Watterson e il mondo di Schulz

Questo articolo, apparso il 21 dicembre 1999 sulle pagine de L.A. Times, fu scritto da Bill Watterson, il creatore di Calvin and Hobbes in occasione della chiusura della striscia Peanuts, e oltre ad essere un’omaggio a Schulz è anche un interessante saggio critico.

Dipinto in un mondo oscuro ma gentile
di Bill Watterson

traduzione di Andrea Queirolo

Le strisce a fumetti richiedono una così particolare combinazione di talenti che ci sono così poche persone in grado di idearle appieno. Fra queste, Charles Schulz è di un altro livello. Schulz riconfigurò il mondo della striscia e lo dominò per l’ultima metà della sua esistenza(*). Si fa fatica ad ingigantire l’importanza che ha avuto Peanuts per il fumetto, o ad esaltare la sua influenza su tutti noi che siamo seguiti.
Quando i fumetti erano stampati in un formato abbastanza grande da permettere disegni elaborati e dettagliati, Peanuts fu lanciata con un formato piccolo ed ingiurioso, così pensato in modo tale che un editor potesse montare le vignette anche in verticale per farle stare in una singola colonna. Schulz riuscì in qualche modo a trarre vantaggio da questa restrizione di spazio, e sviluppò un brilante segno sintetico e uno stile scarno; innovazioni irriconoscibili ora che tutte le strisce sono piccole e i metodi di Schulz sono stati imitati universalmente.

Graficamente la striscia è statica e povera di dettagli. Schulz lasciò perdere tutti i trucchi “cinematici” che creano un dramma visivo: non ci sono prospettive eleganti, non ci sono tagli particolari, nessun effetto di luci ed ombre, non c’è una modellazione tridimensionale e ci sono pochi sfondi. Schulz distillò l’essenza di tutti i soggetti, disegnandoli frontalmente o di lato, in semplici schizzi. Però sebbene la semplicità dei disegni di Schulz distingueva la striscia dalle altre, era la sua forza espressiva che rendeva il suo lavoro così valido.
Ormai, Peanuts è così fortemente radicata nella cultura popolare che sfugge quanto fosse diversa da qualsiasi altra striscia 40 o 50 anni fa. Possiamo quantificare il suo successo nei vari aspetti commerciali, ma la vera conquista del fumetto sta dentro le piccole vignette fatte di immagini simpatiche che Schulz disegnava ogni giorno.
Lucy strilla colla testa talmente all’indietro che la bocca le copre l’intera faccia; Linus, inorridito coi capelli ritti; Charlie Brown che trasmette assoluta tristezza con la bocca che si agita all’ingiù; la faccia di Snoopy che digrigna i denti quando combatte il Barone Rosso – questi non sono solo disegni semplici, sono disegni divertenti. In più sono bellissimi.
Disegnato con una penna da calamaio, il tratto di Schulz è caratterizzato da un’originale velocità ed insistenza, diversamente dalle linee lisce ed uniformi dei pennarelli e delle penne di oggi. Peanuts non potrebbe mai essere disegnata da un assistente anonimo, così come avviene in molte altre strisce – il suo segno è inimitabile. La striscia sembra semplice, ma le scelte sofisticate di Schulz rivelano una profonda interpretazione dei meccanismi del fumetto. Da bambino studiai questi disegni all’infinito, perché spiegavano perfettamente come funzionavano i fumetti.

Certamente, ogni cosa in una striscia è un riflesso dello spirito dell’artista. Peanuts è una di quelle strisce magiche che creano il loro stesso mondo. Questo è una distorsione del nostro, ma noi ci entriamo dentro e, per questo, il nostro mondo ci appare più chiaro. Può sembrar strano che non ci siano adulti nel mondo di Peanuts, ma nella richiesta di identificarci solo come bambini, Schulz ci ricorda che le nostre paure e le nostre insicurezze non sono molto differenti quando cresciamo. Nei tragici personaggi di Schulz ritroviamo noi stessi: l’accanita determinazione di Charlie Brown nei confronti della costante sconfitta, l’ipocrita irascibilità di Lucy, la coperta di sicurezza di Linus, l’aspetto al naturale e i voti bassi di Piperita Patty, la confusa innocenza di Replica, la patetica alienazione e la solitudine di Spike. Per essere una striscia “indirizzata ai bambini” con un “umorismo delicato”, mostra un mondo piuttosto scuro, e penso che questo sia quello che la rende così differente, e molto più importante, degli altri fumetti. Solamente con l’ispirato surrealismo di Snoopy la striscia entra nella frivolezza e nella fantasia. Però anche in quel momento, il Barone Rosso spara alla cuccia crivellandola di colpi.

Nel corso dell’ultimo secolo, ci sono state solo una manciata di strisce veramente grandi, fumetti che si spingevano al limite del medium e provavano a creare molto più di qualche piccola gag come diversivo alle atrocità descritte nel resto dei quotidiani. Schulz fa tutto questo: disegna una striscia splendida, divertente, attenta e seria. Per questo, Peanuts ha raggiunto un livello di successo commerciale che il fumetto non aveva mai visto prima. Dovremmo capire, come fece Schulz, che l’impero commerciale di Peanuts non avrebbe mai funzionato così bene come la striscia. Non ho idea di come un fumettista mantenga un così alto livello qualitativo decade dopo decade, ma immagino che Shulz sia un perfezionista che veramente ama fare fumetti più che ogni altra cosa.

Non ho mai incontrato Schulz, ma tanto tempo fa il suo lavoro mi fece capire cosa una striscia dovrebbe essere e mi fece desiderare di essere un fumettista. Quando ero bambino fu un eroe, e la sua influenza sul mio lavoro e sulla mia vita è profonda. Sospetto che molti fumettisti vorrebbero dire la stessa cosa. Shulz ha fatto un grande regalo a tutti i suoi lettori e la mia gratitudine per questo attenua il mio disappunto per la fine della striscia. Non ci potrà essere un giorno un scrittore-artista-filosofo-umorista in grado di colmare il vuoto che Peanuts si lascia alle spalle.

(*) lasso temporale riferito alla durata della striscia, che percorse tutta la seconda metà del secolo scorso.

8 risposte a “Watterson e il mondo di Schulz

  1. Pingback: Watterson e il perché di Krazy Kat | Conversazioni sul Fumetto

  2. Pingback: Del saggio Watterson, con Schulz e Herriman « Guardare e leggere

  3. bell’articolo e bel blog, complimenti

  4. Pingback: 200 post | Conversazioni sul Fumetto

  5. Luce su luce…..

  6. Marco Pellitteri

    Caro Andrea, nel titolo originale dell’articolo di Watterson, “Drawn into a Dark but Gentle World”, “Drawn into” va tradotto come “Gettato in”…

  7. Marco Pellitteri

    Probabilmente c’è un gioco di parole con “to draw” in quanto “disegnare”, ma il senso primario è l’altro, data la presenza della preposizione articolata di moto a luogo “into”.

  8. Dato che collaborate allo stesso sito, dovreste gentilmente spiegarmi il senso di un commento del genere, che poteva essere tranquillamente segnalato in privato. E’ vero che l’errore c’è, ma immagino che accorgersene più di tre anni dopo alle 6 di mattina dia anche l’impellente necessità di comunicarlo al mondo, certo. Forse dormire di più farebbe rilassare maggiormente, limitando in qualche caso l’eccesso di protagonismo e le dimensioni del proprio ego.