mai avvicinato al suo foglio di carta bianco con una propensione così grande verso lo studio di tutte le sue possibilità.
I disegni graffianti mi donano una gioia infinita. Possiedono l’onestà e la schiettezza degli schizzi. Gran parte delle strisce attuali sono così patinate e raffinate, il risultato inevitabile di assistenti atti a sviluppare uno stile meccanico, che può essere ripetuto all’infinito. I disegni di Krazy Kat sono stravaganti, caratteristici e pieni di personalità. Il design audace delle tavole domenicali risulta un complemento ideale per le distese uniformi di colore o di nero, e il meraviglioso tratteggio va a caratterizzare un approccio che, altrimenti, risulterebbe troppo piatto.
Nulla in Krazy Kat ha avuto un ruolo secondario, meno di tutti l’ambientazione desertica dell’Arizona. Le montagne sono disegnate a strisce. Le mesa a puntini. Gli alberi crescono nei vasi. L’orizzonte è un muro basso che i personaggi possono scavalcare. Le vignette sono incorniciate da sipari e fari teatrali. I monoliti della Monument Valley sono disegnati in modo da ricordare maggiormente il loro nome. La luna è una fetta di melone, sospesa a testa in giù. E praticamente ogni vignetta è dotata di un paesaggio diverso, anche quando i personaggi risultano immobili. La terra è più di un semplice fondale. E’ un personaggio nella storia, e la striscia ha come “tema” quel paesaggio tanto quanto gli animali che lo popolano.
Se i disegni risultano poetici, lo stesso vale per la scrittura. Con la possibile eccezione di Pogo, nessun’altra striscia deve gran parte del suo fascino alla verbosità. L’aspetto unico di Krazy Kat deriva soprattutto dall’insieme di pronunce particolari e segni di interpunzione, dialetti, contaminazioni con la lingua spagnola, interpretazioni fonetiche e allitterazioni. La Contea di Coconino di Krazy Kat non aveva solo un aspetto visivo, ma anche un proprio suono. Leggermente estranea, ma non artificiosa, era un mondo straordinario e compiuto.

Tavola domenicale da “Krazy Kat”

Pochissime strisce ormai sfidano ancora i loro lettori. I fumetti sono diventati un grande affare, che va giocato minimizzando i rischi. Vanno ad assecondare spudoratamente i risultati delle indagini di mercato e sono prodotti da fabbriche virtuali, pronti per le inevitabili magliette, pupazzi, cartoline d’auguri e trasmissioni televisive. Il guadagno lo si ottiene coi prodotti su licenza: ormai sembriamo aver dimenticato che un fumetto può rappresentare qualcosa in più di una semplice piattaforma di lancio per un quantitativo abnorme di prodotti derivati. Quando il fumetto non viene sfruttato all’eccesso, questo medium può ancora veicolare disegni meravigliosi e concetti seri e intelligenti.
Krazy Kat è stato creato ormai più di mezzo secolo fa, eppure resta un’applicazione molto più sofisticata del medium fumetto rispetto a ogni cosa che stiamo realizzando oggi. Certo, una tavola domenicale anni ’30 di Krazy riempiva l’intera pagina del quotidiano, mentre attualmente i redattori di solito stipano almeno quattro strisce nella stessa quantità di spazio. Questo rimpicciolimento limita notevolmente ciò che può essere disegnato e scritto pur rimanendo ancora leggibile, e riesce a chiarire perfettamente il processo involutivo a cui fumetti sono sottoposti.
Anche così, il foglio bianco appare ancora un vasto territorio sconosciuto, pronto per essere esplorato. Moltissime terre esotiche potranno ancora essere descritte dai fumettisti, se questi riusciranno ad abbandonare i sentieri ormai troppo battuti e ovvi, per dirigersi vero le terre selvagge della fantasia. Krazy Kat non è simile a nessun altra striscia a fumetti, passata o futura. Risultiamo arricchiti dall’integrità e dalla visione di Herriman.
Krazy Kat non ha avuto un grande successo commerciale, ma era qualcosa di meglio.
Era arte.

Pagina domenicale di “Calvin and Hobbes” di Watterson, chiaramente ispirata dal lavoro di Herriman

3 risposte a “Watterson e il perché di Krazy Kat

  1. Michele Petrucci

    Sempre più interessante… aggiungo tra i blog da seguire…

  2. Pingback: Del saggio Watterson, con Schulz e Herriman « Guardare e leggere

  3. Pingback: weekend review fumettologica -5 « Fumettologicamente